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Coronavirus, ecco chi resta asintomatico e chi sviluppa i sintomi: lo studio di Fbk sulle caratteristiche delle persone

I ricercatori della Fondazione Bruno Kessler hanno condotto una ricerca che calcola la probabilità di sviluppare sintomi in seguito all'infezione di Sars-Cov-2. Le probabilità di sviluppare sintomi (e di svilupparli in forma importante) cresce con l'aumentare dell'età. Sotto i 60 anni gli asintomatici superano i sintomatici. Ecco tutti i dati

Di Arianna Viesi - 19 giugno 2020 - 13:04

TRENTO. I ricercatori della Fondazione Bruno Kessler di Trento, in collaborazione con istituzioni sanitarie lombarde e atenei milanesi e statunitensi, hanno condotto un'indagine che cerca di comprendere aspetti (non ancora, o solo in parte, sondati) del Covid-19.

 

Lo studio, che presto verrà pubblicato su rivista scientifica (ora disponibile online nell'archivio arXiv: QUI), è stato condotto su un campione di 4.326 persone, risultate positive al Covid  (testate per presenza di Sars-Cov-2 con tampone o per presenza di anticorpi con indagine sierologica) in Lombardia. I ricercatori hanno cercato di calcolare quale sia la probabilità di sviluppare sintomi, più o meno gravi, dopo aver contratto l'infezione. Ne è emerso un quadro preciso che tratteggia quello che è stato, quello che è e, molto probabilmente, quel che sarà.

 

Il dato più sorprendente, emerso dall'analisi di Fbk, riguarda gli asintomatici. Come s'è detto, da più parti, nel corso degli ultimi mesi, le persone positive che non sviluppano sintomi (ma che, potenzialmente, possono contagiarne altre) sono un nodo non trascurabile nel tentativo di contenimento della pandemia: individuarle e, quindi, isolarle è fondamentale.

 

È emerso, infatti, che il 69,1% di tutti i soggetti con meno di 60 anni non ha sviluppato alcun sintomo clinico (vale a dire: non ha avuto sintomi respiratori o febbre superiore ai 37,5 gradi). I soggetti asintomatici, nella fascia d'età presa in considerazione, superano insomma i sintomatici, con tutto ciò che questo comporta in termini di contenimento della diffusione del contagio. 

 

Sopra i 60 anni, il 6,9% del campione selezionato ha avuto sintomi critici, tali da richiederne il ricovero nei reparti di terapia intensiva o da poterne causare il decesso. In generale, il rischio di sviluppare sintomi (e di svilupparli in maniera acuta) cresce con l'aumentare dell'età. Uomini e donne, invece, apparentemente hanno le stesse probabilità di sviluppare sintomi, anche se, dall'indagine, è emerso come in quest'ultime sia molto inferiore (del 53,5%) il rischio di sviluppare sintomi gravi. 

 

 

L'indagine condotta dai ricercatori della Fondazione Bruno Kessler, coordinati da Stefano Merler, epidemiologo Fbk e autore dello studio, è molto importante poiché evidenzia, in maniera chiara, la percentuale degli infetti sintomatici e degli infetti asintomatici nelle diverse fasce d'età. Già s'è detto come quasi 7 positivi su 10, sotto i 60 anni, non presentino alcun sintomo. Bene, questa percentuale aumenta ancora nei soggetti sotto i 20 anni: in questa fascia d'età l'81,4% dei casi appare senza sintomi clinici, nonostante abbia contratto l'infezione. Al contrario, sopra gli 80 anni, solo il 33,1% degli individui non presenta sintomi.

 

 

"Questo lavoro - spiega Merler - ci permette di dimostrare chiaramente le difficoltà di individuare le infezioni con la sorveglianza, visto che la maggioranza di queste non sono associate a sintomi respiratori o febbre. L’indagine rappresenta inoltre un utile tassello per capire meglio il ruolo dei bambini nell’epidemiologia di Covid-19, cosa su cui si sa obiettivamente ancora poco". 

 

"È noto a tutti - continua - che sono stati identificati pochi bambini positivi durante la pandemia ma questo studio permette di distinguere il contributo di una possibile minor suscettibilità all’infezione dei bambini, che avevamo identificato in un precedente studio condotto in Cina, rispetto appunto alla probabilità di sviluppare sintomi clinici una volta infetti".

 

"Si aprono infine - conclude l'epidemiologo - altre interessanti questioni di ricerca. Abbiamo stimato la probabilità di sviluppo di malattia critica a seguito dell’infezione, trovando che è particolarmente alta nelle fasce di età più anziane (il 18,6% negli infetti con più di 80 anni), e questo ce lo aspettavamo. Ma abbiamo anche visto che le donne hanno un rischio minore e il perché, anche in attesa di altri studi che confermino questi risultati, resta ancora tutto da chiarire".

 

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