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"Narro il mondo grazie al rigore della mia formazione scientifica" il divulgatore Roberto Mercadini si racconta a il Dolomiti, da Michelangelo alla bomba di Hiroshima

Con i suoi racconti ha conquistato un intero Paese, dalla generazione Z ai boomers, e sarà protagonista il 21 novembre al festival Teatro della Meraviglia. Mercadini: "Ad un certo punto della mia vita ho capito che raccontare storie era quello che volevo fare, il mio dono e ciò che potevo fare di buono nel mondo"

Di Federico Oselini - 20 novembre 2024 - 16:52

TRENTO. Roberto Mercadini, con i suoi racconti, ha conquistato un intero Paese, dalla generazione Z ai Boomer. Narratore, autore, attore e poeta, ma soprattutto divulgatore famoso per i suoi monologhi e seguito da centinaia di migliaia di followers sul web. Con una laurea in ingegneria e un passato da programmatore informatico, abbandonato per seguire la via dell'arte. A leggerla così, la sua storia sembra di quelle incredibili, e a ben pensarci lo è davvero.

 

"Ad un certo punto della mia vita ho capito che raccontare storie era quello che volevo fare e il mio dono, e ciò che potevo fare di buono nel mondo" spiega Roberto Mercadini nell'intervista in cui si racconta a il Dolomiti in occasione della sua partecipazione a Trento al festival Teatro della Meraviglia, e durante il quale giovedì 21 novembre al teatro Cuminetti (20.30) proporrà il suo spettacolo "Little Boy", dedicato alla storia della bomba atomica "dai primi risultati della fisica quantistica all'esplosione di Hiroshima".

 

Si tratta di un lavoro "sospeso tra caso e razionalità" e in cui Mercadini sfiorerà i grandi protagonisti di quell'era – da Enrico Fermi a Heisemberg e Bohr – raccontandoli con quella patina di inconfondibile umorismo che ha conquistato praticamente tutti: una storia "piena di estremi che si toccano e piena di ironia e di orrore, di calcoli perfetti e di casualità assurde, genio e idiozia. E di domande che hanno troppe risposte o che non ne hanno nessuna".

 

Roberto Mercadini, partiamo dallo spettacolo "Little Boy". Il titolo rimanda al sarcasmo atroce con cui si diede un nomignolo alla bomba atomica sganciata su Hiroshima, ma a partire da qui si delinea un'articolata storia sospesa tra storia e scienza. Ce ne parla?

 

È un racconto che non tocca solo il tragico momento dell'esplosione dell'atomica, ma abbraccia tutta la corsa al nucleare che ha visto protagonista in precedenza il mondo della scienza. Un testo che ha un apice drammatico ma che sul palcoscenico porterà anche momenti di comicità: ad essere raccontati saranno geni come Fermi, Heisenberg e Bohr quando erano giovanissimi, e anche da qui la scelta del titolo, in un intreccio di amicizie, amori e tradimenti, il tutto sospeso tra caso e razionalità. Protagonista sarà anche il musicista Dario Giovannini che con le sue trame sonore sorprendenti e graffianti trasporterà il pubblico nel cuore dei fatti narrati.

 

E questo tema lo ha affrontato, successivamente alla nascita dello spettacolo, anche nel libro "Bomba atomica". Quali sono le differenze e i punti di connessione tra le due opere?

 

C'è una differenza principale: il monologo richiedeva una sintesi estrema e ho voluto raccontare in modo più dettagliato questa storia eccezionale. Nel libro si cerca di trasmettere la stessa naturalezza che porto sul palcoscenico, questo attraverso un accurato lavoro di riscrittura. Per rendere l'idea, alcune modifiche sono state necessarie. Una su tutte: l'episodio che in teatro risulta il più divertente, e che vede protagonistica il giovanissimo Bohr, nel libro non c'è perchè non sono riuscito a riscriverlo facendo vibrare le stesse corde.

 

A ben vedere, lei ha ha toccato un argomento delicato in tempi non sospetti, mentre ora il tema della paura atomica, alla luce della delicata situazione internazionale, è tornato tristemente attuale.

