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In Puglia il primo spazioporto italiano ma la New Space Economy 'vola' anche in Trentino, Battiston: "A Rovereto in arrivo un laboratorio di qualifica spaziale"

Mentre a Grottaglie, in Puglia, un raggruppamento temporaneo di imprese si è aggiudicato il primo bando per la progettazione delle infrastrutture in quello che diventerà il primo spazioporto italiano, in Trentino, dice a il Dolomiti l'ex presidente dell'Asi Roberto Battiston, sono diverse le iniziative messe in piedi nell'ambito della ricerca e della New Space Economy: ecco un approfondimento

Di Filippo Schwachtje - 19 dicembre 2022 - 05:01

TRENTO. “Nel contesto della New Space Economy sono moltissime le iniziative che in queste fasi stanno sostenendo la forte crescita delle attività spaziali a livello internazionale: tutte, però, hanno comunque bisogno di strutture a terra per potersi concretizzare”. Ed è proprio in questo contesto, dice a il Dolomiti il professore di Fisica sperimentale dell'Università di Trento ed ex presidente dell'Agenzia spaziale italiana Roberto Battiston, che si inseriscono i piani per il primo spazioporto italiano presso lo scalo di Grottaglie, in provincia di Taranto, per il quale proprio negli scorsi giorni un raggruppamento temporaneo di imprese (formato da Adr Ingegneria Spa, Proger Spa, Rina Consulting Spa e Architetto Camerana) si è aggiudicato un primo bando per la progettazione delle infrastrutture che potranno essere realizzate nei prossimi anni in Puglia. Questo tipo di interventi di carattere infrastrutturale però, sottolinea Battiston, sono il riflesso dell'intensa attività di ricerca e sviluppo che vede anche nel Trentino uno dei territori protagonisti a livello nazionale. L'Università di Trento, per esempio, è diventata coordinatrice con il Dipartimento di Fisica del primo corso di dottorato di ricerca nazionale nel settore spaziale, mentre è in fase avanzata di valutazione un progetto di partenariato esteso nel settore delle attività spaziali, finanziata dall'Asi nel contesto del Pnrr, che vede l'ateneo trentino coordinatore di un raggruppamento tra il Dipartimento di Fisica e tre Dipartimenti di Ingegneria (Disi, Dicame Dii). Un progetto che prevede, tra l'altro la realizzazione di un laboratorio avanzato per la qualifica spaziale di nanosatelliti negli spazi del Polo di Meccatronica di Rovereto attraverso una collaborazione tra l'Università, Fbk e Thales Alenia Space Italia. Ma procediamo con ordine.

 

“Per certi versi – precisa Battiston – la New Space Economy ricorda la 'new economy' che negli anni 2000 diede il via alla rivoluzione del 'www' e alla diffusione di internet, con i risultati che oggi tutti possiamo vedere a livello mondiale. Una dinamica analoga si sta verificando oggi nel contesto dello spazio grazie per esempio al lancio di nanosatelliti sempre meno costosi o all'utilizzo di razzi recuperabili. Si tratta di servizi che ci permettono di 'guardare' alla Terra con sempre più occhi e avere quindi informazioni sempre più dettagliate, in aggiunta alla capacità di navigare guidati da Gps o da Galileo, ma che riguardano altri settori, come ad esempio quello del turismo spaziale”. Settore che a sua volta, grazie a realtà come Virgin Galactic, fondata dal patron del Virgin Group Richard Branson proprio per offrire ai propri clienti un'esperienza spaziale, ha attratto un grande interesse a livello internazionale.

 

Come detto però, tutte queste iniziative necessitano, in ogni caso, di infrastrutture a terra per poter essere realizzate: “Per esempio, oltre a Virgin Galactic – continua Battiston – che offre voli turistici suborbitali tramite particolari aereo-razzi in grado di spingersi fino a circa 85 chilometri d'altezza, il gruppo inglese ha fondato anche Virgin Orbit, in grado di lanciare tramite un Boeing 747 modificato un razzo in grado di mettere in orbita piccoli satelliti che pesano fino a 500 chilogrammi. Il razzo si attiva in quota dopo essersi 'sganciato' dall'aeroplano, raggiungendo velocità di circa 8 chilometri al secondo (approssimativamente 27mila chilometri all'ora) entrando quindi in orbita. Si tratta di un servizio che presenta vari vantaggi (tra i quali un basso preavviso per il lancio e la possibilità di organizzare la partenza da un aeroporto e non da una base di lancio) e per la quale l'infrastruttura ideale è proprio uno spazioporto. Virgin ha oggi accordi con tre spazioporti in Inghilterra, Brasile ed Australia oltre, naturalmente, agli Stati Uniti”. Proprio per cogliere questa opportunità, nel 2017 lo stesso Battiston, allora presidente dell'Asi, aveva fatto partire un'analisi a livello nazionale per capire quali fossero gli aeroporti potenzialmente disponibili per questo tipo di servizi innovativi: “L'indagine mostrò che, tra circa 40 aeroporti presi in considerazione, quello di Taranto-Grottaglie aveva le caratteristiche più adeguate”.

