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Covid-19, Fbk: “In Lombardia almeno 500 casi prima del paziente 1 a Codogno. Il virus circolava già in oltre 220 Comuni”

I ricercatori della Fondazione Bruno Kessler e dell'Università Bocconi hanno lavorato ad uno studio, pubblicato sulla rivista Epidemics, nel quale si riporta un numero consistente di infezioni avvenute prima dell'identificazione del 'paziente 1' a Codogno

Di Filippo Schwachtje - 23 novembre 2021 - 12:10

TRENTO. Quando il 20 febbraio del 2020 a Codogno è stato identificato il paziente 1, il Sars-CoV-2 era già molto diffuso in Lombardia, dove sono stati identificati oltre 500 casi precedenti alla “primainfezione, con una trasmissione sostenuta in tutte le Province e caratterizzata da un numero di riproduzioni (R0) stimato a valori superiori a 2 su tutto il territorio: ecco le conclusioni dei ricercatori dell'Università Bocconi e della Fondazione Bruno Kessler nell'ultimo studio relativo alla primissima diffusione del Covid-19 in Italia. “The early phase of the Covid-19 epidemic in Lombardy, Italy” è il titolo dello studio, pubblicato anche sulla rivista Epidemics.

 

Le conclusioni alle quali sono giunti i ricercatori potrebbero spiegare, si legge nel documento, il “numero di casi critici osservati nella Regione in un lasso di tempo molto ristretto”. Il lavoro degli esperti della Bocconi e di Fbk è basato sull'analisi dei dati consolidati prodotti dall'Unità organizzativa prevenzione – malattie infettive della Dg Welfare di Regione Lombardia e da infettivologi e virologi delle Ats, degli Ircss e delle Asst lombarde. Partendo da questi numeri è stato possibile analizzare retrospettivamente i dati epidemiologici del Covid-19 in Lombardia, valutando l'andamento della trasmissibilità (Rt) fino al 9 marzo 2020, quando è scattato il lockdown a livello nazionale.

 

“Abbiamo identificato 527 casi nei quali la sintomatologia si è manifestata prima della comunicazione del primo caso il 20 febbraio – scrivono i ricercatori – di questi 89,2% sono stati ospedalizzati e il 27,5% sono deceduti”. L'età media degli infetti è risultata 69 anni (di cui il 63,9% uomini e il 7,4% operatori sanitari) caratteristiche simili, sia a livello di popolazione che di risvolti clinici “sono state osservate nei pazienti che hanno manifestato sintomi nelle settimane successive e fino al 9 marzo 2020, quando ulteriori 16.138 casi sintomatici sono stati identificati in Regione”.

 

Nel giorno in cui veniva identificato il paziente 1 quindi, casi sintomatici di Covid-19 “erano già presenti in tutte le Province lombarde” con Lodi e Bergamo che da sole contavano il 53% del totale e Brescia, Cremona e Milano il 35%. “In ognuna di queste province – si legge nello studio – più di 50 casi avevano già sviluppato sintomi prima della 'scoperta' dell'epidemia”. Per ogni Provincia, i ricercatori hanno identificato una prima fase di crescita esponenziale durata tra i 6 e i 10 giorni. Al 20 di febbraio il virus circolava già in 222 dei 1.506 Comuni lombardi (pari al 14,7% del totale) e il numero di riproduzione (R0) nelle 12 Province della Lombardia è stato stimato a valori compresi tra 2.6 a Pavia e 3.3 a Milano e Brescia. L'intervallo seriale, che approssima il tempo che passa tra una generazione e l'altra di casi, è stato stimato a 6,6 giorni in media. Questo implica, dicono gli esperti, che il tempo di raddoppio dei casi era molto inferiore ad una settimana.

L'indice di trasmissibilità è poi calato immediatamente dopo la scoperta del primo caso, più marcatamente nelle Province di Lodi, Bergamo e Cremona, dove sono state messe subito in campo misure anti-contagio. Oltre alle restrizioni il calo è dovuto probabilmente, concludono i ricercatori, anche alla crescente preoccupazione nella popolazione, anche se l'indice Rt è rimasto strettamente maggiore di 1 fino al 9 marzo 2020 in tutte le Province tranne Lodi, dove l'istituzione della zona rossa nell'area di Codogno ha giocato probabilmente un ruolo chiave nel controllo dell'epidemia, facendo calare l'Rt a valori intorno a 1 prima dell'istituzione del lockdown nazionale.

 

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