La continua ascesa del ''fare'' veneto a tutti i costi, la pista di bob di Cortina costa già il 69% in più rispetto al budget iniziale: una follia economica e ambientale


Per creare un coinvolgimento più ampio e inclusivo attorno alla causa climatica ed ecologica
di Michele Argenta
La pista che ospitò le gare di bob durante le Olimpiadi invernali di Cortina 1956 è intitolata a Eugenio Monti, anche se lo stesso durante quelle olimpiadi arrivò secondo sul podio.
Oggi, alla distanza di 67 anni, il fondo della pista in cemento è coperto dagli aghi arancioni dei larici attorno, in stato di abbandono. Un paio di giorni fa, il presidente della Regione Veneto Luca Zaia ha annunciato che le gare di
bob resteranno a Cortina: dunque la tanto agognata nuova pista si farà.
Sono state scartate le piste esistenti sia di Cesana che di Igls (la quale avrebbe richiesto un budget di 50 milioni di euro per essere riammodernata, troppi). Quella di Zaia è un’enorme vittoria politica, ma d'altro canto è un'enorme sconfitta per il territorio montano e per la popolazione. Le Olimpiadi 2026 erano state verniciate di verde promettendo che si sarebbero riutilizzati impianti esistenti e che l'impatto ambientale sarebbe stato minimo.
Specialmente quando si parla di un territorio fragile come quello Dolomitico. Ma si sa, all'orgoglio veneto del "fare"; non si comanda. Si avanza a tutti i costi perché se la locomotiva del nord est non corre sui binari del progresso i rischi sono tanti, troppi, per tutti.
La nuova pista da bob è diventata un mausoleo, ancora prima di nascere, alla tradizione veneta che ci vuole tutti grandi lavoratori, grandi imprenditori, grandi portavoce del "fare". E come ogni grande mausoleo che si rispetti, i costi si gonfiano (come si gonfia il petto del governatore annunciando che la pista rimarrà a Cortina).
Si era partiti da un costo iniziale di 55 milioni di euro, tramutato poi in 61 milioni, rivisto in 85 milioni e attualmente confermato in 93 milioni di euro (e poi vedremo). Il 69% in più del budget iniziale. Una follia economica ed ambientale, nascosta dall'orgoglio territoriale e dall'eterna promessa di benefici economici per il territorio.
Il tutto a discapito degli ospedali delle valli vicine (Cadore, Agordino per citarne un paio che vengono ridotti all'osso), dei servizi alla cittadinanza e delle infrastrutture montane (come l'Alemagna regolarmente intasata da Longarone in poi). Noi crediamo e ci auguriamo che il futuro ci riservi un buon clima non solo dal punto di vista meramente climatico, ma anche dal punto di vista sociale e territoriale, anche se questa sfida vorrà dire ripensare a quello che consideriamo importante, quello che per noi è tradizione e come spenderemo i nostri soldi pubblici.
La transizione ecologica sarà cooperativa tra tutti i territori italiani, europei e globali e nel futuro che ci attende non ci sarà spazio per campanilismi e orgogli locali. Ci auguriamo che chi in futuro governerà il Veneto (ma anche gli altri territori e le altre regioni) avrà ben in mente cosa vuol dire far politica in un mondo in rapido cambiamento.