Covid-19, quando è iniziata la diffusione del virus? Fbk: “Nella prima fase della pandemia in Europa è stato rilevato solo il 3% delle infezioni"
Nei primi tre mesi dello scorso anno, prima che la pandemia cambiasse completamente la vita di milioni di persone in tutto il mondo, la diffusione del Covid-19 in Europa e negli Stati Uniti in gran parte non è stata rilevata, a causa della limitata capacità di identificare e testare i casi sospetti in quel periodo: a cercare di far luce su questa prima fase di diffusione del virus uno studio pubblicato su Nature al quale ha contribuito la Fondazione Bruno Kessler

TRENTO. “La trasmissione comunitaria di Sars-Cov-2, intesa come presenza di catene di trasmissione consolidate, potrebbe essere iniziata già nel gennaio 2020 in alcune aree dell'Europa e degli Stati Uniti”. E' questa la conclusione a cui è arrivato un team di ricercatori, tra i quali anche gli esperti della Fondazione Bruno Kessler, in uno studio pubblicato su Nature. L'obiettivo? Capire quando è iniziata la diffusione del Covid-19.
In particolare nella prima fase della pandemia, a livello globale le prime catene di trasmissione del virus sono state circondate da una grande incertezza, scrivono i ricercatori, e nonostante le segnalazioni di alcuni casi di Covid-19 in gennaio e febbraio del 2020, in Europa e Stati Uniti la scarsità di test sul territorio ha lasciato diversi Paesi vulnerabili ad una trasmissione incondizionata del virus. “Solo l'1-3% circa delle infezioni – scrive Fbk – è stato rilevato in queste aree fino a marzo 2020”.
Basandosi su questi dati per realizzare una stima approssimativa dei casi, il numero reale delle infezioni nei primi giorni di marzo del 2020 (in Italia la media dei casi su 7 giorni era di 1.092 il 10 marzo) potrebbe aver superato quota 30mila, restituendo quindi un quadro della situazione molto diverso, almeno dal punto di vista dei contagi 'ufficiali'. “Nelle prime fasi della pandemia – scrive Fbk – alcuni Paesi hanno limitato i test a individui sintomatici con collegamenti epidemiologici o di viaggio con la Cina: questo, anche a causa dell'alta percentuale di soggetti infetti asintomatici che caratterizza l'epidemiologia di Sars-Cov2, ha contribuito alla trasmissione non rilevata del virus”.
L'analisi riportata nello studio indica che all'inizio di marzo 2020, circa 9 infezioni su 1.000 sono state rilevate negli Stati Uniti e 35 su 1.000 in Europa. “Le stime sui tempi d'introduzione variano in base al Paese – continuano i ricercatori – è probabile che l'inizio della trasmissione sia iniziato verso la fine di gennaio in California e all'inizio di febbraio nello stato di New York, ma forse fino a due settimane prima in Italia”. Non si può infine escludere (anche se si parla di una probabilità “molto piccola”) la possibilità di eventi di introduzione e trasmissione già da dicembre 2019.
In sostanza, gli autori dello studio suggeriscono come test più diffusi e criteri di accesso ai test più ampi potrebbero aver consentito un rilevamento e interventi precoci per prevenire la diffusione del Covid-19: “Le tecniche e gli approcci di modellazione utilizzati in questo studio possono essere utili per informare le future strategie di risposta per i virus emergenti”.