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"L'acqua per la doccia si scalda con la stufa e per 'comunicare' serve la radio", dall’Italia alla Patagonia, storia di Cecilia Mariani: "Così ho deciso di gestire un rifugio"

"Le montagne sono incredibili ma la gente che ci vive lo è ancora di più". Dall’Italia alla Patagonia, una nuova avventura per l'accompagnatrice di media montagna Cecilia Mariani (che per diversi anni ha vissuto in Trentino): "Siamo stanchi, stanchi come non lo eravamo da tanto tempo, ma anche felici di essere qui. Basta uno sguardo fuori dalla finestra per sognare"

Di Sara De Pascale - 19 novembre 2024 - 20:21

EL CHALTÉ​N (ARGENTINA). "Abbiamo lavorato duramente per riportare in vita questo posto dopo il lungo letargo invernale. Abbiamo strofinato, spazzato, lavato per giorni, rimesso le provviste in cucina e preparato le stanze per i nostri ospiti. Ogni persona che entra in rifugio ci dice che siamo fortunati a chiamare questo posto casa, e lo siamo davvero, ma c'è di più. Gestire un rifugio del genere è difficile. C'è sempre qualcosa da fare". 

"Siamo stanchi, stanchi come non lo eravamo da tanto tempo, ma anche felici di essere qui. Basta uno sguardo fuori dalla finestra per sognare". Cecilia Mariani, originaria di Vimercate ma che per anni ha vissuto a Pergine Valsugana, di voglia di rimboccarsi le maniche e di vivere nuove avventure (con tutte le difficoltà del caso) ne ha da vendere. Da qualche settimana ha cominciato a chiamare "casa" il rifugio Puesto Cagliero, che sorge a 800 metri di quota nella Patagonia argentina a 20 chilometri a nord di El Chaltén, all'interno della Reserva Natural Los Huemules.

 

"Accogliamo gruppi indipendenti o con guide locali per pranzo, pernotto o semplici visite - esordisce l'accompagnatrice di media montagna, intervistata da Il Dolomiti -. La struttura dispone di 19 posti letto in totale e si trova vicino a un grande lago (Laguna del Diablo) a 800 metri di quota, che però qui sono molto diversi agli 800 metri delle Alpi - tiene a sottolineare -. Qui, fuori dalla finestra, c’è un ghiacciaio e le cime che ci circondano sono innevate".

 

La struttura è raggiungibile "in circa mezz’ora di macchina dal paese e poi attraverso un percorso di 2 o 3 ore di camminata. Siamo in tre a lavorare qui e abbiamo iniziato la stagione il primo novembre - prosegue Mariani -. Facciamo tutto noi: cuciniamo, sistemiamo le camere e serviamo i clienti. Ovviamente dormiamo in rifugio e scendiamo in paese soltanto nei giorni liberi. Una volta alla settimana arrivano i rifornimenti con il quad e le comunicazioni avvengono quasi esclusivamente via radio (c'è internet ma a volte non ci si può fare affidamento ndr)".

 

La 36enne è partita a fine ottobre 2024, "appena finita la stagione sulle Alpi, e mi fermerò fino a febbraio - fa sapere -. Il rifugio rimarrà aperto fino ad aprile ma io ne approfitterò per viaggiare un po' prima di tornare in Europa". La volontà di intraprendere la nuova avventura è nata lo scorso anno, nel corso di un viaggio in Patagonia 'da turista'.

 

"Mi sono innamorata di questa zona percorrendo alcuni dei trekking più famosi sul territorio - ammette -. Le montagne sono incredibili ma la gente che ci vive lo è ancora di più. Ho conosciuto parecchie persone e mi sono da subito trovata a mio agio, tanto da decidere di tornarci e restare per tutta la stagione. L'inverno per me è bassa stagiona e spesso decido di viaggiare in questo periodo. Era da un po’ che l’idea di lavorare in un rifugio mi stuzzicava, ho trovato quest’occasione e l’ho colta al volo".

 

"Come accompagnatrice di media montagna visito spesso i rifugi delle Alpi e per un periodo volevo provare a stare dall’altra parte, a fare il lavoro di chi accoglie me e i miei gruppi. Tra l'altro - confessa Mariani - mi sono sempre piaciute le sfide difficili".

 

Non a caso, la vita in rifugio si è mostrata proprio come la donna se l'aspettava: bella ma (davvero) dura: "Spesso quando si parla delle professioni di montagna la gente pensa che sia tutto un sogno. I miei clienti sulle Alpi mi dicono: 'Che bello, il tuo lavoro è la tua passione, ti pagano per stare in montagna'. Ora gli ospiti che passano per il rifugio mi dicono: 'Come sei fortunata a vivere qui per tutta la stagione, guarda che posto meraviglioso'. Tutto vero, ma c’è molto di più".

"Quando accompagno le persone in quota c’è tutto un lavoro che i clienti non vedono, di organizzazione e pianificazione dell’escursione che è molto faticoso e richiede parecchio tempo - spiega l'accompagnatrice di media montagna (e ora rifugista) -. E anche qui nel rifugio non è diverso. È vero, il panorama fuori dalla finestra è spettacolare, ma rimane quasi sempre fuori dalla finestra. Le giornate sono infinite e c’è sempre molto da fare: colazione, pranzo, merenda, cena e pulizia delle stanze. In più c’è da fare legna, perché il rifugio è riscaldato interamente con due stufe e anche l'acqua per la doccia si riscalda con la stufa. I vestiti si lavano a mano e le stoviglie anche". 

"La mia esperienza è appena iniziata e con i miei colleghi ci stiamo prendendo la mano ma non c’è molto tempo per altro che non sia il lavoro, e le montagne, pur essendo bellissime, per ora le guardo da qua. Ovviamente non voglio essere polemica e non mi voglio lamentare, ho scelto di venire qui e sono molto contenta, sto cercando di godermi al massimo l’esperienza, di imparare, di conoscere - conclude con entusiasmo -. -. Ho sempre pensato, però, che sia importante che la gente veda le cose per quello che sono, bellissime ma anche impegnative".

 

"Ci sono anche tante cose positive, ad esempio vedere che i clienti se ne vanno contenti di come hanno mangiato, di come si sono trovati. In più condividere un’esperienza del genere con i miei colleghi ci sta avvicinando molto. Ed è sempre bello condividere una cena e un bicchiere di vino a fine giornata, stanchi ma felici".

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