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Sulla via ferrata con il bimbo in braccio e senza attrezzatura (VIDEO). Il soccorso alpino: "Se si è impreparati tornare indietro è buon senso", la Sat: "Non è giustificabile"

Una mamma accompagna la figlia sulla via ferrata, altri video ritraggono un papà con il piccolo in braccio: per entrambi i casi si nota la totale assenza di attrezzatura mente si affronta un tratto attrezzato. Il presidente del soccorso alpino: "Talvolta presi purtroppo per un servizio taxi". Il numero uno della Sat: "Ci sono ancora alcuni escursionisti che non valutano attentamente l'uscita perché magari si sentono più in dovere di raggiungere una destinazione per avere una foto che per apprezzare l'itinerario"

Di Luca Andreazza - 07 luglio 2024 - 06:01

TRENTO. Passo incerto e un po' di paura con la mamma che accompagna la figlia sulla via ferrata. Altre immagini ritraggono un padre con il piccolo in braccio. Siamo sulla Bepi Zac. Balza all'occhio l'assenza di qualunque protezione: dai moschettoni al caschetto. Un inizio di stagione caratterizzato da numerosi interventi per escursionisti impreparati tra scarpe da ginnastica e persone bloccate dalla neve. Questo nonostante i svariati appelli tanto a preparare una gita quanto a una maggiore prudenza possibile.

Fortunatamente non è successo nulla ma è la fotografia di una fruizione della montagna sempre più preoccupante. "C'è sempre di più, purtroppo, un atteggiamento a sottovalutare il rischio", le parole a il Dolomiti di Walter Cainelli, presidente del Soccorso alpino trentino. "Ribadiamo però ancora una volta l'importanza a valutare bene un'attività: consultare le previsioni meteo, avere l'attrezzatura per far fronte a un imprevisto e capire il livello di preparazione: non si deve avere paura o provare vergogna a rinunciare e tornare indietro, si tratta di semplice buon senso".

 

Piccolo o grande, un intervento dei soccorritori è sempre complesso per la catena di squadre che vengono allertate, molto spesso volontari, come le unità del soccorso alpino, che lasciano il lavoro o la famiglia per rispondere alle chiamate del Numero unico delle emergenze e si mettono in gioco in prima persona.

 

"Naturalmente siamo addestrati e formati per mantenere alta la concentrazione perché c'è la consapevolezza che ogni intervento, anche quello che sembra più semplice, è delicato", prosegue Cainelli. "L'incolumità di un operatore è sempre prioritaria". E bisogna poi valutare che un'unità in quel momento attiva per un intervento, magari di routine, distoglie forze da incidenti che possono essere più gravi.

 

"Interventi non urgenti richiedono comunque attenzione e concentrazione, ma soprattutto possono rallentare altre operazioni. Se una squadra deve raggiungere alcune persone illese ma bloccate per aver preparato male l'escursione, non può essere allertata per quei soccorsi dove ogni secondo può essere decisivo. Inoltre si 'perde' momentaneamente un mezzo con la necessità di attivare le stazioni vicine. Insomma, cambia l'intera organizzazione ma c'è una modifica anche sulle tempistiche".

 

Ma in via generale genere quando si è tenuti a pagare per gli interventi in montagna? In Trentino le "Prestazioni di elisoccorso" in caso di ricovero, coincidono più o meno con il costo del normale ticket, cioè 36,15 euro. Per le prestazioni chieste da persone che si trovano in grave pericolo per ambiente ostile ma incolumi (per esempio un escursionista bloccato in parete), per le quali il medico intervenuto non abbia disposto l’invio immediato a un pronto soccorso ospedaliero c’è da pagare una quota di 750 euro

 

Poi per le prestazioni totalmente inappropriate sotto il profilo sanitario (procurato allarme): qualora venga individuato l’autore della richiesta, questi è tenuto a corrispondere l’intero costo dell’intervento che si calcola in base a un rapporto euro/minuto di volo che varia fra 98 e 140 euro in base all’elicottero utilizzato. In questi casi rientrano anche quelli in cui gli escursionisti si avventurano in montagna senza l’attrezzatura adeguata

 

"Purtroppo talvolta sembra di svolgere un servizio taxi", evidenzia il presidente del Soccorso alpino del Trentino. "Sempre più spesso le persone sbagliano a valutare i tempi di percorrenza e restano bloccati perché trovano la seggiovia chiusa. Invece di scendere a piedi, qualche escursionista preferisce allertare il Numero unico per le emergenze".

 

A parlare di comunicazione e informazione la Società Alpinisti Tridentini. Un problema sempre più frequente è legato ai social. "Ci sono ancora alcuni escursionisti che non valutano attentamente l'uscita perché magari si sentono più in dovere di raggiungere una destinazione per avere una foto che per apprezzare l'itinerario", spiega Cristian Ferrari, presidente della Sat. "Non si preoccupano del percorso tra il punto di partenza e quello di arrivo. Così si trovano sorpresi e impreparati davanti a un passaggio attrezzato; non si presta più attenzione ai cartelli o alla segnaletica o forse non sanno nemmeno interpretare le indicazioni come quelle dei sentieri attrezzati". 

 

E come nel caso dei video, le persone attraversano "tratti più complicati senza attrezzatura", evidenzia Ferrari. "Non si può giustificare un rischio di questo tipo ma non si può nemmeno colpevolizzare, bisogna capire il contesto per cui si arriva in quelle condizioni. Queste situazioni devono stimolare tutti a compiere, se possibile, un ulteriore passo in avanti sulle informazioni, anche questo è quello spirito di solidarietà in montagna che si affievolisce con l'aumento degli escursionisti impreparati che frequentano le terre alte". 

 

Il consiglio è "di tornare indietro se c'è un imprevisto o si è sbagliato a pianificare l'escursione: la consapevolezza dei propri limiti è una qualità, soprattutto in ambiente alpinistico", conclude Ferrari.

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