 

Guardi, l'atomica ha rappresentato un trauma per l'umanità e quando ero ragazzino ricordo benissimo un pensiero fisso e diffuso: quello che i capi di stato, i potenti della terra, avessero una valigetta con all'interno un bottone rosso che, se azionato, in un momento di pazzia, avrebbe scatenato un'escalation nucleare che avrebbe portato alla fine del mondo. Quell'incubo negli anni è poi scomparso e ora sembra riaffacciarsi sulle nostre vite, e rifletterci è utile. Ho però una mia personale idea: la bomba atomica è stata usata "solo" in due occasioni nella storia e penso, e spero, che non assisteremo mai più a tragedie simili. Nonostante le tensioni, e le minacce, anche quando i toni si alzano lo ritengo spesso un grande bluff, e spero davvero di non sbagliarmi.

 

Veniamo a lei, la sua storia è quasi unica: si è laureato in ingegneria, ha lavorato per anni come programmatore informatico, poi ad un certo punto ha abbandonato tutto per dedicarsi all'arte: al teatro, alla poesia, alla scrittura. In una parola, alla divulgazione. Ci racconta com'è successo?

 

Diciamo che ho invertito il paradigma: a vent'anni ho scelto una strada con prudenza, poi a quasi quaranta ho fatto una scelta che potrebbe sembrare scapestrata (ride, ndr). Al di là di ciò, ho sempre amato la letteratura e il teatro, ma da giovanissimo non ho scelto una facoltà umanistica perché ero spaventato dal fatto di rimanere senza un lavoro. Mi sono iscritto quindi alla facoltà "con la quale trovi lavoro sicuramente", ed effettivamente è stato così. Non ho però mai abbandonato l'altro percorso, né quando studiavo né quando lavoravo, ritagliandomi con le unghie e con i denti il tempo per ciò che amavo, strappando anche ore al sonno: gradualmente la dimensione artistica ha preso sempre di più il sopravvento, e sempre più persone hanno iniziato a seguirmi. Ho quindi iniziato (ride, ndr) a guadagnare di più così che come programmatore informatico: ad un certo punto, non riuscendo più a seguire entrambi i percorsi, ho preso una scelta che può sembrare molto coraggiosa ma che, guardandola dal mio punto divista, non lo è stata. Avevo infatti compreso che quello era il mio dono e ciò che potevo fare di buono nel mondo, e non avevo quindi scelta.

 

Si tratta di due dimensioni apparentemente lontanissime: cosa si porta della sua "vita precedente" in quello che fa oggi?

 

A dire il vero vedo una certa continuità tra questi due ambiti: quando mi approccio ad una delle mie narrazioni porto con me l'ordine e l'organizzazione mutuati dalla formazione scientifica. Niente è lasciato al caso: come molti "nerd" d'area scientifica (sorride, ndr) vado in difficoltà, quasi in ansia, se non c'è chiarezza e struttura in ciò che faccio, e questo influenza totalmente il mio modo di lavorare. C'è poi un altro elemento che accomuna quello che facevo prima e quello che faccio ora: la scrittura. Mi spiego: scrivendo come programmatore informatico spesso ci si estrania, entrando quasi in una dimensione parallela e scollegata dalla realtà, e lo stesso accade mentre creo le mie narrazioni, con la sensazione che praticamente uguale.

 

Quello che sorprende dei suoi lavori è la capacità di spaziare a 360°, toccando ambiti diversi: si passa dalla Bibbia ebraica all'origine della filosofia, dall'evoluzionismo al tema della felicità, fino alla botanica. Come sceglie gli argomenti da affrontare?

 

Si può dire che il senso dell'umorismo, che è un tratto fondamentale in tutti i miei lavori, è il modo che ho di esplorare il mondo e di orientarmi. Il filo rosso che lega argomenti diversi è rappresentato proprio dal metodo di cui parlavamo poco fa e che mi permette di affrontarli con la medesima razionalità: sia che parli di scienza o di storia, ma ance di filosofia o di letteratura.

 

Parlando delle tante storie che ha raccontato, ce n'è qualcuna a cui è particolarmente legato?

 

Ce ne sono alcune che mi colpiscono particolarmente, anche se questo cambia a seconda del periodo: due in particolare, però, mi piacciono molto. La prima è quella di Michelangelo che dipinge la Cappella Sistina: secondo il racconto del Vasari, l'artista era stato chiamato a un'impresa che in realtà era una trappola tesa dai suoi rivali, da cui però riesce ad uscirne brillantemente creando un capolavoro. Un'altra storia che amo è quella di Helen Keller, raccontata anche nel film "Anna dei miracoli", che a soli 19 mesi è diventata cieca e sorda. Entrambe le storie le ho inserite in altrettanti spettacoli, e le racconto sempre con grande emozione.

