Corona si racconta: ''Mio padre mandò in coma mia madre tre volte finché lei scappò. L'alcol? Provo a smettere. Ci sono riuscito per 5 anni. Ma purtroppo ci ricado''
Nelle librerie con il nuovo libro, Lunario Sentimentale, il noto scalatore si è raccontato in questi giorni a cuore aperto a più trasmissioni. Dai drammi familiari (a morte del fratello e poi della ragazza con la quale aveva appena avuto una bimba) al rapporto irrisolto con il padre: ''Oggi lo rivedo nelle mie mani e ogni tanto mi viene addirittura il nervoso di assomigliare in alcuni tratti a lui. Gli voglio bene ora che non c'è più ma non vorrei mai assomigliare a lui nemmeno per una macchiolina sulla mano''

ERTO. ''Smettere di bere? Ci sto provando, ci sono riuscito una volta per 5 anni. Poi sono ricaduto. La seconda volta ce l'ho fatta per 2 anni. Ma dall'alcol è difficile uscire. Lo puoi sospendere. Conosco amici che l'hanno sospeso fino alla fine della vita. Io purtroppo ci ricado. L'alcol è una vipera che ti morde e poi non ne esci più. Ma la colpa è mia. Nessuna giustificazione. Ora ho 74 anni, non so quanto mi resta. Vorrei viaggiare in discesa, non più in salita''. E' un Mauro Corona a cuore aperto quello che si è visto durante l'ultima puntata di Verissimo. D'altronde l'ha ripetuto più volte durante la trasmissione ''se Bianchina mi spinge alla polemica e tira fuori il peggio di me con te Silvia (Tofanin ndr) non riuscirei a rispondere male, riesci a tirare fuori la parte buona di me''.
Nato a Baselga di Piné il 9 agosto del 1950, Mauro Corona in questi giorni si è raccontato anche sulle pagine del Corriere della Sera. Figlio di Domenico "Meni" Corona e Lucia "Thia" Filippin, venditori ambulanti, dopo i primi tempi in Trentino si è poi trasferito con la famiglia a Erto, il paese d'origine della famiglia, nella valle del Vajont. Con il padre l'infanzia è stata difficile e turbolenta. La madre dopo il quarto figlio decide di andarsene. ''Mio padre mandò in coma mia madre tre volte - ha raccontato al Corriere -. Finché lei scappò di casa. Avevo 6 anni, mio fratello 5, l’ultimo nato quattro mesi. La rividi che ero tredicenne''.
E a Verissimo il racconto del rapporto con questo padre terribilmente ingombrante e violento continua partendo dalla fine, quando ormai anziano era diventato quasi indifeso: ''Un giorno con papà che era ormai anziano è scattato una specie di rimprovero brutale nei miei confronti. Perché tutte le risse le dispute, le violenze, complice anche il vino, non dobbiamo omettere questo particolare, sono finite. Era sempre stato un uomo forte, violento, rabbioso, feroce, e lassù in quel novembre che nevicava, si era andata a camosci, avevo visto che era un uomo ormai crollato. Ci siamo addormentati in una grotta mentre fuori nevicava. Ho sentito un sibilo ed era lui che dormiva e ho capito che era un uomo che si era arreso. Mi sono arreso anche io, ma ormai era tardi''.
''E oggi io rivedo mio padre nelle mie mani - prosegue - e ogni tanto mi viene addirittura il nervoso di assomigliare in alcuni tratti a lui. Le mani e gli occhi di mio padre che non erano sostenibili, non si poteva reggere lo sguardo, erano due pallotte che partivano. Un po' mi dà fastidio assomigliare a lui, non gli assomiglio nel carattere e nei modi, ma non voglio assomigliare a lui. Gli voglio bene ora che non c'è più ma non vorrei mai assomigliare a lui nemmeno per una macchiolina sulla mano''.
Tanti dolori nel passato di Corona: il fratello Felice che nel 1968 parte in cerca di lavoro per la Germania dove però muore annegato in una piscina. Poi un altro terribile lutto: la morte della ragazza con la quale aveva appena avuto la figlia Martina: ''E' morta a 20 anni di un tumore al cervello. Sono gli inciampi di una vita. Esistere significa anche subire queste cose perché non ci puoi fare niente. Io ero uno spiantato a quei tempi - prosegue su Canale5 -. Non un delinquente ma una testa calda. Affidai questa bambina ai miei genitori e l'hanno tirata su con grande amore e dolcezza. Hanno fatto un grande servizio a me ma nello stesso tempo erano felici anche loro di avere una compagnia negli ultimi anni. E devo dire che si sono riscattati in silenzio con me. Questo glielo devo. Hanno spianato il passato allevando una bambina orfana. Io non ero molto presente: era orfana di mamma e anche di padre in un certo senso. Difficile ricordare quei tempi perché avrei potuto agire meglio''.
I genitori, oggi sono morti, e Corona li ricorda comunque con affetto nonostante l'infanzia molto difficile: ''Ora che non ci sono più vorrei parlagli, accoccolati davanti al fuoco, con una bottiglia. Io conservo il dolore e il senso di colpa. Il consiglio è di fare la pace con i propri genitori perché quando se ne andranno si eviterà almeno il senso di colpa di non averli perdonati o di non essere stati perdonati''.
E i tanti libri, gli ha chiesto Silvia Toffanin, prodotti in questi anni? ''Ci sono molti motivi perché uno scrive. Tanti scrivono e sono tranquilli. Io ho scritto per uscire dall'inferno. Quando mi racconto una storia non penso alle mie disgrazie e sto un po' più benino. Le disgrazie mie personali le ho rette bene. Quando le disgrazie colpiscono ciò che un uomo ha più caro, i figli, quelle lo annientano. Però da queste disgrazie sono riuscito a migliorarmi perché un tempo ero aggressivo, sgomitavo, volevo i premi letterali, volevo emergere. Poi è successo questo turbine che mi ha levigato come fanno i venti patagonici fanno con la pietra. Ora i miei figli stanno bene e questo è tutto per me''.