"Voci negate": parole, musica, ballo e video per dire "mai" alla violenza sulle donne
Dopo il successo dello scorso anno allo Zandonai di Rovereto torna in scena giovedì 21 all'auditorium di Trento lo spettacolo "collettivo" diretto da Paolo Fanini all'insegna delle contaminazioni artistiche e frutto di un importante percorso di coinvolgimento delle scuole. Sold out il matinèè per gli studenti ma replica la sera per tutti. Un messaggio forte e chiaro con il linguaggio delle emozioni

Nel trailer dello spettacolo, brevissimo antipasto promozionale, una gran bella voce locale (Elisa Amistadi) omaggia quella di una regina dell’intensità canora (Annie Lennox). La cantante trentina regge in scioltezza il confronto da polsi tremanti e le immagini del video clip guadagnano ulteriormente di intensità. Ma non è questo il punto. La questione, semmai, è la domanda di quella mitica canzone di inizio anni 90. È quel why? (perché?) con cui Annie Lennox seppe descrivere, con inarrivabile sensibilità femminile, il doloroso deterioramento di un amore al capolinea. E fin qui, succede. Non è bello e non è un dramma.
Il problema è quando gli amori – o presunti tali – deragliano verso l’ossessione del possesso. Quando, cioè, affondano nel peggio del peggio per marchiare di rosso sangue e del nero dei lutti una cronaca dell’orrore che è ormai quotidiana.
Sono le storie le di una violenza che s’alimenta di incultura ma anche - e forse perfino di più -di troppa cultura deviata, ipocrita, ideologicamente anacronistica, stupidamente retorica eppure drammaticamente presente. Incultura e cultura patriarcale sono tragicamente allergiche ad ogni accenno di progresso, di equità e di emancipazione.
C’è un modo per parlare di tutto questo senza incomprensibili comizi? Hanno più forza i discorsi (certo tutti utili) o incide di più l’emozione?
Ecco, lo spettacolo che giovedì 21 andrà in doppia scena all’auditorium di Trento (matinèè per le scuole e poi alle 20,30 per tutti) percorre questa seconda strada. E la direzione pare quella giusta così come è sempre giusto affrontare le “grandi questioni” con un vocabolario innanzitutto emotivo.
I linguaggi intrecciati delle arti (recitazione, musica, immagini e ballo) possono fare miracoli – un miracolo di coinvolgimento – quando accettano la sfida di affrontare in un modo diretto, avvolgente, magari anche spiazzate, temi ostici, sbifidi, complicati. E’ quel che accadrà in “Voci negate”, un lavoro dall’impianto collettivo che con la regia di Paolo Fanini e tante, ma davvero tante, collaborazioni di entusiasmo e qualità, manifesta un forte impegno contro la violenza sulle donne. Ma forse prima ancora si propone di proporre quei valori di civiltà che la civiltà bacata dei nostri giorni sta seppellendo.

“Voci negate” non è una “prima”. Per la precisione è una seconda volta, un bis ancora più ambizioso, dopo che nel novembre dello scorso anno si face il pieno di consensi allo Zandonai di Rovereto. Quel successo diede ancora più forza alla scommessa e al metodo usato per farla diventare vincente. Il metodo – cioè – di un lavoro di preparazione allo spettacolo e ai suoi contenuti portato avanti in tanti incontri dentro le scuole. Un confronto al quale gli studenti non si sono sottratti e che ha dato agli ideatori del lavoro ancora più convinzione.
Un percorso fruttuoso se è vero che per lo spettacolo mattutino che sarà dedicato alle scuole le richieste hanno superato di gran lunga i posti disponibili (il doppio dello Zandonai) all’auditorium di Trento. Un segno – questo – di quanto siano campate in aria le teorie farlocche dei giovani prigionieri delle futilità.
“Voci negate” è artisticamente una contaminazione di linguaggi che – come spesso accade nell’arte, e per fortuna – diventano una lingua facile da comprendere e da condividere. È la lingua di un’attrice che (Maria Giulia Scarsella) che si sdoppia tra palco e video per raccontare una vicenda come purtroppo tante di coppia che scoppia un po' alla volta diventando altro. Un “altro” che può degradare nella prevaricazione e poi nella violenza ma che si può impedire cogliendo ogni minimo segno, condividendolo quando si è ancora in tempo. E poi la lotta: la lotta sociale per un’educazione caparbia al rispetto, ai valori, ad una salvifica parità di ruoli che non riguarda certo soltanto la vita di famiglia.
La lingua dello spettacolo va declinata al plurale: la narrazione, le musiche dal vivo del gruppo rodato di musicisti che sostiengono la voce della Amistadi sulle note di Peter Gabriel o di Enzo Bosso, le danze di una classe del Coreutico del Bonporti, lo scambio tra scena e video con un’attrice che domina il palco e altri attori (Stefano Pietro Detassis, Maria Diletta e Giovanni Biondani) che hanno fatto la loro parte davanti ad una telecamera.
Tutto questo, in realtà, altro non è che un messaggio riassumibile in una parola sola che Fanini e Maura Pettorruso (alla quale si deve la drammaturgia) lanciano con forza dal primo all’ultimo minuto. La parola è mai. O meglio sono due: mai più. Non si tratta, insomma, di chiedersi solo “perché” della violenza. Si tratta, semmai, di escludere un qualsiasi perché, qualsiasi spiegazione che rischia di diventare la giustificazione del “sì, ma lei o del sì ma lui…”.
Capita nel momento giusto (che in realtà è sempre il momento giusto) questo appuntamento con “Voci negate”. Capita, ad esempio, all’indomani di un ministro della pubblica d/istruzione (Valditara) che riesce a tirare in ballo argomenti da mentecatto (non esiste il patriarcato, occhio all’immigrazione) nell’anniversario di un femminicidio (Giulia Cecchettin) commesso come nell’80 per cento dei casi da italiani. La strage del buonsenso e del buongusto operata dal ministro blaterante è un motivo in più per essere presenti – giovedì la sera – a “Voci negate”.
L’attenzione, la partecipazione e le emozioni saranno una lezione di serietà impartita a chi del vocabolario sembra conoscere solo la parola “speculazione” (quella politica). Con tutti i suoi drammatici sinonimi.