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"Nella comicità di oggi sembra che qualcosa si sia inceppato": dalla 'Terra dei cachi' alla morte di Feiez fino all'affetto per Jannacci, Elio si racconta a il Dolomiti

Elio sarà protagonista il 20/11 al Teatro Zandonai con lo spettacolo "Quando un musicista ride" in cui esplorerà e reinventerà quel repertorio "seriamente comico" che attorno al 1960 ha percorso canzone, teatro e cabaret italiani. Elio: "Sono tutti pezzi e artisti a cui sono legato affettivamente e che, quando li osservavo allora, non pensavo rappresentassero qualcosa di così unico"

Foto Laila Pozzo
Foto Laila Pozzo
Di Federico Oselini - 18 novembre 2024 - 20:56

ROVERETO. Da ieri a oggi, dalla Milano degli anni Sessanta e Settanta all'affetto per Enzo Jannacci e al successo di Elio e le Storie Tese al Festival di Sanremo con "La terra dei cachi" del 1996. Passando per una riflessione sull'evoluzione della comicità e toccando "il momento della mia carriera che più mi ha segnato".

 

È un Elio a 360 gradi quello che si racconta a il Dolomiti a due giorni dallo spettacolo "Quando un musicista ride", che lo vedrà protagonista mercoledì 20/11 (20.30) al Teatro Zandonai di Rovereto e in cui, assieme alla sua band di "giovanissimi virtuosi", guidato dalla regia di Giorgio Gallione, esplorerà e reinventerà quell'immenso repertorio "seriamente comico" che, principalmente attorno al 1960, ha percorso canzone, teatro e cabaret italiani, con particolare attenzione a quel "microcosmo" milanese che ruotava attorno allo storico locale "Derby", vero incubatore di novità e tentativi di rottura.

 

"Si tratta di uno spettacolo che si innesta sul mio percorso che parte da 'Il Grigio' dedicato a Giorgio Gaber – inizia a raccontare Elio – e che prosegue con la mia voglia di portare poi in scena Enzo Jannacci con 'Ci vuole orecchio' su , un artista a cui sono sempre stato molto legato dal punto di vista affettivo, dal momento che era compagno di classe di mio padre e ho ascoltato le sue canzoni fin da quando ero piccolino, crescendo con lui".

 

E da qui, la voglia di seguire un fil rouge che porta direttamente ad artisti come Dario Fo, Giorgio Gaber, lo stesso Enzo Jannacci e Cochi e Renato ma anche, tra gli altri, I Gufi e Felice Andreasi: una generazione che ha sorpreso e divertito tutti, dagli sperimentalisti al grande pubblico, reinventando un genere musicale ricco di stravaganti e divertenti canzoni scanzonate.

 

"Abbiamo pensato di realizzare una continuazione allargando il cerchio a quel mondo milanese dalle caratteristiche uniche – spiega Elio – e sono tutti artisti a cui sono legato affettivamente e che, quando li osservavo allora, non pensavo rappresentassero qualcosa di unico mentre ora, guardando indietro, non trovo nulla che assomigli a quel contesto. È stata un'eccezione nel vero senso della parola: riascoltando oggi quei brani, sia cantati che recitati, appaiono come qualcosa di nuovo e futuristico".

 

Sull'onda di questa riflessione, chiediamo a Elio quali sensazioni provi a proporre al pubblico odierno quel tipo di comicità: "Ho sempre avuto il gusto per le imprese (sorride, ndr) e quando guardo il pubblico durante lo spettacolo vedo sempre degli sguardi interrogativi, dal momento che si tratta di un repertorio altamente sperimentale: quasi come ci si trovasse di fronte ad uno scienziato pazzo che prova e inventa nuove formule. Queste risate 'meravigliate' posso dire che mi piacciono molto: questo perché, parlando della comicità attuale, ma anche se vogliamo della musica, ritengo che tutto sia bloccato su canoni stantii, senza spirito e voglia di evoluzione".

 

Raccogliendo l'assist, non possiamo che domandargli se stia mettendo in atto quasi una missione "didascalica", con l'intenzione di sbattere in faccia al presente vette artistiche che oggi non sembrano raggiungibili.

 

"Direi di sì, ed è quello che ho sempre fatto nella mia vita, a partire dall'attività con Elio e le Storie Tese: l'ho sempre vissuta come una sorta di missione, seppur folle. Portando sul palcoscenico questi artisti, l'intenzione è quella di rischiare per vedere se è possibile smuovere qualche ingranaggio che, nel pubblico e negli ascoltatori, appare essersi arrugginito". E proprio parlando del repertorio con cui si confronterà, Elio spiega come il criterio di scelta sia stato univoco: "Sono tutti pezzi e artisti che mi piacciono molto e che hanno un minimo comune denominatore: la voglia di provocare, letto con un' accezione positiva, e di suscitare una reazione nel pubblico".

