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Debutterà alle Olimpiadi ma è ancora vietato, lo scialpinismo è in crisi? "Difficile resistere così: i giovani non vogliono faticare e non ci sono tesserati"

Lo scialpinismo sembra in crisi dopo il boom registrato una decina di anni fa e la nuova crescita dopo Covid. Meglio il settore amatoriale, ma soffre quello agonistico tra mancanza di luoghi identitari e altri problemi che si trascinano da un po'. Il presidente dello sci club Brenta Team: "Nessuno ci aiuta"

Di Luca Andreazza - 18 dicembre 2024 - 05:01

TRENTO. L'onda dello scialpinismo è arrivata al capolinea? Questa disciplina, entrata nel calendario olimpico e pronta a debuttare a Milano-Cortina tra circa un anno, vive un momento contraddittorio sotto diversi punti di vista. Il settore amatoriale sembra reggere mentre soffre terribilmente quello agonistico, nonostante la presenza di diversi atleti di punta e grandi interpreti di questo sport che potrebbero ambire a qualche medaglia ai prossimi Giochi a cinque cerchi. 

 

Gli skialper, secondo gli ultimi dati dell'Osservatorio italiano del turismo montano - Skipass Modena, pesano per il 3% degli sport invernali. Una decina di anni fa lo scialpinismo è salito alla ribalta e sempre più persone si sono avvicinate a questo sport. E' seguita una fase di assestamento e poi una nuova risalita nel 2020 con gli impianti di risalita chiusi a causa dell'epidemia Covid. Sembrava il momento del definitivo salto di qualità ma qualcosa si è inceppato e c'è stata una decelerazione nella crescita: oggi si parla di crisi.

 

A giocare un ruolo fondamentale è, naturalmente, l'assenza della neve. Se gli sforzi sono enormi per aprire i comprensori sciistici che pure contano sull'innevamento programmato, i fuoripista diventano ancora più complicati. E qui si inserisce un limite, quasi paradossale, che è legato alla proposta che può sembrare ampia e quasi infinita ma che nei fatti non presenta dei luoghi identitari: comprensori per sci alpino e nordico oppure palaghiaccio per hockey e pattinaggio, per restare sugli sport invernali. E lo scialpinismo? Ovunque e da nessuna parte, almeno in Trentino.

 

C'è la zona di Bormio in Lombardia con l'idea Skimopark oppure l'esempio della piana del Gaver che è stata parzialmente riconvertita e c'è Montespluga, il primo avamposto d'Europa completamente dedicato agli scialpinisti. Nulla alle nostre latitudini (può essere una soluzione per la Panarotta?).

 

Sul monte Bondone ci sono, per esempio, dei tracciati preparati ad hoc ma quando arriva il momento dell'evento di scialpinismo si sale e si scende sulle piste del comprensorio. Insomma, in Trentino qui e lì si promuovono e si organizzano raduni, manifestazioni e notturne, appuntamenti anche molto partecipati, ma il giorno successivo si torna come prima.

 

Si entra anche nell'approccio allo scialpinismo, una filosofia. Lo skialper che non vuole sentire parlare (ancora meglio, non vedere) gli impianti. Il fuoripista richiede, spesso, quote elevate, conoscenza, preparazione e formazione. Una pratica consentita con l'obbligo di dotarsi di Artva, sonda e pala per agevolare i soccorsi in caso di valanghe.

 

Se si va in (alta) quota servono esperienza e spostamenti. La risalita delle piste con le pelli dei comprensori, attività leggermente più abbordabile per la battitura delle aree, è invece normalmente (e normativamente) vietata. Meglio, oggi le risalite possono essere ammesse solo previa autorizzazione del gestore dell'area sciabile attrezzata. Gli impiantisti, però, nicchiano.

 

E' qui che subentra, infatti, il discorso della responsabilità, le società impianti possono prevedere delle autorizzazioni sull'area sciabile attrezzata ma la prudenza è massima perché poi le incombenze (e soprattutto i problemi) ricadono sui gestori che in questa cornice giuridica non si sentono sufficientemente tutelati. E gli sciatori rischiano la multa.

 

Una disciplina, tanto affascinante quanto dispendiosa fisicamente, che comunque presenta dei costi, pure elevati, anche se non si acquistano gli skipass. La sensazione è che questo avvio di stagione sia complesso per gli scialpinisti. Ancora peggiore la situazione per il settore agonistico. Mancano giovani e tesserati, gli sci club sono in fortissima sofferenza.

 

"C'è stato un tracollo delle iscrizioni negli ultimi anni", dice Rino Pedergnana, presidente del Brenta Team, la società di scialpinismo punto di riferimento in Trentino e in Italia. "Non è solo una questione legata alla fruizione degli spazi ma anche di mentalità dei ragazzi: non c'è voglia di faticare o do partecipare alle attività agonistiche". 

 

I tesseramenti si sono dimezzati in poche stagioni invernali. "Le scarse precipitazioni sono un fattore e l'assenza di neve non invoglia a scoprire questo sport". Le gare non riscuotono più un grande interesse e l'accesso alle piste dei comprensori non è semplice. "In questi anni abbiamo avanzato proposte e abbiamo partecipato a numerosi incontri - prosegue Pedergnana - ma non si è mai sbloccato nulla, eppure non sarebbe difficile trovare soluzioni per regolare chiare che migliorano anche la sicurezza in generale. Non siamo aiutati e supportati, neppure dalla Fisi". C'è disillusione e amarezza. "Non so quanto si possa reggere in questa situazione di crisi", conclude Pedergnana.

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