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Il Trentino di Dario Fo nel ricordo di Bonfanti: "Il debutto al vecchio cinema Roma dove proiettavano film porno"

Le parole commosse dell'organizzatore artistico: "Era un amico". I ricordi: "La censura di Franca Rame e le 'visite' nella cucina del Pedavena"

Di Donatello Baldo - 13 ottobre 2016 - 11:21

TRENTO. Per la cultura italiana oggi è un giorno triste ma per Fausto Bonfanti, che Dario Fo l'ha conosciuto e che negli anni con il premio Nobel aveva intrecciato un'amicizia fatta di stima e collaborazione, questa giornata è triste davvero. “Ho appena parlato con suo figlio e con Mario Piromano, la persona che sta al fianco di Dario ormai da molti d'anni".

 

"Mario mi stava raccontando che 15 giorni fa hanno recitato assieme a Cesenatico" continua Bonfanti. "Era sul palco anche lui per sostenere il Maestro, per assisterlo. I medici gli avevano sconsigliato qualsiasi sforzo per i problemi polmonari che da tempo lo affliggevano, ma per Dario il palcoscenico era tutto, era impossibile fermarlo, lo so per esperienza”.

 

Il ritratto che Bonfanti fa del Maestro è questo, “una persona infaticabile, un mostro di bravura ma anche di passione. Non si è mai lasciato scoraggiare, nemmeno a 90 anni: nemmeno la morte di Franca Rame, la sua compagna per una vita, nemmeno la morte dei suoi più cari amici con Enzo Jannacci lo hanno scoraggiato. Lui era fatto così, voleva andare avanti – spiega Fausto Bonfanti – e lo si capisce dai suoi ultimi lavori, dalla collaborazione con Paola Cortellesi per lo spettacolo sulla Callas, dai quadri che dipingeva con colori vivi, opere che esprimono gioia, per niente cupe, anzi”.

 

 

Quanti ricordi”, sussurra commosso Fausto. “Quando bruciò il Petriuzzelli di Bari mi chiamò per dirmi che il suo spettacolo "Johan Padan a la descoverta de le Americhe", che nel capoluogo pugliese non poteva debuttare a causa dell'incendio, avrebbe voluto farlo a Trento. Un'anteprima assoluta a Trento – ripete Bonfanti – io ero eccitato e spaventato allo stesso tempo”.

 

“Corsi subito a parlare con l'allora direttore del Centro servizi Santa Chiara Giorgio Rigo proponendogli le date dello spettacolo – racconta Bonfanti – ma le date erano già occupate da Andrea Castelli”. Niente da fare, impossibile cambiare il cartellone. “Andrera Castelli avrebbe voluto ma non fu possibile – spiega – ma ad una replica dello spettacolo di Andrea portai Dario e fu salutato dal palco dallo stesso Castelli. Ci fu un applauso fragoroso”.

 

Ma lo spettacolo di Dario Fo si fece lo stesso. “Andò in scena al Cinema Roma, famoso al tempo per la programmazione di film porno”. Sette repliche, “credo sia stato lo spettacolo con più repliche in assoluto a Trento”, sempre sold out. “Quando vedemmo il camerino che doveva ospitare il Maestro fu un problema: le pareti erano ricoperte da locandine di donne nude dei film in programmazione. Ripulimmo tutto di corsa”. Sorride Fausto Bonfanti: “Quando Dario lo venne a sapere ci disse che almeno una foto potevamo lasciargliela”.

 

“Era una persona umile, andavamo a mangiare al Pedavena, alla Forst. Lui si intrufolava nelle cucine, voleva assaggiare gli intingoli dentro le padelle, voleva salutare il personale di servizio, una persona speciale anche in questi piccoli gesti”.

 

Pochi giorni dopo si decise di portare in scena, sempre in Trentino, lo spettacolo di Franca Rame. Questa volta a Rovereto. “Uno spettacolo toccante, una denuncia forte, una donna – Franca – che sul palco rivive lo stupro che ha subito”. Ma lo spettacolo a Rovereto non si fece. Fu portato anche questo al Cinema Roma. “Doveva andare in scena al Teatro Rosmini, di proprietà della Curia. Il parroco prima di dare l'autorizzazione voleva vedere il copione. Dario si oppose, non avrebbe mai permesso che una sua opera fosse vagliata dalla censura, fosse di Stato o fosse della Chiesa non importava”.

 

Altri ricordi, altre avventure da raccontare: “Dario Fo lo riportai di nuovo a Trento qualche anno dopo con il Mistero Buffo, all'Auditorum del Santa Chiara. Dario volle però proporre anche un'altra cosa – racconta Bonfanti – decise di fare una prova aperta di uno spettacolo che stava preparando sulle vicende processuali legate all'omicidio Calabresi. Venne messo in programma per il pomeriggio, l'afflusso di pubblico fu enorme”.

 

Ma anche questa volta arrivò qualche critica. “Arrivò direttamente a me dalla direzione artistica del Centro servizi Santa chiara. Mi dissero che dovevo smetterla di portare a Trento personaggi ormai vecchi che non avevano più nulla da dare al teatro”. Era il 1997, pochi giorni dopo a Dario Fo veniva assegnato il premio Nobel per la Letteratura.  

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