 

Dallo spettacolo la chiacchierata poi sconfina, e c'è spazio per una confessione: gli chiediamo cosa sia per lui l'umorismo, e cosa oggi lo faccia veramente ridere: "Amo l'assurdo e in tal senso Enzo Jannacci o Cochi e Renato sono dei veri maestri, ma anche comici inglesi come i Monty Python. Però voglio sottolineare una cosa: il senso dell'umorismo è molto soggettivo e non è giusto imporre il proprio agli altri. Va apprezzato però il coraggio di chi prova a portare sul palcoscenico nuovi modi di far ridere, che potrebbero anche fallire: paragono queste persone ad esploratori che percorrono strade complicatissime, e che talvolta scoprono ricchezze di cui tutti possono poi godere".

 

E parlando di frontiere della comicità, non possiamo che chiedergli di raccontare il suo rapporto con il "politicamente corretto", che spesso rischia di imbrigliarla: "Credo che questo atteggiamento parta da argomentazioni condivisibili e poi, come spesso accade, diventa insopportabile. L'unica cosa che so è che il politicamente corretto e la comicità non possono coesistere e come gruppo, pur senza voler offendere mai nessuno, non lo abbiamo mai accettato".
 

E da qui l'intervista vira improvvisamente sui tanti anni di attività con la band, con il ricordo che tocca il 1996, anno in cui con la storica "Terra dei cachi" si classificarono secondi al Festival di Sanremo, con un brano decisamente fuori dai canoni sanremesi, che vinse anche il Premio della Critica e che Elio racconta nel suo senso più profondo.

 

"Ci furono anche delle indagini e circolò addirittura la voce che fossimo noi i vincitori del festival – racconta Elio – ma questi sono i classici misteri all'italiana (ride, ndr) che non si risolveranno mai. Il brano, che è la canzone che tutti si ricordano di quell'edizione, è una presa in giro verso i vari titoli dei giornali, in particolare di certi articoli che trattavano i 'mali' del nostro Paese, che non cambiano mai. Molti lo recepirono come un pezzo di denuncia, ma noi volevamo scimmiottare invece quella realtà".

 

E rimanendo sul crinale tra "titoli che parlano dei mali dell'Italia" e "mali effettivi", gli chiediamo cosa sia cambiato, a suo avviso, a quasi trent'anni di distanza.

 

"Mi sembra che non sia cambiato nulla e, anzi, forse qualcosa è peggiorato: vedo molte persone – osserva Elio – che sembrano aver perso la testa e il lume della ragione, anche in riferimento a quello che si vede in tv e sui social, dove la lucidità non va per la maggiore, diciamo".

 

A cosa si riferisce? "Non c'è bisogno di entrare nei dettagli, però osservo che molti concetti che pensavamo di poter dare per acquisiti vengono addirittura messi in discussione. Un esempio? Il fatto che le persone non diano per scontato il fatto che bisogna andare a votare: quello che una volta era un obbligo quasi morale ora è quasi vittima dell'indifferenza, ed è un passo indietro oggettivo".

 

Abbandonando l'alveo di questa riflessione, Elio corre sull'onda del tempo toccando anche il tema del pubblico che negli anni li ha sempre seguiti, con una riflessione che fa sorridere su come talvolta certi brani sono stati recepiti: "Non abbiamo mai avuto il grande pubblico mainstream, ma dopo tanti anni ci sono tante persone che ci seguono e di questo sono grato. Siamo amati tanto anche dai bambini e mi piace moltissimo, dal momento che sono puri e senza alcun tipo di sovrastruttura. Poi, negli anni, qualcuno ha anche mal interpretato certi nostri pezzi: qualche volta capita che ci fermino e ci spieghino i significati colti in certe nostre canzoni, e noi caschiamo dalle nuvole perché non volevamo dire assolutamente quello (sorride, ndr)".

 

C'è poi spazio per il ricordo di un tragico evento che nel 1998 ha segnato in modo indelebile tutta la band: "Quando è morto Feiez, ed eravamo tutti lì. È stato come perdere un fratello dal momento che, quando lavori a lungo insieme, il legame che si crea è fortissimo: sono stati attimi indimenticabili e che lo hanno reso per noi immortale, seppur se ne sia andato. Fu una cosa terribile ma che ci ha uniti tutti molto di più".

 

E da questo legame che da sempre ha contraddistinto Elio e le Storie Tese, il racconto torna al recente passato e al presente, dallo scioglimento annunciato nel 2017 alla successiva reunion.

 

"Scioglierci è stata un'esperienza molto bella perché abbiamo avuto incredibili dimostrazioni di affetto, poi quando ci siamo riunti di nuovo è stato quasi meno interessante – racconta Elio – quindi stiamo pensando di scioglierci ancora e magari di rimetterci di nuovo insieme (ride, ndr). Guardate i Pooh: si sono sciolti, hanno fatto un ultimo tour bellissimo e stanno suonando ancora. In un pensiero? Per noi suonare è sempre stato un divertimento, e l'abbiamo sempre fatto per ridere, e con noi ha riso molta gente: finché avremo delle idee buffe, posso dire che andremo avanti".

 

E di fronte a questa frase, prima di salutarlo non possiamo che chiedergli di spoilerarci qualcuna di queste idee. "Sul tavolo ce ne sono sempre, ma dobbiamo tener conto del fatto che non siamo più quelli di trent'anni fa: energia e voglia ne abbiamo ancora tanta, ma qualcuno di noi è addirittura nonno (ride, ndr). Però qualcosa faremo, anche se ora non vi dico di più".

 

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