"Shakespeare? Una miniera infinita che parla all'oggi", Sara Putignano in scena con 'Molto rumore per nulla' si racconta a il Dolomiti: "Checco Zalone? Persona straordinaria"
L'attrice sarà protagonista assieme a Lodo Guenzi dello spettacolo che inaugurerà la stagione di prosa del teatro Sociale Gustavo Modena: "Shakespeare, da grande conoscitore della vita, ha compreso che la nostra maschera pubblica non corrisponde a quella privata"

MORI. "Uno spettacolo moderno e calato nella contemporaneità, in un' era in cui la parola ha assunto una potenza assoluta". Poche parole ma efficaci quelle scelte da Sara Putignano, volto noto del piccolo e grande schermo e apprezzatissima attrice teatrale, per descrivere lo spettacolo "Molto rumore per nulla" di William Shakespeare che, nell'adattamento di Veronica Cruciani e Margherita Laera, inaugurerà la stagione di prosa del teatro sociale Gustavo Modena di Mori questa sera, mercoledì 8 gennaio alle 20.45 (info e biglietti).
Sul palcoscenico Sara Putignano, nei panni di Beatrice, sarà affiancata dal poliedrico Lodo Guenzi nel ruolo di Benedetto, protagonisti di una vera e propria "guerra di parole" in una tragicommedia che ruota attorno alla scrittura di messaggi segreti, allo spiare e origliare conversazioni riservate, e in cui tutti "fingono costantemente di essere qualcun altro". Ad emergere nel testo, intrecciandosi ad "una comicità ironica e d’effetto", anche riflessioni più complesse e di estrema attualità: tra tutte come uomini e donne vengano trattati in modo differente nella società.
Sara Putignano, di "carne al fuoco" ce n'è tanta. Che "Molto rumore per nulla" dobbiamo aspettarci?
Si tratta di un testo molto conosciuto e tra i più belli di Shakespeare e tutto si sviluppa attorno a due storie d'amore. Il linguaggio è protagonista assoluto e riesce a mascherare, ma anche svelare, ogni sentimento e la parola è mezzo per distruggere la reputazione di alcuni personaggi. È sicuramente un testo calato nella contemporaneità, ed il pubblico si confronterà con uno spettacolo moderno, venendo addirittura "spiazzato". Proprio con la regista ci siamo chiesti come potesse parlare all'oggi, in un'era in cui la parola ha assunto una potenza decisamente superiore rispetto al passato.
I personaggi stessi possono essere definiti "moderni".
Assolutamente sì. Si possono definire assolutamente "tridimensionali", e la stessa Beatrice pur essendo per definizione "sempre felice", ha un inconscio caratterizzato da una profonda tristezza e un grande dolore, naturalmente coperto da quella che è a tutti gli effetti una maschera pubblica.
Un personaggio con cui si era già confrontata in passato, come è stato "riplasmarlo" trovandosi di fronte Lodo Guenzi?
Mi ero già confrontata sia con Shakespeare, e anche con "Molto rumore per nulla" e quindi la difficoltà è stata doppia: la sfida era quella di riuscire a ripercorrere la storia, lavorando con attori differenti. Ma la chiave sta nella natura stessa del teatro, collegata alla dimensione del "qui e ora" e così mi sono concentrata sulle caratteristiche di Lodo Guenzi, che ha un background artistico molto variegato e che anche a livello personale si connette con il personaggio di Benedetto. Prima di attori siamo state due persone che hanno lavorato mettendosi l'una al servizio dell'altro.
Cosa rappresenta per lei Shakespeare?
Una vera e propria miniera infinita, perché in qualsiasi momento della vita lo si affronta, diventa un contenitore di concetti preziosi. La potenza di questa scrittura emerge ad ogni replica, in cui il linguaggio riesce sempre a trasportare le emozioni, ed qui si sente che l'autore era anche un'attore. La vita si presenta in Shakespeare nella sua complessità e nella sua autoironia, e avere a che fare con testi che corrispondono ad un flusso vitale per un attore è una grande fortuna, e deve solo riuscire a non rovinarli (ride, ndr).
Parlando di questi concetti preziosi e attuali, spicca quello delle "maschere" che ogni giorno indossiamo.
Shakespeare, da grande conoscitore della vita, ha compreso che la nostra maschera pubblica non corrisponde a quella privata, e che noi ricopriamo sempre una serie di ruoli. E proprio in alcune sue opere questo aspetto diventa emblematico: questo continuo mascherarsi e smascherarsi, con vari "travestimenti", permette di accedere e risolvere questioni esistenziali anche immense.
Non è poi secondario il tema di come uomini e donne vengano trattati in modi diversi nella società.
Un altro aspetto cardinale. L'autore mette molto in luce una forma di potere maschile che "governa" il mondo femminile, quasi un mondo "militare" che ha come cardini la forza e l'onore a tutti i costi, fino ad arrivare a distruggere addirittura le persone amate. Denuncia un mondo femminile vittima di regole e pregiudizi. La sua grande potenza è che, nonostante siano passati moltissimi anni da quando questi testi sono stati scritti, è evidente come sia ancora necessario puntare il faro su certe tematiche e riflessioni.
Tornando al palcoscenico, cosa ci può dire sulla componente musicale?
La musica rappresenta una vera e propria colonna sonora dello spettacolo, con certe composizioni che accompagnano le scene e altre che rappresentano la scena stessa. C'è n'è ad esempio una in cui Benedetto deve comporre un sonetto per Beatrice, e Lodo compone invece una canzone. Sia Lodo che Niccolò Carnesi raggiungono un livello di scrittura "alto", e la musica è in grado di restituire l'anima dello spettacolo, e questo si allinea con la totalità delle scelte registiche.
Venendo a lei, l'abbiamo apprezzata oltre che in teatro anche sul piccolo e grande schermo: da "Il metodo Fenoglio" a "Studio Battaglia", fino a "Governance - Il prezzo del potere" e "Tolo Tolo" con Checco Zalone. Cosa rappresentano per lei questi due mondi?
La differenza principale è che per il cinema e la tv si lavora con un "occhio" che è vicinissimo, ed è fondamentale gestire e calibrare l'espressività anche in base al fatto che il risultato finale è filtrato da una grande lavorazione, e lo si può vedere solo dopo tanto tempo. Il teatro invece è molto più diretto e legato, come dicevamo in precedenza, al "qui e ora" senza possibilità di replica, con lo spettacolo che segue un flusso vitale dall'inizio alla fine. Questo per me è un aspetto preziosissimo, come attrice, e mi fa sentire la forza della vita e della comunicazione con le persone, alle quali si può lasciare un segno o un messaggio grazie alle storie interpretate. Non potrei mai rinunciare al teatro, mi piacerebbe però conoscermi di più nell'ambito cinematografico e televisivo.
Tra i tanti personaggi con cui ha lavorato, ce n'è qualcuno che l'ha segnata particolarmente?
Da un punto di vista televisivo sicuramente i registi Francesco Amato e Alessandro Casale, con cui ho lavorato benissimo sia dal punto di vista professionale che personale. Poi sicuramente con Luca Medici, Checco Zalone, mi sono trovata benissimo: è una persona straordinaria con cui mi sono divertita molto, dentro e fuori dal set. È stato bello scoprirlo anche come persona, vedendo semplicemente come si rapportava con le persone e come riusciva a gestire il successo. Il ricordo che porto dentro me è di una persona disponibile, accogliente nei confronti di tutti e con battute e aneddoti sempre pronti.