L'energia del futuro arriva dal sole. L'Università di Trento chiede il sostegno dei cittadini e lancia la campagna 5X1000
Si chiama “Solo Sole” il nuovo progetto green del Dipartimento di Fisica scelto dal Senato accademico per essere sostenuto con la campagna 5 per mille del 2019. Sempre nell'ambito della ricerca è arrivata un'ulteriore maxi donazione da un' imprenditore milanese Gino Del Bon. Servirà per alimentare un'altra ricerca del tutto nuova, dedicata a trovare una cura ad una malattia rara: la sindrome di Cornelia de Lange

TRENTO. Non si ferma nemmeno un attimo il lavoro di ricerca dell'Università di Trento. Si chiama “Solo Sole” il nuovo progetto green del Dipartimento di Fisica scelto dal Senato accademico per essere sostenuto con la campagna 5 per mille del 2019.
Da ormai alcuni anni l'Università presenta il progetto che verrà sostenuto con i proventi raccolti con il 5 per mille dei cittadini. Fino ad ora i progetti erano stati sempre nel campo biomedico ma quest'anno, invece, si è scelto di puntare sul green.
Il progetto del Dipartimento di Fisica punta dritto al cuore dei tanti problemi economici, sociali e ambientali che affliggono il nostro Pianeta. E propone di risolverli con l’aiuto di un unico grande motore di cambiamento: l’energia. Non quella prodotta dai tradizionali combustibili, ma quella che viene dal sole e che, con l’aiuto di tanta scienza e tecnologia e copiando un po’ dalla natura potremmo un giorno utilizzare per alimentare qualsiasi attività umana.
“Il Sole – ha spiegato il professore Paolo Tosi nel laboratorio al Dipartimento di Fisica - produce ogni giorno 10mila volte l’energia che ci serve sulla Terra per vivere, produrre e consumare, spostarci, riscaldarci, comunicare. Come fonte di energia è altamente democratica: è disponibile a tutti senza bisogno di essere distribuita. Ma è intermittente, quindi il suo utilizzo è limitato”.
Una soluzione innovativa potrebbe arrivare dall’osservazione della natura. Durante un temporale, il fulmine attraversa l’atmosfera e con la forza della sua scarica elettrica dissocia l’ossigeno e lo trasforma in ozono. Allo stesso modo, si può usare l’energia elettrica rinnovabile per produrre una scarica nell’anidride carbonica (CO₂) miscelata ad altri gas. Questa scarica dissocia la CO₂ e produce composti chimici e combustibili: gli stessi generati da fonti fossili. A differenza di questi, però, quelli prodotti riciclando CO₂ consentono di chiudere il ciclo del carbonio azzerando le nuove emissioni. Inoltre sono pronti per essere immagazzinati e distribuiti in modo efficiente e in grandi quantità. Questa idea, copiata dalla natura, permette di aggirare la produzione di idrogeno e convertire direttamente l’energia del sole (o di altre fonti rinnovabili come vento e acqua) in idrocarburi. Quindi, in energia per le nostre case e per le fabbriche, e in moltissimi beni di consumo.
Il primo passo per rendere economicamente più conveniente questo approccio è lavorare sul processo di dissociazione della CO₂ per renderlo ancora più efficiente. “Finora osservare il fenomeno di dissociazione durante l’esperimento in laboratorio è stato come guardare in una scatola nera. Impossibile misurare quanta CO₂ sia stata dissociata nella scarica”, spiega Paolo Tosi. “Ma grazie a una tecnica innovativa di spettroscopia laser di nostra invenzione le cose sono cambiate. Questa tecnica diagnostica si basa sull’uso di uno stato quantistico come sensore. Proprio come un 'agente sotto copertura', la molecola 'sensore' è sensibile all’ambiente circostante, ne capta tutte le informazioni utili. Osservando questa molecola, otteniamo informazioni indirette sul fenomeno di dissociazione che sta avvenendo all’interno. Lo possiamo misurare. È come se dell’evento girassimo un video a fotogrammi super ravvicinati, con altissima definizione”.

Le scoperte portate avanti dal gruppo guidato dal professor Tosi non sono però finite qui. “Siamo riusciti a lavorare sulla durata delle scariche elettriche - spiega - raggiungendo impulsi di durata molto breve, circa 10 miliardesimi di secondo. Sono scariche brevi, molto più efficienti perché potenti. Questo dimostra che la tecnologia funziona. È possibile e potrà essere presto molto conveniente trasformare l’energia del sole in idrocarburi attraverso la dissociazione della CO₂. Ora dobbiamo lavorare per ingegnerizzare questo processo affinché possa essere realizzabile anche fuori dai laboratori”.
La scommessa è dunque di portare questa tecnologia fuori dai laboratori per metterla a servizio del sistema economico e produttivo. Ovviamente questo processo non è semplice ed è per questo che è quanto mai fondamentale l'aiuto di tutti i cittadini che credono nella ricerca.
Sempre nell'ambito della ricerca l'Università di Trento ha annunciato oggi un'ulteriore maxi donazione da 336 mila euro, arrivata tramite l’imprenditore milanese Gino Del Bon. L’importo, già in parte erogato all’Ateneo, servirà per alimentare un'altra linea di ricerca del tutto nuova, dedicata invece a trovare una cura ad una malattia rara: la sindrome di Cornelia de Lange.

"Si tratta di una malattia dello sviluppo – chiarisce Alessandro Quattrone, direttore del Dipartimento Cibio – causata, nella metà dei casi, da mutazioni inattivante del gene NIPBL, i cui effetti si manifestano sotto forma di forte ritardo della crescita, anomalie fisiche, problemi cognitivi e difetti funzionali in diversi organi». La linea di ricerca su questa sindrome è già stata avviata e prevede il finanziamento per tre anni di due nuove posizioni di ricerca (una senior e una junior).