Quanto è sostenibile l'agricoltura in Alto Adige? Lo spiega Eurac: dall'economia all'ecologia, passando per gli aspetti sociali
Eurac Research ha scritto un interessante rapporto sulla sostenibilità dell’agricoltura in Alto Adige per offrire una base per un dibattito obiettivo e per un processo decisionale informato. L'agricoltura in questo gioca un ruolo centrale

BOLZANO. Dall'ecologia, all'economia, passando per gli aspetti sociali: sono questi, in sintesi, i macro temi presentati nel nuovo “Rapporto sulla sostenibilità dell’agricoltura in Alto Adige”, scritto grazie al lavoro di 16 autrici e autori che fanno ricerca all'Eurac Research.
Lo studio, che tocca tantissimi argomenti, vuole fare il punto della situazione su quello che senz'altro dovrà rappresentare il punto cardine del nostro futuro, e cioè la sostenibilità. “Quando si parla di sostenibilità si ha spesso l’impressione che i sentimenti e le opinioni abbiano più peso di dati e fatti", sottolinea la curatrice Ulrike Tappeiner, di Eurac. "Il nuovo rapporto vuole basare la discussione su un piano oggettivo".
Con più di 60 illustrazioni che presentano i dati sotto forma di mappe, grafici e tabelle, il rapporto fornisce informazioni su una vasta gamma di aspetti, come la successione agricola, il benessere degli animali, la difesa delle piante, il ruolo delle donne o la stabilità economica. Il rapporto vuole essere uno strumento per preparare alle sfide del futuro sia chi lavora nel settore agricolo sia il pubblico in generale.
"E queste sfide sono notevoli - procede la curatrice - anche perché il settore agricolo negli ultimi decenni si è trovato a fronteggiare richieste sempre maggiori e sempre più diversificate: ci si aspetta che fornisca cibo sano, sfrutti le energie rinnovabili, usi le risorse con parsimonia, contribuisca alla tutela dell’ambiente e delle specie mitigando i cambiamenti climatici, preservi il paesaggio e altro ancora. Allo stesso tempo, società e agricoltura sembrano essersi allontanate. Con il nostro rapporto, vogliamo anche contribuire a migliorare il dialogo tra le due parti”, si augura la curatrice Ulrike Tappeiner.
Al fine di tracciare un quadro il più possibile preciso, il team di ricerca ha analizzato tutte le aree di attività più importanti per il settore agricolo e ha preso in considerazione sia la situazione delle singole aziende sia gli sviluppi a livello provinciale. In molti contesti mancano tuttavia informazioni e dati essenziali per un’analisi più approfondita. “Ci siamo resi conto che rispetto a tematiche particolarmente sensibili come i consumi di acqua, l’uso di pesticidi o lo stato della biodiversità sono disponibili solo pochi dati o dati non sufficientemente dettagliati", spiega l’ecologo Georg Niedrist. “Disporre di dati in modo sistematico e trasparente contribuirebbe a ridurre la diffidenza reciproca tra agricoltura e società”.
La carenza di informazioni fondate si fa sentire per quanto riguarda numerosi aspetti sociali. I dati statistici disponibili rivelano alcune aree problematiche, per esempio il fatto che in un quinto dei comuni dell’Alto Adige la successione delle aziende agricole è una questione particolarmente delicata perché più della metà delle aziende sono gestite da persone ultrasessantenni".
"Nel rapporto - prosegue Niedrist - si caldeggiano indagini più dettagliate su fattori come la soddisfazione sul lavoro, le relazioni intergenerazionali o il rischio di essere sovraccaricati dalle attività secondarie e da nuove iniziative. Poiché le componenti sociali sono cruciali per garantire la resilienza del settore in tempi di crisi, è necessario approfondirne la conoscenza se si vuole sostenere efficacemente il sistema delle aziende agricole familiari".
Più nello specifico, per quanto riguarda il capitolo "ecologico", il rapporto tocca i temi del clima, delle aree protette, dei boschi, dei potenziali di conflitto geografici, dei prezzi di commercio e della biodiversità.
"In Alto Adige si coltivano da migliaia di anni le più diffuse specie vegetali dell’Eurasia – in particolare diversi cereali e legumi, la vite e alcuni alberi da frutto, ma anche varie piante da fibra come il lino o la canapa. Dopo la scoperta dell’America si sono aggiunte altre specie. Grazie a lunghi periodi di coltivazione e una selezione mirata si sono sviluppate anche numerose varietà autoctone, e cioè varietà originarie dell’Alto Adige. Con la modernizzazione dell’agricoltura negli ultimi decenni, tuttavia, le varietà autoctone sono gradualmente scomparse, anche perché difficili da commercializzare. La maggior parte delle varietà coltivate oggi in Alto Adige non si differenzia da quelle delle zone di produzione limitrofe. Questa tendenza è particolarmente accentuata nel caso delle varietà di mele. Solo nel settore del vino le varietà autoctone come la schiava, il Lagrein e il Gewürztraminer hanno una superficie e una quota di mercato considerevoli.
Viene anche approfondito il tema del paesaggio rurale con tutte le sue sfaccettature: dalle isole naturali, all'utilizzo dell'acqua, dall'utilizzo delle malghe nel tempo, all'agricoltura intensiva. E' anche proposta un'interessante serie di grafici che mostrano quattro gruppi di organismi che risentono sensibilmente dell’uso agricolo e per i quali la disponibilità dei dati è relativamente buona. Si tratta di piante vascolari, cavallette, uccelli e farfalle.

Poi, come anticipato, parte dello studio è dedicata agli aspetti sociali. E' approfondito il tema del carico lavorativo, della successione nelle aziende familiari, della manodopera stagionale, e delle donne in agricoltura. Come ultimo macro tema si parla di economia. Dalla stabilità finanziaria, alla situazione reddituale, dalla resilienza economica all'automazione.
E' possibile visionare il rapporto completo cliccando qui. La crisi più recente, la pandemia di Covid 19, si è verificata quando il rapporto era già in gran parte completato, e le sue conseguenze non potevano più essere prese in considerazione. Gli effetti della pandemia si fanno già sentire sull’agricoltura, soprattutto nella sfera economica.
Infine, autrici e autori indicano alcune misure che contribuirebbero a migliorare l’agricoltura sostenibile. Importanti punti di partenza sono la progettazione di programmi di sostegno, la formazione e la consulenza, ma anche l’impiego di indicatori per il monitoraggio dello stato di salute degli animali, nuovi concetti di marketing e la sensibilizzazione del mercato dei consumi. "Per esempio, la sensibilizzazione al fatto che i prodotti agricoli non possono essere sempre esteticamente perfetti e al fatto che dovremmo essere pronti a pagare un prezzo giusto per gli alimenti del nostro territorio", si legge in conclusione nel rapporto.