Chiudere le scuole per evitare la diffusione dell'influenza. Lo studio di Fbk assieme ad università e centri di ricerca internazionali
Una ricerca condotta su 450 individui a Tomsk (Russia) ha rivelato come le interruzioni delle attività scolastiche incidano nella limitazione dei casi influenzali

TRENTO. Scuola chiusa contro l'epidemia di influenza. Questo uno dei risultati della ricerca condotta su 450 individui a Tomsk (Russia) che ha rivelato come le interruzioni delle attività scolastiche incidano nella limitazione dei casi influenzali.
La Russia è uno dei pochi paesi al mondo in cui si applicano politiche di chiusura scolastica in risposta alla diffusione dei virus influenzali. Questo ha portato gli studiosi di cinque università e centri di ricerca internazionali, tra cui la Fondazione Bruno Kessler di Trento, a condurre uno studio che ha messo in evidenza un dato estremamente rilevante.
Quando le scuole sono chiuse, è stato spiegato, il numero dei contatti si riduce del 41%. Di conseguenza, attraverso simulazioni al computer, si stima che se non fossero state attuate queste politiche di chiusura scolastica, i casi di influenza sarebbero aumentati del 33%.
“Quello che avviene a Tomsk è un caso di studio straordinario nel vero senso della parola, – spiega Marco Ajelli, ricercatore dell’unità DPCS della FBK – sono infatti rarissimi i luoghi al mondo dove si applicano delle politiche di chiusura delle scuole per prevenire la diffusione dei virus influenzali”.
Attraverso un sistema di controllo e segnalazione, gli insegnanti delle scuole avviano un processo che permette di decidere sulla chiusura o meno delle singole classi o degli interi istituti: “Innanzitutto – continua l’autore del paper pubblicato sulla rivista scientifica statunitense PNAS – a chi manifesta anche solo i sintomi non è permesso l’accesso nell’area scolastica. Poi, quando uno studente è assente da scuola durante la stagione influenzale, l’insegnante verifica con i rispettivi genitori se la mancanza è collegata all’epidemia. Se la percentuale che ricade in questi casi supera il 20% ne consegue la chiusura della singola classe o della scuola intera”.
Per comprendere quali ricadute ci potrebbero essere nel caso in cui non si applicasse questa strategia, i ricercatori hanno misurato – nella stagione influenzale 2015/2016 – la rete di contatti di un campione di 450 individui, in particolare di studenti e relativi genitori.
Il dato ottenuto evidenzia che nel momento in cui la politica di chiusura scolastica viene applicata, la riduzione delle relazioni in presenza fisica, quindi di persone che hanno scambiato almeno una minima conversazione, è drastica tra gli studenti (oltre il 50%) ma diminuisce anche tra i genitori lavoratori (oltre il 20%), spesso costretti a casa per assistere i figli.
In una fase successiva i ricercatori hanno unito questi dati raccolti sul campo con quelli forniti dalle strutture sanitarie locali sulla diffusione di sintomi parainfluenzali e quelli delle chiusure scolastiche offerte dai vari istituti per eseguire delle simulazioni al computer della diffusione dell’influenza. “La solidità dei dati raccolti e i modelli computazionali che ne sono derivati – conclude Ajelli – ci hanno offerto evidenze empiriche sull’efficacia di questo tipo di politiche per la prevenzione nella diffusione delle epidemie influenzali e pongono le basi per studi futuri che ne possano migliorare ulteriormente l’efficienza e i relativi costi di sistema, in questo come in altri territori”.