Il rap d'ispirazione letteraria arriva in città, sold out alla Bookique per Murubutu
Il fondatore e voce del collettivo reggiano La Kattiveria racconta la miscela della sua musica fra rap, letteratura, storia e saggistica. L'artista è considerato fra i migliori storyteller nella scena musicale rap italiana

TRENTO. Sabato 4 febbraio alla Bookique suoneranno l’MC Murubutu accompagnato dalla storica Posse la Kattiveria. Prevendite sold out in pochi giorni e tanti che arrivano da lontano per l’evento. Chi lo conosce non se lo perderebbe per nulla al mondo, per loro e per chi ancora non lo conosce lo abbiamo intervistato.
Murubutu nome d’arte di Alessio Mariani, da Reggio Emilia, negli ultimi anni di carriera è riuscito a dare respiro a un mondo spesso un po’ asfittico e concentrato su se stesso come quello della scena hip-hop underground. La chiave di volta per questa riuscita ascesa verso la superficie va ricercata nella forza della narrazione che Alessio impone ai propri testi per definirne così una loro sicura e riconoscibile coerenza.
Questa coerenza narrativa lascia nello scheletro delle sue rime figure facilmente raggiungibili da parte del pubblico, figure che si sedimentano lentamente seguendo un ritmo spesso incalzante, estremo e dipingono con profonda precisione situazioni, storie, personaggi. Attraverso queste immagini chi ascolta i suoi testi può indagare l’universale posto nella sua forma originaria, incarnato nelle situazioni singolari, negli spaccati di vita, nelle sventure e nelle anonime gesta eroiche quotidiane. Ci si rispecchia così senza difficoltà nelle situazioni che Alessio incatena nei suoi versi vorticosi perché queste situazioni sono sempre profondamente umane, ed è proprio questa umanità a rendele facilmente accessibili.
Se quaranta anni fa era nel cantuatorato ormai classico di un De Andrè, di un De Gregori o di un Guccini che le generazioni passate incontravano la residua parte buona e incontaminata del loro io e la cullavano con gelosia tramandandola in seguito come insegnamento, giusto, ai quei figli che tutt’oggi li apprezzano, sarebbe altrettanto corretto che la stessa condivisione per inverso possa avvenire anche con i testi cesellati di un Murubutu che nella loro allusione infinta a miti, storia, politica, amore, morte aprono il respiro culturale e umano dell’ascoltatore.
Ma ciò non avverrà mai, perché? Perché il mondo è cambiato e la musica oggi è cattiva, deve essere cattiva per essere reale, come testimonia il nome stesso della Posse di Alessio 'La Kattiveria', e questa durezza, questa cattiveria è tutta nei beat, nell’estetica del suono dell’hip-hop, questa durezza è resa nella violenza sonora che dà al 'rappare' la sua intima consistenza: questa cattiveria è quindi l’ostacolo invalicabile per chi si è abituato al suono leggero che caratterizzava un passato ancora in fondo sognante, perduto. La tradizione non ha come dono una direzionalità inversa, non può passare dai figli ai padri, ma anche se la forma cambia, i contenuti permangono e i testi di Alessio lo testimoniano.
Murubutu arriva a Trento in compagnia di Posse e “posse”, termine spagnolo, altro non significa che un gruppo di miliziani, ma cosa è cambiato, se qualcosa è cambiato, dagli anni novanta, dai vostri esordi militanti?
"Prima di tutto ci tengo a dire che noi ancor prima di essere un gruppo di persone che fa musica assieme siamo un gruppo di amici. È grazie a questo legame fondamentale e quotidiano che ancora oggi ci troviamo in sintonia e suoniamo assieme. Sicuramente ai tempi dei nostri esordi a Reggio Emilia, la mia città natale, i pezzi erano più esplicitamente politici e diretti: si utilizzava molto lo slogan come canale di comunicazione privilegiato per far passare certi messaggi.
In un certo senso sicuramente allora dominava anche una retorica molto più omogenea dalla quale non potevi separarti quando componevi, si era storicamente legati agli eventi. Posso dire che i concetti e le battaglie sono rimaste le stesse, ma è cambiato il modo di esprimerli. Oggi nei miei testi privilegio la narrazioni nella sua accezione classica. Il mio rap ha oggi un’ispirazione letteraria, nelle storie che narro si intersecano letteratura, filosofia, politica, saggistica, mitologia e cerco di dare ai testi un’orizzonte ideale il più ampio possibile che possa anche servire da spunto per ulteriori esplorazioni".
Il tema del suo ultimo album è indiscutibilmente il vento, il titolo dell’album infatti è “L’uomo che viaggiava nel vento”e i pezzi hanno titoli come Linee di Libeccio, Grecale, Mara e il Maestrale. Qual’è il motivo di questa scelta?
"In realtà il motivo non è stato contenutistico, ma principalmente stilistico. Diciamo che in fase di realizzazione ho deciso di concentrarmi su un unico concetto, il vento, per poi tentare di costruire un universo di contenuti e storie che gravitassero tutte attorno a questo focus. Il fatto di dover ricondurre i brani all’interno del medesimo denominatore è stata anche una prova di virtuosismo, ho voluto mettermi alla prova".
Quali sono le sue principali fonti di ispirazione, dove trova il materiale e le idee per i testi? E ,una domanda più personale, normalmente dove e quando scrive? Quali sono i momenti più propizi per creare?
"Partendo dalla seconda domanda, i momenti più propizi sono quelli di silenzio, molto rari avendo due bambini (piccola risata). Ma in realtà, dormendo molto poco, per me il momento della giornata migliore, quando riesco a tradurre in testi le varie ispirazioni è la mattina dalle quattro alle sei, prima che tutto inizi.
Tornando alle fonti di ispirazione per me sono fondamentali i racconti delle persone, soprattutto degli anziani, amo molto ascoltare i racconti dei vecchi perché lì si possono trovare sedimentati interi mondi. In secondo luogo anche nei libri che leggo trovo molto materiale, tantissimi spunti, soprattutto nei libri di narrativa nei quali si possono incontrare intrecciate infinite storie".
Per concludere: tre libri e tre album per te imprescindibili?
Allora, dunque i tre libri sono 'Il ventre di Parigi' di Emile Zola, 'Bel Ami' di Guy de Maupassant e 'La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo' di Audrey Nieffenegger.
I tre album invece De Andrè, ognuno scelga il suo preferito tra i suoi classici, stesso discorso per Guccini e infine 'La rappresaglia' di Lou X , hip-hop old school.
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