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In San Martino "sbarcano" gli americani e liberano la loro arte, "ma con gli acidi abbiamo chiuso"

Si inaugura oggi alle 17.30 la mostra dei Dear Rain-Drop nel nuovo spazio espositivo Cellar Contemporay. La prima è dedicata a Joe Grillo che ci racconta da dove arriva la sua arte: "La mia testa è un frullatore. Se nasci negli anni '80 in Virginia, hai un padre pastore protestante e una madre insegnante cerchi strade alternative"

Di Tiberio Chiari - 15 dicembre 2016 - 11:35

TRENTO. Oggi a San Martino sbarcano gli americani di Dear Rain-Drop, e questi americani, hanno un che di liberatorio, come nella loro tradizione migliore. Con la mostra dedicata ai lavori di Joe Grillo e del collettivo con il quale lavora si inaugura oggi alle 17.30 in via San Martino 52 la Cellar Contemporay. Una seconda parte della mostra sarà poi visitabile alla Galleria Raffaelli dalle 18.30

 

Cellar Contemporay è un nuovo spazio espositivo, ci raccontano Davide Raffaelli e Camilla Nacci, che lo hanno progettato e lo gestiranno, che “si prefigge l'obbiettivo di portare in città una nuova generazione di artisti per farli conoscere e dargli qui la possibilità di esporre. L'arte infatti che vedrete qui - come precisano - sarà fatta anche su misura con collaborazioni e edizioni limitate prodotte proprio per Cellar Contemporay. Cercheremo quindi di coinvolgere anche un nuovo target proponendo in un certo senso un'arte “affordable”, a prezzi accessibili, promuovendo artisti emergenti e sfruttando anche la piattaforma web che a breve sarà on-line.”

 

Al tavolo dell'Osteria di San Martino, dove abbiamo incontrato Davide e Camilla, ci sono anche un assopito Joe Grillo e un suo collaboratore, sono abbastanza stralunati e Joe veste gli abiti che produce con la sua compagna: questi vestiti, che saranno tutti esposti alla Cellar Conteporary insieme anche alle t-shirt stampate e molti altri lavori, sono un infinito susseguirsi di loghi commerciali, ricami, agglomerati instabili di colori fluorescenti in uno stile psichedelico, ma evoluto, estremamente confuso ma dotato anche di una strana armonia che attrae partendo proprio da questa confusione.

 

Come dicevamo all'inizio sono liberatori questi americani. Infatti sono alieni, ma cordiali. Joe risponde con attenzione a qualche nostra curiosità e ci racconta che “il nome del collettivo Dear Rain-Drops è nato leggendo una letterina trovata nella spazzatura, scritta da una bambina che pregava il suo uccellino Rain-Drop di tornare a salutarla dopo essere scappato”. Joe è tornato a vivere e lavorare con la sua compagna, “compagna dal 1988” vuole precisare, in Virginia, dopo una parentesi a New York, città diventata oggi deadly-expansive. “Non mi faccio di acidi da molto tempo, ma nella mia vita me li sono fatti, eccome. Se nasci negli anni Ottanta nella parte degli U.S.A.in cui la “Bible Belt” stringe di più, per cercare di allentare la stretta qualche buco è inevitabile. Soprattutto se tuo padre è un pastore protestante che suona la tromba classica e tua madre è un’insegnante.”

 


 

Nel suo lavoro mette insieme, frullandola prima e ricomponendola poi, tutta la paccottiglia che il contemporaneo produce e al quale chiede spesso un asservimento. “ La mia testa è un frullatore - ci dice -. Io assorbo mescolo e risputo fuori, senza assimilare. Riassemblo loghi, immagini e tutti quegli imput che a milioni si è costretti ad incontrare. Dove abito in Virginia ci sono spesso mercatini perché lì vicino si trova una grande base militare e tutti vendono lì la loro paccottiglia, io mi posso rifornire di questi meravigliosi cenci senza sosta e elaborare la mia arte”.

 

Il suo lavoro è un collage infinito di ripetizione e invenzione, accumulo, restauro e distruzione che Joe lascia poi dietro di sé con una certa soddisfazione la quale deriva dall'aver redento attraverso una cascata fluorescente tutto quell'insensato agglomerato di forvianti astrazioni. Guardando Joe si potrebbe anche avere la sensazione che sia un'incarnazione attuale dell'Angelo di Paul Klee, quell'angelo che proprio Benjamin immaginava volare via lasciando dietro di sé, osservandoli con un'aria quasi soddisfatta, gli accumuli senza fine delle macerie abbandonate sulla terra dalla storia.

 

In definitiva quella di Joe Grillo è un'arte assolutamente liberatoria, e il suo carattere più perspicuo è forse quello del martire, il quale per sfuggire alla parte più tetra e bigotta dell'America che oggi riflettendo potrebbe minacciare pure noi, ha deciso senza remore di immolarsi e inseguire l'incondizionato, la sua arte testimonia il suo percorso.

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