Coronavirus, allentare le restrizioni con l'Rt sotto all'1 è sicuro? Fbk: "No se incidenza è alta. Deve essere inferiore a 50 casi ogni 100mila abitanti"
Secondo uno studio condotto da ricercatori di Fbk, Iss e Inail e pubblicato sulla rivista "Proceedings of the national academy of science of United States", allentare le restrizioni con un Rt al di sotto dell'1 ma un'incidenza ancora alta può portare ad un rapido aumento dei casi. Stefano Merler: "Serve estrema cautela nella ripresa dei contatti sociali"

TRENTO. Si può pensare di allentare le restrizioni se l'Rt è al di sotto dell'1 ma l'incidenza dei casi è ancora alta? Quali sarebbero le conseguenze? In questi giorni di riapertura, successivi alle restrizioni natalizie, porsi questi interrogativi risulta fondamentale per prepararsi a quello che verrà. Mentre le vaccinazioni procedono con gradualità, infatti, la situazione epidemiologica continua a essere critica.
La riapertura delle scuole, i possibili affollamenti sui mezzi di trasporto e il riavvio delle attività commerciali introducono nuove incognite nella gestione del virus, con le autorità politiche e sanitarie che, dati alla mano, si devono adattare a un quadro in continuo mutamento. Uno studio condotto da Fondazione Bruno Kessler, Istituto superiore di sanità e Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro, pubblicato sulla rivista Proceedings of the national academy of science of the United States (Pnas) aiuta a comprendere dei possibili effetti delle riaperture sulla base dei dati raccolti nella prima ondata.
I risultati aprono uno squarcio sull'orizzonte, dimostrando come sia necessario ora più che mai procedere con i piedi di piombo. Nello studio in questione, infatti, i ricercatori dei tre enti coinvolti dimostrano che allentare le limitazioni se l'incidenza delle infezioni da Sars-CoV-2 è ancora alta possa portare ad un rapido nuovo picco dei casi, e di conseguenza dei ricoveri, anche se l'indice di trasmissione (Rt) è inferiore ad 1.
In un contesto caratterizzato da importanti novità sulle restrizioni da imporre nei singoli ambiti regionali – le autorità nazionali hanno abbassato la soglia dell'Rt da 1.25 a 1 per la “zona arancione” e da 1.5 a 1.25 per la “zona rossa” - mentre si attende la prima classificazione da parte del Comitato scientifico (prevista per il tardo pomeriggio di venerdì 8 gennaio), gli studiosi di Fbk, Iss e Inail hanno tracciato i possibili scenari futuri.
Utilizzando un modello di trasmissione del virus per stimare l'impatto di diverse strategie di mitigazione, hanno introdotto in maniera innovativa la stima del rischio nei diversi settori produttivi. Ciò che ne è uscito mostra come la riattivazione dei contatti nel mondo del lavoro potrebbe non incidere molto sulla trasmissibilità, così come la riapertura delle scuole dagli asili alle medie, vista la minor suscettibilità all'infezione dei bambini e dei ragazzi fino ai 14 anni d'età circa. Riattivare quasi completamente i contatti sociali e le scuole di ogni ordine e grado, come avvenuto in tarda estate, può provocare invece un'onda epidemica non contenibile se v'è assenza di severe misure restrittive.
Le tempistiche indicate come migliori sono dunque piuttosto diluite. Un anticipo prematuro della riattivazione dei contati sociali può infatti incidere notevolmente sull'andamento dell'epidemia. I ricercatori utilizzano come esempio la prima fase epidemica, mostrando come un eventuale anticipo della fine del lockdown al 20 aprile – avvenuta invece il giorno 18 di maggio – avrebbe potuto generare un incremento di circa il 500% delle ospedalizzazioni cumulative rispetto a quelle osservate da maggio fino a fine settembre.
Dall'analisi è emerso che un Rt minore di 1 è sì necessario per permettere un margine d'azione dopo il rilascio delle restrizioni, ma la bassa incidenza è d'uopo per mantenere il livello dei casi, e di conseguenza di ospedalizzazioni e decessi, approssimativamente costante dopo che Rt ritorna a valori vicini a 1 in caso di riapertura. Il Trentino, da questo punto di vista, si pone quindi in una posizione critica, se è vero che l'incidenza continua a essere alta così come il livello di ospedalizzazione (con percentuali ben al di sopra delle soglie critiche del 30% per le terapie intensive e del 40% per i ricoveri nei normali reparti, rispettivamente, in provincia di Trento, al 50% e al 59%).
Un quadro con Rt minore di 1 e un'incidenza bassa si è verificato la scorsa estate. L'Rt a livello nazionale a febbraio era stimato quasi a 3, per poi scendere sostanzialmente sotto l'1 nel giro di 2 settimane a seguito delle misure di lockdown imposte dall'11 marzo, e infine ricrescere a valori vicini e leggermente superiori all'1 dopo le riaperture del 18 maggio.
“In particolare l'incidenza deve essere sufficientemente bassa da poter essere gestita dai sistemi di prevenzione con l'isolamento dei casi e la quarantena dei contatti – ha spiegato il ricercatore di Fbk Stefano Merler – basandosi sul periodo in cui i servizi di prevenzione hanno cominciato ad andare in sofferenza a a causa dell'aumento di incidenza di casi durante la seconda onda, questa incidenza dovrebbe essere inferiore a circa 50 casi settimanali ogni 100.000 abitanti”.
“La ricerca mostra che il potenziale di trasmissione di Covid-19 è ancora altissimo e suggerisce estrema cautela nella scelta dei contatti sociali che vengono rilevati e nella tempistica di riattivazione degli stessi”, conclude Merler.
Nell'impossibilità di distinguere tra le infezioni trasmesse all'interno degli edifici scolastici e durante le attività peri-scolastiche (trasporti, possibili assembramenti fuori dagli edifici scolastici, attività extra-scolastiche), nel decidere quali restrizioni allentare per prime bisogna dunque prendere in considerazione quanto detto prima: al lavoro e nella scuola fino ai 14 anni il rischio è minore (con comunque una preferenza verso lo smart working), nella scuola dai 14 in su e nella riattivazione dei contatti sociali il pericolo cresce.
Gli autori della ricerca hanno stimato che fino al 30 settembre si sia infettato circa il 4.8% della popolazione italiana, con grandi differenze tra regione e regione. Se la Lombardia ha registrato infatti delle percentuali attorno all11%, nel Lazio si è invece contagiato il 2% e in Campania l'1%. Di conseguenza, sottolineano i ricercatori, le riaperture possono avere effetti diversi da regione a regione in base ai diversi livelli d'immunità raggiunti e alla diversa prevalenza di infezione. Lo studio suggerisce nondimeno un possibile ruolo della struttura demografica, con un minore impatto del Covid-19 nelle regioni con popolazione più giovane.
Gli autori hanno stimato che il tasso di notifica (quante infezioni vengono individuate dal sistema di sorveglianza rispetto al totale delle infezioni, inclusi quindi anche tutti gli asintomatici) è cresciuto da circa il 9.4% durante la prima ondata a circa il 24.5% durante l'estate, probabilmente a causa di una maggiore capacità di tracciamento dei contatti in regimi di bassa incidenza giornaliera di casi.