Un Trento Film Festival da 'tutto esaurito', il presidente De Martin: "Grande successo, ma dopo 6 anni chiudo qui, ora di cambiare"
L'attuale presidente termina il mandato dopo la rassegna autunnale di Bolzano. Nel futuro della kermesse il potenziamento della sinergia con il Muse e il maggiore coinvolgimento degli atenei di Trento e Bolzano

TRENTO. Aprire finestre, dando spazi alle vette più ardite, ma valorizzando anche le pendici della montagna. Per stimolare nuove indagini, liberando l’immaginazione e dunque aiutando i cineasti a rendere il Trento Film Festival ancora più internazionale. Roberto De Martin ha appena concluso la fase trentina del ‘suo’ festival, presidente accorto, vigile, convinto innovatore.
E dalla sua casa di Bressanone ribadisce: "Porto a termine la fase autunnale del Festival, in calendario a Bolzano, e poi lascio. Chiudo 6 anni di presidenza, orgoglioso di stimolare il ricambio, per aprire appunto nuove finestre".
Presidente uscente, si potrebbe dire, ma certo non abbandonerà il Film Festival. Troppi e variegati i legami con la rassegna, che anche grazie alle intuizioni di De Martin ha davvero conquistato un ruolo preminente nel panorama cinematografico e dell’alpinismo più responsabile.
Rassegna di successo, con ogni evento all’insegna del ‘tutto esaurito’. Al punto che si pensa ad un prolungamento delle giornate di proiezione, nuovi spazi per convegni, serate alpinistiche, saloni dell’editoria, convivialità, escursioni, confronti ambientalisti. Sfruttare al meglio anzitutto il fascino del Muse e il suo crescente popolarissimo prestigio. Poi coinvolgere le Università. Sì quella di Trento e pure l’ateneo bolzanino, per legare il Festival a Trento come a Bolzano. "Con il rettore di Bolzano stiamo pensando ad un premio rivolto esclusivamente ai giovani universitari, una premio che sia una cerniera tra le Alpi, altro che confine al Brennero" – sottolinea De Martin.
Internazionalizzazione e temi ambientali. A Trento sono state messe le basi per il primo censimento dei ghiacciai del Karakorum, mentre il primo ministro pakistano ha sollecitato le guardie forestali delle Dolomiti a contribuire nei progetti di tutela del suo martoriato paese.
Ambiente e omaggio ai ‘padri dell’ecologia’. Come quello riservato a Renzo Videsott, un ‘parchigiano’ con le Dolomiti nel cuore, con suo fratello Paolo – la famiglia è a Maderno, sopra Martignano - tenace ambientalista quanto competente alpinista. Personaggi giustamente ricordati in un convegno alla Sosat.
"Il Festival deve riunire mondi alpinistici contrapposti, senza polemiche. Ecco perché sono orgoglioso della stretta di mano - lo scorso anno - tra Messner e Cesare Maestri. Segnali concreti di grande fraternità".
Il presidente insiste anche sulle azioni di solidarietà. A partire dagli aiuti al Nepal terremotato, ma anche l’importanza di portare al Festival quanti hanno ‘inventato’ il soccorso alpino con cani da valanga. Quel don Hurton, parroco di Solda, che da oltre mezzo secolo è il mito di quanti usano il fiuto di cani addestrati per scovare feriti sotto neve, ma anche macerie e strutture devastate dal terremoto.
"Abbiamo coinvolto la città, Trento, adesso riserverò tutte le mie attenzioni di fine mandato alla programmazione di Bolzano"– ribadisce De Martin. E torna a parlare del fascino del cinema montanaro e di come il Trento Film Festival abbia riunito, a Palazzo Roccabruna, i vignaioli sudtirolesi con quelli trentini, grazie anche ad un film, opera di Michele Trentini.
E ancora. Le trasmissioni della Rai, delle dirette radiofoniche nazionali, ore di dialogo per una montagna che – lo sottolinea – deve essere cerniera di culture, aprendo spazi liberi. Per coinvolgenti esplorazioni.