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Coronavirus, l'epidemia in Italia è iniziata molto prima del 20 febbraio. Lo studio dell'Fbk che mostra come si sono diffusi i contagi in Lombardia nelle prime settimane

Per mettere a fuoco la prima mappatura delle infezioni da Covid-19 in un Paese occidentale, i ricercatori della Fbk hanno preso in analisi i primi 5.830 casi certificati in Lombardia. I risultati hanno permesso di stimare che ogni persona infetta può trasmettere l’infezione a più di tre persone in media e che non c’è differenza significativa di carica virale tra casi sintomatici e casi asintomatici, il che dimostra il potenziale di trasmissione del virus da parte di persone asintomatiche

Fonte: Fbk Trento
Di Lucia Brunello - 24 marzo 2020 - 20:12

TRENTO. La sera del 20 febbraio 2020, il primo caso di nuovo coronavirus in Italia è stato confermato in Lombardia. Nella settimana che è seguita, la regione ha visto un rapido aumento di casi positivi. Il team di ricercatori italiani della Fbk di Trento, tra cui i trentini Marco Ajelli, Giorgio Guzzetta, Valentina Marziano, Piero Poletti, Filippo Trentini e Stefano Merler ha condotto uno studio sulla mappatura dei contagi nella regione traendo delle conclusioni circa le dinamiche di diffusione del virus e le strategie di contenimento applicabili per evitare esiti catastrofici per il sistema sanitario nazionale.

 

Uno studio che dimostra come l'epidemia in Italia è iniziata molto prima del 20 febbraio e sono necessarie strategie di contenimento aggressive per controllare la diffusione di Covid-19 ed evitare esiti catastrofici per il sistema sanitario nazionale. Il team di Fbk ha analizzato i primi 5.830 casi confermati per fornire una primo quadro epidemiologico sulla diffusione del Covid-19 in un paese occidentale, con data di insorgenza dei sintomi nel periodo che va dal 14 gennaio all'8 marzo 2020. I dati sono stati raccolti attraverso le diverse informazioni accertate sui positivi che comprendevano i loro dati demografici, date di inizio sintomi, le caratteristiche cliniche, di ospedalizzazione e il tracciamento dei contatti con altre persone.

 

Il primo paziente (paziente 1) in Lombardia certificato come infetto da Covid-19 era un uomo sano di 38 anni, ricoverato poi all'Ospedale di Codogno, con una polmonite lieve resistente alla terapia. A partire dalla mattina del 21 febbraio, è stato istituito un rigoroso intervento volto a tracciare e testare tutti coloro che erano entrati in contatto con lui. Sebbene non fosse stato possibile rintracciare il paziente zero, è stato identificato un focolaio iniziale nella città di Codogno. Nella settimana successiva, l'area del paesino, così come diverse città limitrofe, hanno registrato un aumento molto rapido del numero di casi rilevati, che è salito ad oltre 530 positivi entro il 28 febbraio e a ben 5.830 l'8 marzo. 

 

 

Con l'aumento del numero di casi rilevati, si è espansa anche la loro distribuzione territoriale, raggiungendo diverse altre aree nel nord della Lombardia. Per questa ragione, l'Istituto Superiore di Sanità, il Nhs, si è attivato per introdurre azioni volte a limitare la diffusione del virus. Tra queste, l'isolamento dei casi positivi, il tracciamento degli individui entrati in contatto con loro, test intensivi e la definizione di un'area "rossa" nelle città più colpite e limitrofe.

 

Le definizioni dei casi per sospetti casi Covid-19 erano basate sulle definizioni dei casi del Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC). Un caso veniva ritenuto sospetto in base ai seguenti criteri: se riportava un'infezione acuta del tratto respiratorio senza apparente causa, se aveva recentemente compiuto un viaggio in Cina, a maggior ragione se era stato a Wuhan, o se era entrato in stretto contatto con un caso accertato di Covid-19. 

