“Sei mesi fa avevo il mondo aperto davanti mentre adesso le possibilità sono davvero limitate”: la testimonianza di due universitarie trentine al tempo del Covid-19
Come saranno i prossimi anni per gli studenti fuorisede o che avevano in programma di partire per un Paese estero? A raccontare la loro attaule situazione sono due universitarie che, tra dubbi e preoccupazioni, si trovano a fare i conti con il futuro

TRENTO. Nonostante il ministro Manfredi abbia dichiarato che a settembre le attività universitarie si svolgeranno per la maggior parte in presenza, la preoccupazione degli studenti, soprattutto per chi studia lontano dalla propria città d’origine, è tanta. Cosa dire poi di coloro che hanno intrapreso una carriera di studi in un altro Paese o che avevano in programma di andare all’estero a lavorare una volta laureati?
Molti giovani hanno dovuto abbandonare le loro città universitarie e tornare a vivere con i genitori, per risparmiare sull’affitto e le spese che derivano dal vivere fuori. Studiare in un’altra città può essere più costoso di quanto sembri e molte famiglie non possono permettersi questa spesa, soprattutto se non è indispensabile. Inoltre gli studenti non possono più contare su eventuali lavoretti part-time da conciliare con lo studio, che spesso aiutano le famiglie a sbarcare il lunario.
Si è parlato di rimborso degli affitti per gli studenti più in difficoltà ma, nella maggior parte dei casi, un eventuale sconto, sospensione o rimborso resta a discrezione del padrone di casa. Secondo Federconsumatori uno studente fuorisede spende in media 9.000 euro l’anno. Per chi studia all’estero la situazione è ancora più ostica. La media europea di mantenimento all’università, secondo i dati Ocse, è di 13.125 euro, con picchi di 24.000 sterline (circa 26.000 euro) per l’Inghilterra.
Solo l’università di Trento quest’anno ha ospitato quasi 1.700 immatricolati provenienti da altre regioni o dall’estero. Per il prossimo anno accademico, molti studenti sceglieranno di restare a casa con i genitori, seguendo le lezioni online e sacrificando la loro indipendenza, senza contare che molti saranno scoraggiati in partenza ad intraprendere la carriera universitaria. Si stima infatti una perdita di 10.000 matricole nelle università italiane per il prossimo anno.
Questa situazione crea particolari disagi anche per i neolaureati, che ora si ritrovano a dover entrare in un mondo del lavoro più chiuso e arido che mai. Ammesso e considerato che si trovi un tirocinio o praticantato, questo sarà, nella maggior parte dei casi, poco o del tutto non retribuito, costringendo quindi le famiglie a mantenere i propri figli anche dopo la laurea. Per coloro che avevano in mente una carriera all’estero, invece, il futuro ha in serbo ancora meno.
Elisabetta Morbin è di Riva del Garda e studia Relazioni Internazionali. Si è laureata in triennale a Venezia e sta per terminare la magistrale a Bologna. A maggio ha dovuto abbandonare l’appartamento e tornare a vivere con i genitori in Trentino. “È saltato il mio progetto di tesi ed è saltato il mio tirocinio", inizia a raccontare a ilDolomiti.it. "Ho perso sei mesi come minimo, per fare domanda di lavoro, dottorato o altri tirocini mi viene sempre richiesta esperienza. Mi laureerò in ritardo e senza fare il tirocinio, che mi sarebbe servito per trovare lavoro.” Molti studenti rischiano infatti di andare fuoricorso e di non ottenere i crediti di esperienza lavoro, rendendone ancora più ostica la ricerca.
“Studiando relazioni internazionali - ha proseguito Elisabetta - avrei sicuramente cercato lavoro all’estero, l’Italia purtroppo non offre molto su questo fronte. Mi stavo interessando per un tirocinio a New York ma ora è impensabile. Adesso in moltissimi posti non si può andare o non si sa se si può andare. Non ti puoi neanche permettere di volare da qualche parte investendo molti soldi ed essere rimpatriato dopo 10 giorni, è una spesa che non mi sento di fare e come me tante altre persone. Sei mesi fa avevo il mondo aperto davanti mentre adesso le possibilità sono davvero limitate”.
Giada Gasperotti, invece, si è da poco laureata in Global Management for China all’Università di Macerata, un Master che prevede sei mesi lezione in Italia e sei mesi di tirocinio in Cina, dopo aver conseguito la laurea triennale in cinese all’Università veneziana Ca’ Foscari. Quest’anno il programma del Master, così come i suoi progetti per il futuro, sono stati stravolti: “Ci hanno bloccato una settimana prima della partenza. Avevamo già fatto i colloqui, era tutto pronto”.
All’inizio, infatti, quando si pensava che il virus fosse un problema solo cinese, agli studenti del Master era stato proposto di fare un tirocinio, in presenza, in aziende italiane che lavoravano a diretto contatto con la Cina. Giada aveva ottenuto un tirocinio a Milano. Poi anche quello è saltato. “Ho deciso di frequentare questo Master principalmente per poi andare a lavorare e per costruirmi i contatti in Cina. Così ha perso completamente il suo senso”.
Giada ha quindi svolto un tirocinio in smart working con la Cina da Levico, dove vive la sua famiglia. A luglio è riuscita a laurearsi ma i piani per il futuro sono incerti: “Mi vedevo in Cina una volta laureata ma al momento non so cosa fare. Partire, ora come ora, non è un'opzione, ma anche trovare lavoro qui sembra impossibile. In Cina stanno lentamente riaprendo a chi aveva già un visto lavorativo, ma ci vorranno almeno due anni prima che riapranno del tutto e sicuramente gli studenti saranno gli ultimi ad entrare”.