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Una performance spiazzante per ricordare a tutti che il rispetto verso le donne vale 365 giorni all'anno: ecco la 'provocazione' di CartAbito di Barbara Cappello

 Abito come dimora. Carta e derivati come sostegno fascinoso. Questo l’incipit alla performance CartAbito, di Barbara Cappello che si è svolta sabato 16 novembre presso il negozio Controcorrente Design nel quartiere di San Martino nell'ambito della Trento Fashion Week. Una performance a tutti gli effetti aggregativa uscita in strada con un messaggio da comunicare

Di Eva Lavinia Maffei - 25 novembre 2024 - 16:37

TRENTO. Carta. Poliestere. Acetato. Coprire per scoprire in una architettura di geometrie improbabili tra ticchettio metallico e di fruscio plastico. Abito come dimora. Carta e derivati come sostegno fascinoso. Questo l’incipit alla performance CartAbito, di Barbara Cappello che si è svolta sabato 16 novembre presso il negozio Controcorrente Design nel quartiere di San Martino a Trento. Una performance a tutti gli effetti aggregativa. Costruire una performance richiede un lavoro di progettazione ben studiato, prevedendo un elemento inimmaginabile quale ingrediente per l’anima dell’opera performativa, la creazione di una bolla in cui tempo, stupore, percezione, magia divengono quell’atto unico e irripetibile e altamente emotivo.

 

La performance ha avuto inizio nel primo pomeriggio per concludersi, dopo la creazione dell’abito, con l’azione artistica della dea Cartabito. Una sottoveste di raso come “scheletro” è stata privata di alcuni brandelli di stoffa, in modo da creare degli spazi vuoti di tessuto, che successivamente sono stati impreziositi da dei fogli di acetato trasparente ricamato a punto zig zag con filo rosso, lasciando così scoperte zone di corpo, tuttavia protette dalla plastica atta alla farcitura delle migliori torte di pasticceria. Balze lunghe e plissettate, rumoreggianti al passo, costruite con carta lucida sulla quale compaiono progetti di impianti elettrici, sono state cucite in modo elegante, per impreziosire l’abito. Una borsa creata con pagine di una vecchia Enciclopedia dei Sogni, bracciali realizzati con fili di bava, oro metallico e filato lamè oro. Una lampada da tavolo a led. Un busto, ovvero una scultura, realizzata per l’evento dall’artista veronese Deborasenzalacca.

 

Ma, la realizzazione dell’abito non rimane come oggetto in sé da mostrare. Dunque, Valentina Picciani è la dea che impersona il concetto della performance. Mancando un paravento che permettesse alla modella di denudarsi per poi vestirsi, l’artista chiede ai presenti di crearne uno con i loro stessi corpi. Tutti stretti in una barriera simile a quella calcistica, rigorosamente voltati di schiena. Un silenzio ha pervaso tutto lo spazio durante la vestizione. E, al termine, successivamente alla richiesta di girare lo sguardo alla dea, l’esclamazione di stupore avviene in una religiosa modulazione vocale.

 

 

Dopo la presentazione della dea Cartabito trasportante i sogni del mondo, con un lume che segna la Via, l’atto performativo, inaspettato a tutti, si palesa in una incursione nel freddo di novembre, lungo le zebrate di Torre verde, in fronte al Castello del Buonconsiglio. La Nuova Libertà si libra tra i fari delle auto, sfidando il Mastio imponente del Castello che un tempo fu luogo deputato a sancire l’età sinodale. Piroetta su sé stessa nella composta gioia di essere cosciente di sé. Per scelta, impugna il lume nella mano sinistra, al contrario della Statua della Libertà. E, al posto della tavola recante la data del giorno dell’indipendenza americana, una svolazzante tote bag farcita di interpretazioni oniriche.

 

Un atto certamente inaspettato. Carico di simboli. Non convenzionale. Con un accento di ironia. Trento, per qualche istante, in una sua microarea, ha vissuto una sorta di atto magico, diretto anche all’importanza di mostrare un corpo femminile, quale essere da rispettare nella sua interezza. Perché come sostiene Milan Kundera ne L’insostenibile leggerezza dell’essere: “Ma chi non pensa al proprio corpo, ne diventa più facilmente vittima”. E, secondo Barbara Cappello, chi non conosce il corpo, mai potrà davvero rispettarlo.

 

Abbiamo chiesto a Cappello: perché la dea Cartabito ha voluto sfidare il freddo, il traffico e l'opinione pubblica? Cosa cerca? Di cosa ha bisogno? Qual è la sofferenza sottesa alla vita femminile del nostro tempo a cui Cartabito ha dato voce? ''Direi, più che sfidare, semplicemente sfilare, dato che l’evento rientra nel contesto a tema. Battuta a parte, la sfida reca in sé un’operazione di conflitto. Dunque, qui si tratta semplicemente di mettere in atto un gesto il quale faccia stupire, sobbalzare, criticare, lodare, etc. L’inconscio di chi guarda percepisce al di là del pensiero razionale. E, di fronte alla bellezza, ogni contrasto si dissolve. Spesso si pensa che contrapporre sia efficace. Personalmente, ritengo che scuotere attraverso il gesto propositivo sia più fruttuoso'', ha risposto.

 

''Certamente, nella nostra cultura, la sofferenza femminile deve ancora vedere la superficie - prosegue Cappello -. Tuttavia, siamo consapevoli che in altre culture, la distanza da quel piano livellante sia ancora molto distante. Ciò non toglie che quotidianamente ogni donna sia chiamata a fare un qualche cosa per migliorare la posizione femminile. In particolare verso quel rispetto che spesso ancora le viene mancato. CartAbito semplicemente elargisce una luce che illumina quella via verso la cognizione che ogni donna, ma anche uomo, come gender, potrebbe acquisire attraverso il sogno. Ovvero quel luogo onirico, ma al tempo stesso concreto, in cui la libertà è consapevolezza nel rispetto altrui. E, si prende l’assoluta licenza di bloccare un traffico cittadino, sospendendo quel ritmo di vita logorroico degli automobilisti. Chissà cosa potrà aver cambiato nelle agende di costoro una manciata di secondi...illuminati di bellezza''.

 

''Tengo anche a dire che nel realizzare e mettere in atto questo lavoro, la gioia immensa che ho provato attraverso la sensibilità di una grande donna, Valentina Picciani (perché lasciarla nel sostantivo di modella mi disturba) - conclude - è una gratitudine immensa, che ancora più mi induce all’importanza dello smembramento del ego che ci abita. Facendo in modo che questo possa essere fruito da altri. Inoltre, tra il piombo dell’epoca in cui siamo, la luminescenza aurea di meraviglia potrebbe essere un piccolo balsamo lenitivo. E, ricorrere al 25 novembre è certamente un riconoscimento doveroso, tuttavia vorrei marcare che per migliorare una situazione in cui, solo in Italia, una donna viene uccisa ogni tre giorni, l’impegno da parte di chiunque dovrebbe esserci trecentosessantacinque volte all'anno, rendersi quotidiano, al di là della importantissima data istituita''.

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