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Covid, lockdown e depressione, il confronto Iss (DATI) tra il 2020 ed il biennio precedente: “Per la prima volta aumentato il rischio tra i giovani”

Quello condotto dall'Istituto superiore della sanità è il primo studio in Italia sulla prevalenza di sintomi depressivi nella popolazione generale nel corso del 2020, confrontata con il biennio precedente. I risultati? La prevalenza dei sintomi segue in sostanza le fasi di lockdown e per la prima volta “i dati hanno evidenziato un rischio aumentato di sintomatologia depressiva nei giovani”

Di Filippo Schwachtje - 27 aprile 2022 - 15:22

ROMA. Dall'arrivo del Covid-19 sono state molte le voci di esperti che hanno sottolineato come la pandemia, e le relative misure di contenimento messe in atto nel nostro Paese, abbiano avuto un impatto importante sulla salute mentale dei cittadini, contribuendo ad un aumento degli stati ansiosi e depressivi: a confermarlo oggi, grazie ad un imponente studio, è l'Istituto superiore della sanità che ribadisce come durante i periodi di lockdown si sia verificato “un incremento dei sintomi” legati alla depressione nella popolazione italiana. Per la prima volta poi, dicono gli esperti Iss, ad essere colpiti sono stati anche i giovani nella fascia 18-34 anni che in passato “risultavano essere tipicamente un gruppo protetto a minor rischio”.

 

La problematica insomma è trasversale e, come detto, legata in particolare ai periodi di chiusura imposti dall'altissima circolazione virale. Nel report (il primo del suo genere in Italia e pubblicato anche sulla rivista Journal of Affective Disorders) è stato esaminato l'andamento temporale dei sintomi depressivi durante la pandemia in campioni rappresentativi della popolazione generale adulta e si tratta di “uno dei pochi studi al mondo che abbia esaminato un arco temporale lungo”.

 

Sono stati analizzati infatti, dicono gli esperti dell'Iss, i dati derivati da oltre 55mila interviste effettuate dal 2018 al 2020: “I risultati mostrano un incremento dei sintomi depressivi nel bimestre marzo-aprile 2020 con una prevalenza del 7,1% rispetto al 6,1% del 2018-19, seguito da un decremento (4,4%) nel bimestre maggio-giugno, dopo la revoca del lockdown, e poi da un nuovo e più cospicuo incremento in luglio-agosto (8,2%). infine è stato rilevato un ritorno graduale, entro la fine del 2020, ai livelli registrati nel biennio prima della pandemia: 7,5% nei mesi di settembre-ottobre e 5,9% a novembre-dicembre”.

 

I risultati confermano dunque come a livello nazionale al periodo di lockdown sia coinciso un aumento generale della sintomatologia depressiva ed i dati, scrive l'Iss: “Sono in linea con quelli dei più rigorosi studi longitudinali condotti sulla popolazione generale in altre nazioni e molto simili a quelli dello studio 'Household Pulse Survey' statunitense, che ha evidenziato una fluttuazione dei sintomi depressivi tra aprile e dicembre 2020, con due picchi in luglio e in novembre”.

 

In media comunque, si legge nel report, “la risposta della popolazione italiana depone per una buona resilienza di fronte allo stress generato dalla pandemia”. Un più severo peggioramento rispetto agli anni precedenti è stato però osservato “in alcune categorie demografiche” ed in particolare nei giovani tra i 18 e i 34 anni. “Per la prima volta – scrivono infatti i ricercatori – nella storia del sistema di sorveglianza Passi (Progressi delle aziende sanitarie per la salute in Italia, che dal 2008 raccoglie anche informazioni sulla presenza di sintomi depressivi in campioni di adulti rappresentativi della popolazione) i dati hanno evidenziato un rischio aumentato di sintomatologia depressiva nei giovani, che in passato risultavano essere tipicamente un gruppo protetto a minor rischio. Inoltre, rispetto a prima della pandemia, è aumentato il rischio legato all'essere donne o all'avere difficoltà economiche”.

 

“La pandemia ha comportato dunque molte sfide – ha commentato Antonella Gigantesco, del reparto di Ricerca clinica-epidemiologica in salute mentale e comportamentale dell'Iss – in particolare per i giovani preoccupati per il loro futuro, le donne e i lavoratori i cui mezzi di sussistenza sono stati minacciati. Sarà importante, nel breve e nel lungo periodo, promuovere azioni e interventi specifici e innovativi rispetto a nuovi bisogni di salute mentale emergenti, come il potenziamento dei servizi per la salute mentale e politiche che coinvolgono anche i luoghi di lavoro e le scuole”.

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