 

Il piano è dunque quello di rendere nei prossimi anni lo scalo pugliese adatto per ospitare tutta una serie di voli 'non standard', dice l'ex presidente Asi: “Dal lancio di satelliti dai velivoli in quota, ai voli suborbitali dedicati ai turisti fino allo studio delle operazioni di droni di vari dimensioni in un contesto aereo, con caratteristiche di interesse commerciale e/o di difesa. In questo senso il sito di Grottaglie si candida a diventare un vero e proprio punto di riferimento nazionale per questo tipo di attività”. Come detto, la New Space Economy comprende però, oltre agli interventi di carattere infrastrutturale, molti altri ambiti che coinvolgono la ricerca e lo sviluppo di componentistica e servizi innovativi: per questo l'Università di Trento sta lavorando per rendere il Trentino in grado di cogliere queste opportunità e diventare un punto di riferimento a livello nazionale.

 

“Al di là dell'orgoglio per i grandi risultati ottenuti da Samantha Cristoforetti – spiega infatti Battiston – il settore dell'economia dello spazio in Trentino è caratterizzato da alcune iniziative legate allo sfruttamento delle competenze esistenti nel contesto dell'Università e di Fbk, in sinergia con le capacità del mondo industriale ed economico. Una di queste è il Dottorato di interesse Nazionale in Space Science and Technology (Dn-Sst), approvato nello scorso mese di luglio dal Ministero della Ricerca e che vede proprio l'Università di Trento, ed in particolare il Dipartimento di Fisica, a coordinare le attività in collaborazione con altri 20 Atenei e 7 centri di ricerca. Con una prima dotazione di 38 borse di studio triennali, i corsi sono iniziati il primo novembre: sono svolti per lo più in remoto, tranne i laboratori che sono in presenza nelle varie sedi, e sono previste anche una serie di giornate nazionali, con visite guidate e attività presso centri di ricerca o industrie del settore”. I dottorati di ricerca di interesse nazionale, ricorda Battiston, sono uno strumento formativo innovativo in cui il Ministero ha investito molte risorse del Pnrr, attivando ad oggi circa 1000 borse di studio, sia dedicate alla ricerca sia cofinanziate dall'industria, con l'obiettivo di formare le nuove generazioni di competenze nei settori della ricerca e dell'industria: un contesto nel quale Trento, come detto, coordina la parte riguardante il settore dello spazio.

 

L'altra iniziativa menzionata da Battiston fa invece riferimento agli investimenti legati ai partenariati estesi contenuti nel Pnrr, che mirano a finanziare un massimo di 15 programmi di ricerca realizzati da reti allargate di soggetti pubblici e privati. Uno di questi, SpaceUp, è finanziato dall'Asi e coordinato dal Politecnico di Torino ed avrà proprio a Trento uno dei suoi nove 'Spoke', guidato ancora una volta dal Dipartimento di Fisica di UniTn: “E' una parte molto importante dell'intero progetto SpaceUp, che si trova ora nelle fasi finali di valutazione. Il contributo di Trento riguarda la protezione del pianeta dalle catastrofi naturali attraverso il monitoraggio dallo spazio. Lo Spoke trentino prevede di attivare una serie di iniziative sul territorio in collaborazione con l'industria nazionale del settore spaziale: la più grande realtà italiana in questo campo, Thales Alenia Space Italia, partecipa alla realizzazione di un laboratorio avanzato di qualifica spaziale, in collaborazione sia con l'Università di Trento che con la Fondazione Bruno Kessler, previsto negli spazi del Polo di Meccatronica a Rovereto”.

 

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