Giocare con le bambole? Stimola l’empatia e non importa se si è maschi o femmine. Bommassar: ''Aiuta a mettersi nei panni degli altri''
Giocare con le bambole aumenta l'empatia. L’hanno dimostrato il marchio Barbie e un gruppo di neuroscienziati dell’Università inglese di Cardiff guidato dalla dottoressa Sarah Gerson: “Quando il bambino gioca con le bambole, tiene in mano un ‘essere umano’ e cerca di capirne le esigenze”. Ecco l'opinione della presidente dell'Ordine degli Psicologi di Trento

TRENTO. Quando un bambino gioca con le bambole, anche se è solo, la sua capacità di provare empatia aumenta. L’hanno dimostrato il marchio Barbie e un gruppo di neuroscienziati dell’Università inglese di Cardiff guidato dalla dottoressa Sarah Gerson. La ricerca, “Analisi dei benefici del gioco con le bambole attraverso la neuroscienza”, è partita 18 mesi fa ed è stata commissionata da Mattel, azienda di giocattoli, leader globale del settore e creatrice del brand Barbie.
"Questo studio neuropsicologico non fa altro che confermare delle intuizioni che noi psicologi clinici abbiamo già avuto", commenta Roberta Bommassar, presidente dell’Ordine degli Psicologi di Trento. "Nel gioco di finzione ti metti nei panni di qualcun altro, pur sapendo che non lo sei. Le bambole, poi, fanno fare un passaggio ulteriore: quando un bambino ci gioca, in quel momento s’improvvisa adulto e genitore, e deve capire che bisogni ha suo ‘figlio’, che in quel momento è la sua bambola. Per questo la cura, le dà da mangiare, la cambia. Proprio come farebbe un genitore".
Nella ricerca dell’Università di Cardiff sono stati coinvolti 42 bambini tra i 4 e gli 8 anni (22 bambini e 20 bambine); è stata monitorata in modo completo l’attività cerebrale al momento del gioco di 33 di loro. Quattro gli scenari studiati dai neuroscienziati: nel primo i bambini giocano da soli con le bambole, nel secondo con le bambole in coppia con l’assistente ricercatore, nel terzo individualmente col tablet, e infine nel quarto col tablet assieme all’assistente ricercatore.
Ai bambini sono stati proposti giochi creativi sul tablet, in modo tale da rendere l’esperienza simile al gioco con le Barbie. I neuroscienziati hanno comunque osservato che quando un bambino gioca da solo con le Barbie il solco temporale superiore, il cosiddetto pSTS, viene attivato molto di più rispetto a quando un bambino gioca da solo col tablet. Il pSTS è una regione del cervello associata all’elaborazione delle informazioni sociali e all’empatia, che non è una dote innata, ma può essere sviluppata, soprattutto negli anni dell’infanzia.
Perciò la scoperta del gruppo di neuroscienziati di Cardiff è assolutamente significativa. Nel luglio di quest’anno, poi, Barbie ha commissionato un sondaggio a OnePoll per capire la portata dei risultati dell’analisi svolta dalla Gerson e dal suo team: sono stati coinvolti 15 mila genitori con bambini tra i 3 e i 10 anni provenienti da 22 Paesi diversi, tra i quali anche l’Italia. Il 91% dei genitori pensa che l’empatia sia una dote fondamentale per i propri figli, e molti sono preoccupati perché ritengono che il lockdown abbia recato danno alla capacità di relazionarsi con gli altri dei bambini.
La ricerca condotta dall’Università di Cardiff fornisce qualche rassicurazione in questo senso: anche quando giocano da soli, i bambini hanno l’opportunità di aumentare la propria empatia, purché si dedichino a certi tipi di giochi, come le Barbie. Sfata anche il mito secondo il quale sarebbe meglio giocare con i lego o fare un puzzle che giocare con le bambole: molti genitori pensavano che i primi due giochi fossero preferibili perché se ne vedono i “risultati” tangibili.
Infatti, come emerso nel sondaggio di OnePoll, la maggior parte dei genitori non credeva che il gioco con le bambole potesse stimolare la capacità di provare empatia – anche se il 74% di loro lascerebbe giocare i propri figli con un giocattolo nel caso in cui venisse dimostrato che rafforza le capacità relazionali e l’empatia.
Oggi, giovedì 1 ottobre, sarà anche inaugurata una piattaforma online realizzata da Barbie in collaborazione con la psicologa dell’educazione Michele Borga. La piattaforma è dedicata a genitori, educatori e bambini, e dà consigli per migliorare la capacità dei più piccoli di elaborazione delle informazioni sociali.
“Più che di Barbie, parlerei di bambole in generale, perché le Barbie sono molto connotate sessualmente", afferma Bommassar. "Però, il passaggio centrale della ricerca dell’Università di Cardiff, sul quale mi vorrei soffermare, è un termine: mentalizzazione, che è la capacità di attribuire all’altro una mente separata rispetto alla tua. Vuol dire capire che l’altro la può pensare diversamente, può avere ragioni diverse dalle tue. È una competenza molto elevata, che perfino molti adulti non hanno ben sviluppato: gli episodi di razzismo, certi commenti sui social".
"Mentalizzare significa mettersi nei panni degli altri, renderli umani. È un’azione che fermerebbe certe persone dal dire: ‘Lasciamo che i migranti se li mangino i pesci in mare’. Quando hai in mano una bambola – conclude la psicologa – non hai a che fare con un oggetto, ma con un essere umano”.