Concetti e idee, mappe e spazi, l'Università di Trento spiega il funzionamento del ''Gps'' del cervello
All’Università di Trento un gruppo del CIMeC ha scoperto che il cervello usa le stesse aree e gli stessi schemi per orientarsi nello spazio fisico e in quello delle idee. Lo studio, che per la prima volta dà evidenza empirica all’uso di mappe spaziali simili per i luoghi e per i concetti, è stato pubblicato dalla rivista “Journal of Neuroscience”

TRENTO. Il cervello umano per orientarsi tra i concetti usa gli stessi metodi che vengono utilizzati per muoversi tra le stanze di una casa e tra le vie di una città. E' come se si "riciclasse" ciò che si fa per muoversi all'interno di uno spazio fisico anche per navigare nel mondo delle idee.
"Per la prima volta abbiamo verificato empiricamente questa ipotesi", sottolineano Manuela Piazza e Simone Viganò, rispettivamente professoressa e ricercatore post-doc del Centro interdipartimentale mente/cervello dell’Università di Trento, i quali hanno scritto l’articolo pubblicato nei giorni scorsi sulla rivista "Journal of Neuroscience" (Qui link).
Il riscontro sperimentale, a quella che era solo un’ipotesi avanzata da molti, come il premio Nobel Edvard I. Moser, arriva dai laboratori dell’Università di Trento, dove un gruppo del CIMeC Centro interdipartimentale mente/cervello è riuscito a dare evidenza all’analogia tra movimento fisico e astratto.
"Questi risultati – commentano Piazza e Viganò – dimostrano che il cervello umano ricicla gli stessi codici neurali ottimizzati durante la sua lunga storia evolutiva per navigare nello spazio fisico, per organizzare, sotto forma di mappe concettuali spaziali, le proprie memorie, e navigare, letteralmente, nello spazio delle idee. Possono inoltre spiegare l'efficacia, nota fin dai tempi antichi, dell'utilizzo di supporti spaziali (quali la tecnica dei loci o le moderne mappe concettuali) per imparare e ricordare con facilità».
Una scoperta che spiega anche l’efficacia delle tecniche mnemoniche, come quella dei loci e le mappe concettuali, utilizzate per imparare e consolidare in memoria nomi, date, eventi. Il parallelismo tra quanto accade nel mondo fisico e in quello delle idee apre, tra l’altro, un’ulteriore chiave per interpretare il decadimento fisico (con la difficoltà a orientarsi anche in casa) e cognitivo (con i problemi di memoria) che caratterizzano le persone malate di Alzheimer, che presentano un’atrofizzazione delle aree neuronali deputate ad entrambe le funzioni.
L’esperimento è stato svolto nei laboratori di Neuroimmagini funzionali del Centro interdipartimentale mente/cervello dell’Università di Trento. Il team di ricerca ha chiesto a un gruppo di partecipanti di imparare a riconoscere e nominare delle categorie di nuovi oggetti, mai visti prima, diversi tra di loro per la combinazione di due caratteristiche, grandezza e frequenza di suono prodotto, costruendo così un nuovo spazio concettuale a due dimensioni.
Presentando in sequenza le diverse parole e i diversi oggetti appresi e misurando l’attività neurale attraverso la risonanza magnetica funzionale si è scoperto che le stesse aree cerebrali coinvolte nella navigazione nello spazio si attivano anche durante l’elaborazione dei nuovi concetti. In particolare, queste aree individuano le caratteristiche necessarie (direzione e distanza) per ricostruire fedelmente il "percorso" effettuato dal pensiero nel passare da un concetto all'altro.
"Per orientarci efficacemente nello spazio – concludono Piazza e Viganò – dobbiamo ricordarci dove si trovano oggetti e punti di riferimento, quanto distano tra di loro, e in quale direzione dobbiamo spostarci per raggiungerli. Questa capacità si basa sul funzionamento di alcune cellule cerebrali (neuroni, localizzate nella regione ippocampale e nella corteccia mediale prefrontale), che si attivano quando ci troviamo in specifiche posizioni o ci muoviamo in determinate direzioni come una sorte di “Gps del cervello”. Questo stesso Gps ci aiuta anche ad organizzare memorie complesse e concetti".