 

A proposito di Michelangelo, è un personaggio cardinale, assieme a Leonardo Da Vinci, nel suo libro "L'ingegno e le tenebre". Perché ha scelto di dedicarsi a questi due "geni rivali" del rinascimento?

 

Sono personaggi diversissimi che considero come due archetipi, quasi un Apollo e un Dioniso: ognuno può riconoscere in loro sé stesso. Nel libro evidenzio le loro differenze e a delinearsi è un'elogio della diversità che porta con sé un messaggio: se due persone così diverse hanno raggiunto, ognuna a modo suo, il vertice assoluto dell'arte, ma il discorso può essere allargato ad altri ambiti, questo è possibile anche oggi. Affrontandoli singolarmente, Leonardo rappresenta un elogio della curiosità e della voglia di imparare da tutti, Michelangelo invece porta con sé la forza di accettare sempre nuove sfide, gettando il cuore oltre l'ostacolo e superando i propri liberi.

 

E, a ben vedere, anche lei ha superato i suoi limiti, diventando una delle persone più seguite nel nostro Paese, dal vivo e sul web: sono infatti centinaia di migliaia le persone che apprezzano il suo lavoro e che la seguono.

 

Questo fa piacere, posso dire che il web ha rappresentato uno strumento utilissimo per farmi conoscere: grazie a questi canali sono passato dal riempire le piazze della mia Romagna ai sold-out nei vari teatri della penisola. In questo modo sono riuscito a toccare anche le corde dei più giovani, con tanti liceali e universitari che sono sempre presenti tra il pubblico a teatro, anche se i miei lavori sono trasversali e non rivolti ad un pubblico specifico.

 

Al di là dei numeri, portare a teatro le nuove generazioni offrendo loro spunti di riflessione e recuperando una forma di narrazione orale che negli anni è stata fagocitata dalla semplificazione comunicativa del mondo digitale - è una grande sfida vinta.

 

Sicuramente sono molto felice di questo: capita che talvolta qualche ragazzo mi fermi e mi dica: "Prima non mi piaceva studiare e ora sono curioso e vorrei fare quello che fa lei", e questo mi riempie il cuore di gioia. Per quanto riguarda la narrazione orale, credo che sia un modo di comunicare insito nel genere umano e che quindi, pur mutando le sue forme, non sparirà mai: il mio modo di raccontare le cose è molto essenziale, quasi atavico, e evidentemente questa è la caratteristica che mi permette di "raggiungere" direttamente le persone.

 

Torniamo un attimo a parlare del web, e nello specifico dei social network: oltre ad essere uno strumento utile, spesso si trasformano in piattaforme che mettono in evidenza il lato peggiore delle persone, e lei stesso è stato colpito dal fenomeno degli haters.

 

È vero e all'inizio ero molto disorientato dai tanti commenti aggressivi e dagli insulti che ho ricevuto senza motivo, pur non trattando argomenti di attualità o direttamente politici, che potrebbero risultare quindi divisivi. Con il tempo ci ho fatto l'abitudine e ho imparato a gestire il fenomeno, comprendendo che alla sua base ci sono degli stati d'animo come la frustrazione o magari l'invidia: quando ricevo un commento antipatico, invece di sentirmi toccato sul personale, cerco di rendermi conto che spesso il problema non è mio, bensì di chi assume determinati atteggiamenti. Certo è che molta cattiveria "gratuita" è spesso spiazzante.

 

Una curiosità sul suo percorso: all'inizio della sua carriera si è definito un "poeta parlante". A distanza di anni questa definizione calza ancora?

 

Penso che questa definizione non sia più molto attuale, mi sono cimentato con la poesia ma il mondo poetico è mutato negli anni, e io stesso non scrivo quasi mai versi destinati alla pubblicazione. Oggi preferisco definirmi semplicemente un narratore, aperto però a diverse forme di comunicazione.

 

Prima di salutarla, ci svela a cosa sta lavorando attualmente quali novità ci dobbiamo aspettare?

 

C'è un nuovo libro in cantiere e parlerà dell'origine della scienza. Un lavoro che si focalizza sul periodo a cavallo tra il cinquecento e il seicento e che toccherà tematiche quali il passaggio dalla superstizione e la magia al metodo scientifico, sfiorando grandi personaggio come Copernico o Galileo Galilei.

 

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