 

Durante le prime fasi dell'epidemia in Lombardia, il team Fbk ha osservato la formazione di tre grandi concentrazioni di casi intorno alle città di Codogno, Bergamo e Cremona. Al 5 marzo, la maggior parte dei casi (il 72%) è stata localizzata nelle province di Bergamo, Lodi e Cremona. Ciò che è stato osservato, è un grandissimo aumento di casi positivo nel giro di pochi giorni, di cui circa la metà ha richiesto il ricovero e il 16% di questi ha necessitato della terapia intensiva. 

 

Tuttora non è possibile valutare se la mancanza di casi tra bambini e giovani adulti nelle fasi iniziali sia una conseguenza del ridotto rischio di infezione o di una propensione a sintomi clinici più lievi. Inoltre, è emerso come il 60% dei casi Covid-19 in Lombardia erano di sesso maschile, sebbene il motivo rimanga da chiarire. 

 

Lo studio non ha osservato cariche virali significativamente diverse nei tamponi tra soggetti sintomatici e asintomatici, suggerendo lo stesso potenziale di trasmissione del virus. Tuttavia, il numero limitato di soggetti infetti asintomatici che sono stati identificati mediante la tracciabilità dei contatti durante la prima settimana di raccolta dei dati, potrebbe suggerire ad un ruolo minore degli individui asintomatici nella diffusione complessiva dell'infezione. Al contrario, la ricerca attiva di casi sia sintomatici che asintomatici nelle fasi iniziali dell'epidemia ha drenato risorse significative in qualche modo limitando l'identificazione tempestiva di tutti gli individui infetti.

 

I risultati emersi dalle analisi hanno permesso di stimare che ogni persona infetta può trasmettere l’infezione a più di tre persone in media, e che il tempo tra un’infezione e l’altra è di circa 6,5 giorni. Dati significativi, che testimoniano come l'epidemia di Covid-19, se non contenuta, rischierebbe di portare all'infezione di circa il 70-80% della popolazione. Lo studio dimostra infatti come il 18% dei pazienti ospedalizzati abbia richiesto ventilazione meccanica durante la terapia intensiva. 

 

È importante notare che questo studio è chiaramente influenzato dalle consuete limitazioni derivanti dall'analisi dei dati di epidemie di malattie infettive in rapida evoluzione. In tale situazione, la corretta identificazione dei corretti collegamenti epidemiologici tra i casi è difficile. Col passare del tempo, sono stati messi in atto interventi critici sulla salute pubblica che hanno inciso sulla rapidità della raccolta dei dati.

 

E' stata inoltre osservata una crescita progressiva e parallela di incidenza, ricoveri, cure ospedaliere e di terapia intensiva e mortalità. Tutti questi sono responsabili di una rapida saturazione del sistema di emergenza sanitaria con una progressiva difficoltà di poter trattare sia i soggetti con Covid-19 che quelli con altre patologie.

 

Tuttavia, come dimostrato dall'analisi, l'istituzione di un'area di quarantena attorno all'epicentro dell'epidemia a Codogno, sembra aver svolto un ruolo critico nel controllo dell'infezione, inducendo una riduzione del numero di casi positivi segnalati nell'area e una conseguente diminuzione della stima del numero riproduttivo netto. Ciò è apparso come prova relativamente solida che ha rafforzato la decisione di applicare le stesse misure rigorose a tutta la regione

 

Ad oggi, 24 marzo, la situazione è certamente evoluta ed è arrivata a interessare tutta la penisola con gli oltre 54 mila casi positivi accertati e quasi 7 mila morti. Nonostante questo, la regione Lombardia rimane largamente al primo posto per numero di contagi, con un valore che si sta avvicinando alle 30 mila unità. Un numero immenso, se si considera che al secondo posto vi è l'Emilia-Romagna che conta poco meno di 9 mila contagi. Lo studio ha certamente fatto chiarezza su alcune dinamiche che hanno interessato le prime settimane di diffusione del nuovo coronavirus, ma ancora tante analisi dovranno essere condotte dai ricercatori per giustificare il perché di un numero così largamente maggiore rispetto al resto d'Italia.

 

Per leggere lo studio integrale, cliccare qui: The early phase of the Covid-19 outbreak in Lombardy, Italy

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