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Ecco il segreto dei vini da 50mila euro: lo studio sul 'Mixed layer clays', il minerale dei vini di pregio

Cosa garantisce a alcuni dei vini più pregiati al mondo caratteristiche sempre uguali e intramontabile eccellenza? Uno studio del geologo Ferretti spiega che questi sono vini, ma prima ancora vigneti, accomunati da un particolare minerale, contenuto nei terreni in cui questi ultimi affondano le proprie radici

Di Sara De Pascale - 15 agosto 2022 - 17:00

BOLZANO. Cosa unisce alcuni dei maggiori vini di pregio nel mondo? A chiederselo sono stati il geologo e ricercatore scientifico Carlo Ferretti e il suo staff, che per lungo tempo hanno indagato i segreti di terreni come Borgogna, Bolgheri (Toscana), Napa Valley e Bordeaux, in cui affondano le proprie radici vigne che permettono la produzione di vini (anche da 50mila euro a bottiglia) che nel tempo non hanno mai perso il proprio pregio.

 

Il geologo, nonché fondatore (nel 2018) della Geo Identity Research (Gir) di Bolzano, si occupa per l'appunto, attraverso l'indagine scientifica, di aiutare le imprese del settore vitivinicolo a conoscere a fondo i propri territori e vigneti, offrendo soluzioni mirate alla produzione e valorizzazione di prodotti di qualità.

 

Con un quesito ben in mente e sempre nell'ambito della sua attività, Ferretti iniziava qualche anno fa a viaggiare in lungo e in largo con lo scopo di raccogliere dati e campioni (utilizzando sempre lo stesso metodo) e analizzando le fattezze dei terroir delle zone coltivate a vite in Francia, Italia e California per poi, infine, compararli: "Un lungo lavoro - racconta il geologo a Il Dolomiti - ci sono voluti soldi e tempo ma oggi possiamo dichiarare che a accomunare alcuni vini di prestigio è un minerale chiamato mixed layer clays", un mix di argille che rende il suolo particolarmente ferace e adatto alla coltivazione di vitigni riconosciuti a livello mondiale.

 

Fra i vari fattori che possono influire sulla qualità del vino vi è per l'appunto anche il terreno: "Esso costituisce uno degli aspetti che può causare stress abiotico nella pianta, la quale di conseguenza non soltanto si comporta in maniera differente ma avrà anche caratteristiche e sapore diverso a livello di prodotto finito", spiega Ferretti. Da questa premessa, l'idea di studiare un elemento fondamentale come il suolo, "nelle sue componenti minerali, confrontando vigneti di tutto il mondo - commenta il ricercatore - e arrivando alla conclusione che a accomunarli è il mixed layer clays ", aggiunge, spiegando che attraverso i propri studi è stato in grado di individuare tale minerale anche in alcuni terreni dell'Alto Adige (e non si esclude possa essere presente anche in alcune zone del Trentino).

 

Uno studio, questo, che si è avvalso anche del contributo della Fondazione Mach e del Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra dell'Università di Ferrara e che oggi racconta una scoperta dalla quale "in futuro i viticoltori potranno prendere spunto per migliorare le colture valorizzando ambienti ideali", cosa che si sta già ampiamente facendo: "Mi è capitato di trovare in alcuni terreni minerali che là non ci sarebbero dovuti essere - confessa Ferretti - questo per dire che dalla conoscenza si può trarre vantaggio".

 

"La ricerca scientifica parte sempre dall'esigenza di capire come funzionano le cose in assoluto - chiarisce - quando poi siamo finalmente in grado di dare una lettura ai fenomeni possiamo infine trarne spunto per migliorare", aggiunge.

 

Ricerche scientifiche dalle quali certamente molti agricoltori nel mondo potranno prendere esempio: in questo caso, dalla scoperta di un minerale del quale in Alto Adige e Trentino (nei punti in cui non è presente) non si sente la mancanza: “Qui ci sono terroir talmente vari e originali (e con identità talmente spiccate) che l'unica cosa che dovremmo fare sarebbe semmai imparare a valorizzarli ulteriormente - conclude Ferretti – nel mondo potranno copiare il metodo d’altri ma l'identità, quella vera, non è replicabile e questa ai vigneti del nostro territorio non manca di certo".

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