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Coronavirus, il virologo del Cibio: ''I test salivari non falliscono se carica del virus è alta. I nostri tamponi e quelli naso-faringei riscontrano un numero simile di positivi''

Il virologo del Cibio, Massimo Pizzato, commenta i risultati della sperimentazione dei test salivari al drive through di Trento: "Nel 30% di questi casi, quando la carica virale è molto bassa, saliva e tampone nasofaringeo possono produrre risultati non coincidenti. Se diciamo che con la saliva si può perdere la diagnosi di un caso su tre, la stessa cosa dobbiamo dirla per il tampone nasofaringeo"

Di Luca Andreazza - 21 settembre 2021 - 21:56

TRENTO. "Nessun test diagnostico rileva sempre il 100% di casi di infezione, questo vale per i tamponi salivari, così come per quelli naso-faringei. Tuttavia le positività significative vengono tutte intercettate". Così Massimo Pizzato, virologo del Cibio e coordinatore del corso di laurea di Medicina e Chirurgia a Trento, nel commentare i risultati dello studio eseguito in primavera su oltre 1.000 campioni raccolti al drive-through di Trento (Qui il pre-print del Cibio).

 

I test salivari sono facili da fare e poco invasivi, un'azione di sorveglianza sanitaria utile nella gestione dell'emergenza Covid. L'esito di 1 ogni 3 test potrebbe però essere sbagliato per la difficoltà a rilevare la presenza del virus.

 

"L'esito su persone con carica virale bassa, vicino al limite della sensibilità del test, rappresenta sempre un aspetto problematico per entrambe le metodiche", spiega Pizzato. "Globalmente, i risultati ci mostrano che i due test rilevano un numero molto simile di positivi (34% e 31%). Tuttavia nel 30% di questi casi, quando la carica virale è molto bassa, saliva e tampone nasofaringeo possono produrre risultati non coincidenti. Questa situazione è ben decritta nella letteratura che menziona chiaramente una fascia di non sovrapposizione tra i due test che si completano a vicenda. Quindi se diciamo che con la saliva si può perdere la diagnosi di un caso su tre, la stessa cosa dobbiamo dirla per il tampone nasofaringeo".

 

Nelle scorse ore Il Dolomiti ha pubblicato gli esiti della sperimentazione dei test salivari al drive through a seguito di un accesso agli atti all'Azienda provinciale per i servizi sanitari (Qui articolo). Il virologo del Cibio commenta così i risultati di quella fase.

 

"Abbiamo però notato un aspetto importante quando la carica virale è particolarmente alta, il saggio salivare sviluppato in Trentino non fallisce, mentre il tampone nasofaringeo può non intercettare positività anche molto elevate, come abbiamo riscontrato in 7 casi. Questi casi non sono stati diagnosticati e, vista la carica elevata, potrebbero aver contagiato altre persone. Infatti, l’efficacia del tampone nasofaringeo dipende dalla capacità di un operatore di prelevarlo dal paziente, e saltuariamente si può sbagliare. La saliva invece è sempre disponibile".

 

Sono stati forniti, infatti, i dati della motivazione di esecuzione del tampone naso-faringeo per cui i soggetti si sono rivolti al drive through tra il 25 marzo e il 13 aprile: il 29% per screeningil 47% per guarigione, l'1% per sospetto diagnostico e il 20% per contatto stretto.

 

"Un aspetto molto interessante è emerso quando abbiamo analizzato i nostri dati per gruppi di individui testati. Nel caso di persone sintomatiche abbiamo registrato una assoluta coincidenza dei risultati tra tampone e saliva. Invece, nei casi di sospetto diagnostico e contact tracing, la saliva si è rilevata in grado di intercettare un numero più elevato di positività rispetto al tampone, dimostrando come la matrice salivare - prosegue il virologo del Cibio - sia molto significativa e consenta una diagnosi affidabile nelle fasi asintomatiche iniziali fino a sviluppo della malattia o dei sintomi".

 

Qualche difficoltà in più è emersa per attestare la guarigione di una persona risultata contagiata. "La maggior discrepanza - evidenzia Pizzato - è emersa nei pazienti che hanno effettuato il test dopo la malattia. In questo caso, il tampone nasofaringeo ha rilevato un più alto numero di positività rispetto alla saliva. Questo è già stato evidenziato in letteratura e ha una spiegazione molto probabile: passata l’infezione, anche dopo la guarigione, frammenti di virus o di cellule possono rimanere rilevabili dal tampone, ma non nella saliva, nonostante il soggetto non sia più contagioso ma costretto a rimanere in isolamento per positività del tampone”. 

 

E' stato, per esempio, dimostrato nel corso dell'epidemia, anche attraverso recenti studi certificati dall’Istituto superiore di sanità, che dopo 21 giorni, ammesso che non si abbiano sintomi da almeno 7, una persona non è più contagiosa (anche se potrebbe risultare positiva al test molecolare). "Non dimentichiamo che il contagio avviene prevalentemente tramite droplet, cioè le goccioline di che emettiamo con il naso e soprattutto con la bocca e che sono costituite proprio di saliva" conclude Pizzato.

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