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Medici ospedalieri, l'indagine post-Covid: 1 su 3 pensa di anticipare la pensione e 1 su 2 di aver messo a rischio la vita dei suoi familiari. Ioppi: ''Serve fronte comune''

L'analisi condotta da Cimo su un totale di 4.258 medici ospedalieri (153 trentini) mostra che dopo questi due anni di pandemia si sentono fortemente sotto pressione e provati. Ma c'è un problema anche di scarsa attrattività della Provincia di Trento per no parlare delle ore lavorate: quasi 1 su 3 afferma di aver superato le 48 ore settimanali, limite oltre il quale per la normativa europea non si può andare

Di L.P. - 16 febbraio 2022 - 18:10

TRENTO. Da un lato la sempre più scarsa attrattività della Provincia di Trento per la professione ospedaliera, dall'altro chi già c'è risulta essere sotto pressione e fortemente provato dalla pandemia e dagli sforzi richiesti al sistema sanitario. Ci sono tante ombre e poche luci nell'indagine condotta dal Cimo, il sindacato dei medici ospedalieri aderente a Confcommercio Trentino, condotta sui propri iscritti per capire quanto questi due anni di pandemia abbiano inciso sulla professione medica. E tra le luci vi è comunque la volontà che emerge di guardare in prospettiva al futuro, chiedendo un impegno comune per rendere sempre più appetibile l'esercizio della professione in Trentino. 

 

Alla conferenza stampa di questa mattina, moderata Gianpiero Orsino, hanno partecipato la rappresentante dei medici ospedalieri di Cimo Trentino - Alto Adige Sonia Brugnara, Giovanni Bort, presidente di Confcommercio Trentino, Mario Oss, presidente dell’Associazione Attività di Servizio, Guido Quici, presidente nazionale Cimo, e Marco Ioppi, presidente dell’Ordine dei Medici del Trentino. Ai saluti dei presidenti Bort e Oss, che hanno colto l’occasione per ringraziare la categoria anche per il prezioso lavoro svolto quotidianamente, è seguita l’illustrazione del sondaggio nazionale da parte del dott. Quici.  

 

Il questionario è stato somministrato nel mese di gennaio a tutti gli iscritti Cimo-Fesmed per un totale di 4.258 medici ospedalieri. In Trentino hanno risposto 153 medici, che corrispondono alla quasi totalità degli iscritti alla sezione provinciale del sindacato. Il 69% degli intervistati vuole proseguire nella sua attività di medico, ma solo il 26,6% rimarrebbe nel settore pubblico. L’8% sceglierebbe la libera professione, il 17,5% il privato, il 18,6% valuterebbe di trasferirsi all’estero mentre il 29,3% medita di anticipare il pensionamento.

 

Ad incidere su questa scelta è senz’altro il periodo della pandemia: per il 59% dei medici trentini lo stress psicofisico è alto, mentre il 55,2% reputa alto il rischio professionale corso negli ultimi due anni. Il 50,7% ritiene di aver messo a repentaglio la sicurezza della propria famiglia. Emblematico anche il dato - in linea con i valori nazionali - delle ore lavorate da ciascun professionista: solo il 9,1% sta lavorando per le 38 ore settimanali, così come previsto da contratto. Il 63% è attivo fino a 48 ore, mentre addirittura il 27,9% supera questo limite, ritenuto illegittimo dalla normativa europea.

 

Un altro aspetto sul quale Cimo propone una riflessione è il tempo dedicato allo svolgimento di atti amministrativi, a scapito del tempo dedicato al paziente ed all’esercizio della professione in senso proprio: in Trentino il 70,8% del lavoro viene impiegato per adempimenti burocratici, 4,5% per la formazione e solo il 35,7% per l’ascolto del paziente e l’atto medico.

 

''Molti colleghi - ha spiegato Brugnara - ci hanno ringraziato per il sondaggio perché così riusciamo a dare voce ad un malessere diffuso tra i reparti. Tant’è che la maggior parte dei soci ha risposto subito, sintomo del bisogno di esprimere una situazione obiettivamente molto pesante. Quello che preoccupa è anche la perdita di attrattività della professione ospedaliera nella nostra provincia: la nostra professione prevede un percorso di qualificazione molto lungo e accurato che si conclude con un concorso pubblico. Mancanza di attrattiva significa depauperare lentamente ma inesorabilmente questo patrimonio di professionalità. Un rischio per tutta la comunità, non soltanto per il personale sanitario. Per questo chiediamo un impegno comune di tutti i soggetti, dagli amministratori agli ordini, dalla politica alla comunità affinché si mettano in campo soluzioni adeguate per far tornare a crescere l’attrattiva della professione ospedaliera. Da questo punto di vista possiamo trovare soluzioni particolari grazie all’autonomia concessaci dallo Statuto provinciale''. 

 

Una preoccupazione raccolta anche dal presidente dell’Ordine dei Medici di Trento, Marco Ioppi: ''Grazie a Cimo per aver messo in luce questo aspetto: ci vuole un fronte comune che aiuti a ritrovare il ruolo del medico nella società''.

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