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“Le ragazze studiano di più e ottengono spesso risultati migliori, ma in media faticano maggiormente a trovare lavoro e hanno stipendi inferiori ai colleghi maschi”

Nel panel organizzato oggi all'interno del festival Educa a Rovereto, la prorettrice alle politiche di equità e diversità di UniTn Barbara Poggio è intervenuta per discutere di quanto il genere influisca nella scelta della scuola e poi della professione

Di F.S. - 08 maggio 2022 - 15:36

ROVERETO. Nella classifica delle pari opportunità, l'Italia si posiziona solo al 63esimo posto in un elenco di 156 Paesi al mondo secondo il World econonomic forum, che monitora annualmente lo stato dell'arte sulla parità di genere. È questo il dato dal quale è partito l'intervento di Barbara Poggio, prorettrice alle politiche di equità e diversità dell'Università di Trento, che ha partecipato oggi al panel dedicato all'impatto del genere sulle scelte rispetto al futuro formativo e professionale degli studenti.

 

L'incontro si è svolto a Rovereto, all'interno del festival Educa: “Le ragazze studiano di più e ottengono spesso risultati migliori negli studi. Ma, in media, dopo un anno dalla laurea faticano maggiormente a trovare lavoro e hanno stipendi più bassi rispetto ai colleghi maschi”. In parte, è stato sottolineato, questo è dovuto alla scelta di percorsi diversi, ad esempio quelli tecnologici preferiti dai ragazzi risultano talvolta più promettenti. Ma non è solo questo: le ragazze vengono meno scelte, hanno maggior tassi di abbandono del lavoro, faticano a raggiungere posizioni apicali.

“Per parlare di sostenibilità e futuro – ha spiegato Serena Fiorletta, antropologa culturale e responsabile della comunicazione di Aidos – non possiamo non parlare di disparità di genere. Il luogo dove viviamo influisce in maniera molto forte sul divario di genere”. Secondo quanto emerso all'interno del panel infatti, fin dall'infanzia vengono, anche inconsapevolmente, assimilati stereotipi di genere che così non fanno altro che perpetuarsi. A confermarlo anche alcune studentesse intervenute, Aurora Tirsina e Sofia Magno.

 

“Solo dopo aver partecipato al progetto Orienta.me – hanno spiegato le due, un laboratorio promosso dalla  cooperativa Kaleidoscopio e con il sostegno della Fondazione Caritro per l'orientamento alla scelta scolastica con finalità legate all’avvicinamento e alla conoscenza di discipline ad alto contenuto tecnologico – ci siamo accorte di come non eravamo consapevoli di alcuni stereotipi che spingono le donne a occupazioni in cui non è richiesta la forza o a mansioni considerate più 'tranquille'”.

 

La domanda, a questo punto, è cosa si può fare allora per accorciare questo divario che, secondo lo studio del World economic forum, avrà bisogno di 135 anni di lavoro per essere colmato? "C’è da fare molto a livello politico e normativo – risponde Poggio – Si può lavorare su comunicazione pubblica e sul linguaggio. Si può lavorare sulle tecnologie (che spesso sono costruite solo da uomini per uomini) e fare educazione nelle scuole fino dall’infanzia, soprattutto tra i ragazzi che spesso sono più ingabbiati negli stereotipi delle loro colleghe”.

“Fin dai primi mesi i genitori – ha aggiunto Valentina Fanelli, responsabile dei progetti di Aidos che ha curato la guida Mind the gap, costruire l'uguaglianza di genere in ambito educativo – anche inconsciamente, cominciano a instradare i bambini aspettandosi magari più interazione verbale dalle femmine e più fisica dai maschi. Se formati i genitori possono fare più attenzione. E nello stesso modo gli insegnanti che possono far in modo di analizzarli e decostruire questi stereotipi fin dall’asilo".

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