Fermare il declino cognitivo negli anziani si può: ecco come. A dimostrarlo uno studio dell'Università di Trento
Un team di ricercatrici del CIMeC, il Centro intradipartimentale mente/cervello dell’Università di Trento, ha pubblicato uno studio condotto su un gruppo di anziani tra i 65 e gli 80 anni, dimostrando come un semplice esercizio di memorizzazione permetta di mantenere attive alcuni funzioni mentali, frenando il declino cognitivo

TRENTO. Fermare il declino cognitivo e “ringiovanire” le capacità mentali degli over 65 si può. A sostenerlo è un team di ricercatori dell’Università di Trento, che in un articolo pubblicato sulla rivista internazionale Scientific Reports, ha comunicato i risultati di uno studio sul decadimento cognitivo legato all’avanzamento d’età.
Al centro della ricerca, infatti, c’era il declino marcato della memoria dopo i 65 anni e lo sviluppo di semplici strumenti capaci di potenziare le performance mentali, frenando il peggioramento. Tali compiti permetterebbero agli anziani di migliorare le loro capacità di concentrazione e memorizzazione degli oggetti. Ma come?
“Anziani e anziane hanno migliorato la loro capacità di memorizzazione di oggetti dopo solo quattro sessioni di ripetizione del compito – spiega Veronica Mazza, senior author dell’articolo, intitolato “Learning by task repetition enhances object individuation and memorization in the elderly” e co-firmato assieme a Chiara Tagliabue, Giulia Cristoforetti (anche loro facenti parte del CIMeC, il Centro intradipartimentale mente/cervello dell’Università di Trento) e Sara Assecondi (University of Birmingham) – l’utilizzo combinato di misure dell’accuratezza delle risposte e dell’attività cerebrale dei partecipanti all’esperimento ha messo in luce i meccanismi che portano a tale miglioramento”.
“In particolare – ha proseguito Mazza – le persone anziane migliorerebbero la loro abilità di prestare attenzione agli oggetti importanti (per esempio quelli contenuti nella lista con cui si sta facendo la spesa) e questo permetterebbe successivamente loro di ricordarli anche meglio. Dunque, lo studio suggerirebbe che migliorare i meccanismi dell’attenzione, riducendo ad esempio le fonti di distrazione, porta a una serie di vantaggi per diverse funzioni mentali”.
Condotto su un gruppo di 24 anziani d’età compresa tra i 65 e gli 80 anni, lo studio ha cercato di indagare il miglioramento delle performance e i principali meccanismi cerebrali coinvolti nel processo combinando misurazioni di accuratezza (comportamentali) e cerebrali (elettrofisiologiche). Concentrandosi in particolare sulla memoria di lavoro visuo-spaziale (quella con cui ci ricordiamo “cosa” e “dove” sono gli oggetti), tra le prime a deteriorarsi con l’avanzare dell’età, la ricerca ha visto il gruppo d’anziani recarsi per 4 giorni consecutivi ai laboratori di Psicologia sperimentale del CIMeC.
Qui sono stati sottoposti durante ogni giornata a una prova: memorizzare un numero variabile di figure geometriche colorate. Il tutto venendo costantemente monitorati. Nella prima e nell’ultima giornata, infatti, gli anziani hanno svolto il compito mentre veniva loro registrato l’elettroencefalogramma, valutando così l’attività cerebrale.
“I risultati suggeriscono l’importanza di approfondire le ricerche sull’efficacia delle diverse azioni messe in campo per migliorare le varie competenze cognitive nell’anzianità”, conclude Mazza.
Supportato finanziariamente dalla Fondazione Caritro, lo studio rientra in un progetto per l’invecchiamento attivo chiamato “Reversing age and resilience in the elderly”, promosso proprio dall’Università di Trento e coordinato da Veronica Mazza.