Coronavirus, i luoghi più colpiti sarebbero quelli più inquinati. L'ingegnere ambientale Venuto: "Aggressività del virus proporzionale all'esposizione alle polveri sottili"
In una ricerca, l'ingegnere ambientale di Trento Alberto Venuto ha incrociato i dati sugli sforamenti dei parametri degli inquinanti con quelli sul contagio, concludendo come le città e le province più colpite dal virus coincidano con quelle più inquinate. L'esempio della Val Seriana, territorio martoriato, lo dimostrerebbe

TRENTO. Sono sempre di più le indicazioni messe in evidenza dal mondo accademico che legano i tassi di contagio da Coronavirus con gli sforamenti dei livelli di inquinanti nell'inverno appena passato. A seguito di una ricerca pubblicata da esperti delle Università di Bologna, Bari, Milano, Trieste e dalla Società italiana di medicina ambientale, dove si sostiene la relazione fra inquinamento e diffusione del virus, anche da un ingegnere ambientale di Trento arriva un serio campanello d'allarme su una “corrispondenza non casuale” tra questi due fattori.
Alberto Venuto, ingegnere per l'ambiente ed il territorio, ha analizzato i dati sull'inquinamento nelle città italiane e sull'attuale diffusione del contagio nella penisola, incrociandoli e arrivando ad analoghe conclusioni della suddetta ricerca diffusa dalla Società di medicina ambientale. Gli esiti restituiscono una serie di coincidenze che, seppur in mancanza di dati medici, chiarirebbero un legame proporzionale tra l'aggressività del Covid-19 e l'esposizione alle polveri sottili.
“In tutte le città e province con un tasso di contagio più alto, grosso modo tutte in Lombardia ed Emilia-Romagna – spiega Venuto – i dati sulle concentrazioni delle polveri sottili a febbraio segnavano picchi molto alti, in una coincidenza temporale evidente tra l'esposizione agli inquinanti e l'inizio del contagio contando il tempo di incubazione del virus. Il caso della provincia di Sondrio, ad esempio, risulta utile per capire nel confronto con il resto della regione d'appartenenza”.
“In questa provincia – continua – dove non si sono registrati sforamenti rilevanti degli agenti inquinanti, il tasso di contagio risulta essere di 4-5 più basso rispetto ad altre realtà lombarde. Si aggiunga che Sondrio conta inoltre su un fattore orografico che ne limiterebbe l'esposizione all'inquinamento”.

A un fattore immediato di correlazione, secondo la ricerca di Venuto, se ne aggiungerebbe però un altro di lungo termine. “Sulla base di uno studio di Legambiente, emerge un quadro in cui le città più inquinate sono anche quelle più colpite dal virus. Come ribadito dalle autorità sanitarie rispetto ai fumatori, che avrebbero più possibilità di finire in terapia intensiva, così tale discorso vale anche per chi è rimasto esposto per un tempo maggiore allo smog. Emerge l'evidenza, infatti, che questa esposizione prolungata agli inquinanti potrebbe aver influito sull'aggressività del virus”.

L'esempio più significativo? La Val Seriana, realtà da cui giungono quotidianamente le immagini e le notizie più inquietanti di una situazione da guerra, con centinaia di morti e cimiteri sovraccarichi. “Il caso di questa valle mostra una tendenza alla diffusione del virus accentuata dal fattore orografico – continua – la Val Seriana, così come altre valli, tra cui quella dell'Adige, è caratterizzata dalle brezze di valle e di monte che soffiano nelle due direzioni una di giorno e l'altra di notte, trasportando il particolato. A differenza della valle trentina, che è larga, con molte laterali, e conseguentemente meno inquinata vista la dispersione, quella che parte da Bergamo ha contato su un 'aspetto imbuto'”.
“La Val Seriana parte dalla pianura di Bergamo, dove ci sono industrie, autostrade, una delle zone più inquinate d'Italia. È una valle stretta e lunga. Si innesta un ciclo di venti che di giorno porta l'aria dal fondovalle in su, mentre di notte soffia in senso contrario. Il confronto dati tra gli inquinanti e le polveri sottili a Bergamo e a Nembo, Comune di 11mila abitanti a metà della valle, mostra come in quest'ultimo ci siano concentrazioni più alte durante il giorno di quante non ce siano nel fondovalle. Il vento trasporta l'inquinamento, amplificando la diffusione del virus”.

E il Trentino? Se davvero ci fosse la correlazione tra inquinamento e diffusione del virus, Trento e Bolzano potrebbero tirare un parziale sospiro di sollievo. “Parlando del Trentino entro più sul piano delle opinioni personali – prosegue Venuto – visto che non mi sento di dire che qui l'inquinamento abbia contribuito più di tanto. Gli sforamenti dei livelli massimi di polveri sottili nei due capoluoghi regionali non sono paragonabili alle realtà dove c'è il maggior numero di contagiati, e semmai direi che i fattori che possono aver influito di più sono la vicinanza con la Lombardia e la chiusura tardiva degli impianti sciistici".
"Per quanto riguarda la contagiosità, nella provincia di Bergamo, la più colpita, è in media di 1 ogni 190, con realtà come la Val Seriana dove si parla di 1 ogni qualche decina. In Val d'Aosta c'è un rapporto di 1 ogni 401 abitanti, ma in questo caso se vediamo il rapporto con la Lombardia, possiamo dire che la prima a livello statistico dica poco di significativo. Gli abitanti sono 120mila in tutta la regione. Io non sono un medico – conclude – ma un ingegnere ambientale, e lavoro con i numeri. Questi possono dire molto, e le coincidenze sembrano essere talmente tante, che legare l'inquinamento al Coronavirus appare sempre più chiaro”.