La rivoluzione umana di Antonello Dose, dalla sieropositività al "ruggito del coniglio" passando per Soka Gakkai
Intervista al conduttore della mitica trasmissione di Radio2 che al Trentino Book Festival ha parlato davanti a 500 persone del suo primo libro ‘La rivoluzione del coniglio’ e dei suoi 27 anni di rivoluzione umana

CALDONAZZO. Il Book Festival chiude i battenti e tra gli ospiti più acclamati delle ultime ore il noto conduttore de ‘Il ruggito del coniglio’ (Radio Rai Due) Antonello Dose ha presentato, davanti a una platea di oltre 500 persone, nel fresco serale di Corte Trapp, il suo primo libro ‘La rivoluzione del coniglio’ in cui racconta come il buddismo della Soka Gakkai Internazionale (Sgi) ha cambiato la sua vita. Nel libro sono condensati 27 anni della sua rivoluzione umana, che gli ha permesso di affrontare e superare con gioia soprattutto la paura della malattia, della sua sieropositività all’Hiv. La rivoluzione umana è quella trasformazione della propria coscienza che il maestro e presidente della Sgi Daisaku Ikeda afferma essere possibile per ognuno di noi, per diventare felici insieme agli altri.
"La rivoluzione umana di un singolo individuo – afferma Ikeda - contribuirà al cambiamento nel destino di una nazione e condurrà infine a un cambiamento nel destino di tutta l’umanità". Abbiamo incontrato Dose prima dell’incontro con il pubblico, mentre recitava nam myoho renge kyo con alcuni buddisti di Pergine Valsugana e per Il Dolomiti in esclusiva ha parlato del successo inimmaginabile del libro che, edito a marzo 2017 da Mondadori, è già alla settima ristampa, "un'eventualità che all’editore succede- in un periodo così breve - solo cinque o sei volte all’anno".
Quanto ha influito il buddismo nel potenziare il suo talento artistico?
La gente mi conosce perché mi sente alla radio ridere e scherzare e si diverte, ma non immagina che la mia vita, come quella di tutti, è anche piena di problemi, alcuni seri come quello di essere sieropositivo o imbarazzanti. Avere uno strumento a disposizione che ogni giorno mi permette di centrare il mio stato vitale e di diventare padrone della mia mente è stato fondamentale. Innanzitutto a tenermi in vita e poi ad attirare buona fortuna. Questa pratica del buddismo di Nichiren Daishonin, recitare nam myoho renge kyo, la legge della vita, alza lo stato vitale. La mattina prego per ritrovare tutti i giorni l’entusiasmo e la gioia di vivere e per fare una trasmissione divertente e creativa. Poi recito per avere buona fortuna. Lavorare in Rai da 22 anni è una grandissima fortuna, tanto più che non ho mai avuto una tessera di partito.
Perché restituire in un libro un’esperienza così intima? Non hai pensato che potevi esporti troppo?
Da tempo smaniavo alla ricerca della forma con cui raccontare la profondità della mia esperienza di fede. Non avevo smanie letterarie, né volevo riportare le mie vicende private, tantomeno mettere in piazza la mia privacy, così delicata, ma negli ultimi tempi osservando quanto è fragile la vita umana, anche la mia, ho pensato che sarebbe stato un peccato “stirare le zampe” senza aver raccontato come è stato bello affrontare i problemi, anche la mia serio positività, con gioia. Volevo dire che si può vivere felici anche con un problema. La grande scoperta che ho fatto è che la cosa importante non è stato il successo, né i soldi, né la bellezza del compagno che sto per sposare, ma la gioia di vedere che il sistema teorico di questo insegnamento funziona. Mi dà gioia di per sé. Se si pensa che io nasco come persona timida, impacciata e insicura e che ho iniziato questa pratica pensando che fosse come una tecnica yoga, scoprire che mi ha fatto svoltare la vita a distanza di 27 anni, è stata una cosa così bella che non potevo tenermela per me. Sarebbe stata una taccagneria intellettuale e umana.
Quindi arte vita e buddismo sono una stessa cosa?
E’ la vita che è unica. Anzi quella vita che conducevo come se fosse un puzzle con tanti Antonelli separati: Antonello che lavora, Antonello che fa sesso, Antonello che sta in famiglia, adesso non c’è più perché c’è un Antonello solo.