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La proteina p53 nuova alleata nella lotta contro il cancro. Il "guardiano del genoma" studiato dall'Università di Trento

Una scoperta del team di ricercatori dell'Università di Trento assolutamente rilevante per sviluppare terapie oncologiche molecolari più efficaci soprattutto per alcuni tipi di tumori, come ad esempio al quelli al colon, seno e polmoni

 

Fonte: Wikipedia
Di Lucia Brunello - 01 aprile 2020 - 19:32

TRENTO. La proteina 53 (p53) è conosciuta come “guardiano del genoma” per la sua capacità di soppressione tumorale, e per questo di ruolo fondamentale nella continua ricerca nella battaglia contro il cancro. Uno studio dell’Università di Trento ha identificato alcuni fattori che influiscono sull’esito della continua lotta tra le cellule tumorali e la proteina p53. Il risultato, pubblicato sull'importante rivista Cell Reports, è rilevante per sviluppare terapie oncologiche più mirate.

 

Finora, infatti, non si capiva bene quali fossero gli elementi in grado di portare a due scenari alternativi e non ugualmente desiderabili al fine terapeutico. Da una parte quello che vede le cellule tumorali arrestare la loro proliferazione, dall’altra quello in cui si assiste a una loro corsa verso la morte. Entrambi questi destini sono controllati dal guardiano del genoma (la proteina p53).

 

Ora si è scoperto che c’è un fattore specifico, una proteina chiamata DHX30, che controlla come p53 possa indirizzare le cellule tumorali verso la morte. È la conclusione a cui è giunto un team di ricercatori e ricercatrici dell’Università di Trento che si è concentrato su un nuovo meccanismo molecolare che agisce come un “interruttore”.

 

“Quando le cellule tumorali sono trattate con un farmaco particolare - spiega Erik Dassi del gruppo di ricerca di UniTrento - la presenza di questo interruttore (DHX30) influenza il destino delle cellule nell'andare verso la morte piuttosto che verso l'arresto del ciclo cellulare”. Il collega Alberto Inga continua: “Il farmaco agisce attivando p53, il famoso guardiano del genoma, che controlla molti possibili destini della cellula tumorale. Per decenni si è pensato che potessimo capire come far “scegliere” alle cellule tumorali di attivare il processo di morte programmata agendo a “monte” di p53”.

 

Dario Rizzotto, primo autore dell’articolo, precisa: “Quello che proponiamo, invece, è che una parte rilevante di quella decisione avvenga "a valle" di p53. In altre parole, l’attivazione di p53 nelle cellule tumorali implicherebbe sempre una molteplicità di possibili risposte delle cellule stesse e l’interruttore che abbiamo scoperto controlla quello che potrebbe essere il più rilevante a scopo terapeutico. Se viene meno l'interazione tra DHX30 e specifici RNA messaggeri, abbiamo morte cellulare”.

 

Una scoperta assolutamente rilevante per sviluppare terapie oncologiche molecolari più mirate ed efficaci, soprattutto su alcuni tipi di tumori, come quelli solidi (ad esempio colon, seno e polmone).

 

L’articolo scientifico, dal titolo “Nutlin-induced apoptosis is specified by a translation program regulated by PCBP2 and DHX30” , è stato pubblicato sulla rivista Cell Reports il 31 marzo 2020. È stato scritto da Dario Rizzotto, Sara Zaccara, Annalisa Rossi, Alessandro Quattrone, Erik Dassi e Alberto Inga deI Dipartimento di Biologia cellulare, computazionale e integrata - Cibio dell’Università di Trento con Matthew D. Galbraith, Zdenek Andrysik, Ahwan Pandey, Kelly D. Sullivan e Joaquín M. Espinosa dell’ateneo statunitense Anschutz Medical Campus, University of Colorado.

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