Combattere i tumori con la fusione nucleare ''pulita''? Ora si può con i boro-protoni
Il bombardamento con particelle alfa di bassa energia – che fungono da proiettili con massa quattro volte maggiore dei normali protoni – hanno generato un aumento del 30% della mortalità delle cellule tumorali. I risultati di questa importante ricerca alla quale partecipa anche l'Fbk sono stati pubblicati su Scientific Reports

TRENTO. Danneggiare e in alcuni casi distruggere il Dna delle cellule tumorali preservando, allo stesso tempo i tessuti sani: si può fare. Come? Con la nuova tecnica di bombardamento Proton Boron Capture Therapy frutto di un'importante ricerca condotta dalla Fondazione Bruno Kessler i cui risultati sono stati pubblicati in questi giorni sulla prestigiosa rivista Scientific Reports.
La nuova tecnica, chiamata Pbct (Proton Boron Capture Therapy), prevede la somministrazione di una soluzione contenente molecole costituite da nuclei di boro-11 (isotopo principale del boro) a una massa tumorale. Successivamente, quest’ultima è trattata con fasci di protoni – i cui livelli di energia e dose sono tipici della protonterapia classica – che innescano la fusione generando particelle alfa (nuclei di elio). Una volta prodotte, le particelle alfa si arrestano quasi istantaneamente all’interno delle cellule, rilasciando tutta la loro energia e provocando il danneggiamento e in alcuni casi la distruzione del Dna delle cellule tumorali, preservando allo stesso tempo i tessuti sani.
I risultati, pubblicati sulla rivista Scientific Reports, dimostrano che il bombardamento con particelle alfa di bassa energia (circa 4 megaelettronvolt) – che fungono da proiettili con massa quattro volte maggiore dei normali protoni – hanno generato un aumento del 30% della mortalità delle cellule tumorali.
"Il principio alla base di questi esperimenti - spiega Antonio Picciotto uno degli autori dell'articolo e ricercatore Fbk della divisione Micro-Nano Facility - è stato quello di trasferire un’idea che qualche anno fa abbiamo realizzato con i colleghi dell’istituto Eli di Praga nell’ambito delle ricerche sulla fusione laser pulita, applicandola al campo pre clinico della protonterapia. La nostra speranza è che questo nuovo approccio, unito alle proprietà balistiche della terapia con protoni standard, possa essere utilizzato nel prossimo futuro per aumentare gli effetti radiobiologici dell’irraggiamento su tumori particolarmente resistenti e aggressivi. Con effetti senz’altro positivi per la salute dei pazienti".
E non è un mistero che proprio a Trento si trovi uno dei centri di protonterapia più avanzati d'Europa. Un struttura da 90 milioni di euro che in tre anni ha curato 316 persone e che ha un'attività di ricerca all'avanguardia. Forse combinando le scoperte fatte a Povo con le capacità e potenzialità che si trovano nel centro a Trento Sud si potrebbero aprire scenari davvero interessanti.
La nuova tecnica è frutto di studi e analisi condotte dalla divisione Mnf (Micro-Nano Facility) del Cmm di Fbk (che è in prima linea nell’ambito delle ricerche sullo sviluppo di materiali avanzati prodotti nella clean room della Fondazione Kessler per applicazioni della fusione nucleare pulita assistita da laser) in collaborazione con enti di ricerca nazionali ed europei come i Laboratori Nazionali del Sud dell’Infn di Catania (dove sono stati eseguiti i trattamenti), l’istituto Eli (Extreme Light Infrastructure) di Praga, l’università Federico II di Napoli e altri.