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"Dolomitenfront", colpi di rock duro per spronare alla pace. Al Trento Film Festival l'opera di Sara Maino

Il film sfrutta gli angusti e spettrali spazi di Forte Dossaccio, nel cuore della Val di Fiemme, e trasforma le furerie in furiose performances musicali. Tra gli autori anche Ana Vukovojac, serba d’origine, ma da anni tra le Dolomiti, e Roberto Falsetti, romano, che hanno di fatto dato il là a questo ‘rock musical’

Di Nereo Pederzolli - 03 maggio 2017 - 17:45

TRENTO. Duro, indubbiamente dirompente. Scardina immediatamente archetipi comunicativi legati al cinema di montagna. E colpisce. Lo fa presentandosi come una delle tante ‘clip’ musicali per poi cambiare, repentinamente, nel linguaggio sonoro, nello scorrere delle parole e ovviamente in una valanga di immagini, tra citazioni metafisiche, horror, thriller, fantasmi compresi.

 

Il tutto ambientato in uno dei tanti forti asburgici che ora vengono recuperati per non relegare la Grande Guerra in una celebrazione soporifera, retorica quel tanto che basta. Ecco perché Dolomitenfront scardina ogni approccio festivaliero. Specialmente tra un pubblico abituato a contemplare silenzi, vasti orizzonti, scalate verso mète sempre più in sintonia con cielo, inteso nel suo significato religioso.

 

Dolomitenfront sfrutta gli angusti, spettrali spazi di Forte Dossaccio, nel cuore della Val di Fiemme e trasforma le furerie in furiose performances musicali, le stanze dei cannoni da guerra in sale dove il boato è sicuramente violento, ma ottimamente bilanciato, chitarre, batteria – pure bidoni di latta usati come grancasse – rispettano la loro stridula sequenza timbrica, senza sovrapposizioni.  

 

Rock duro che supporta un vero e proprio ‘musical’. Testi forse troppo lessicali, tante parole, cantate (mai stonate anche se talvolta scontate) davvero a squarciagola. Per urlare contro la guerra, quella che coinvolge i musicisti, in un confronto tra ideologia guerrafondaia e l’uso della musica.

 

Video presentato ad un pubblico decisamente rokkettaro, opera della regista arcense Sara Maino, da anni alle prese con studi sull’evoluzione del suono. Senza mettere limiti a stile o delicatezza delle armonie, del linguaggio musicale, rumore compreso. In grado di ‘passare’ dalle basse tonalità del canto stile georgiano – Sara Maino è nella troupe di fonici e operatori di Renato Morelli, il regista etnomusicologo di Pergine Valsugana che al Trento Film Festival ha appena presentato ‘Voci del Sacro’ – per giungere a questo dissacrante fronte sonoro.

 

Opera lungamente progettata, coinvolgendo anzitutto una schiera di giovani, validissimi musicisti fiemmesi, ma anche di Ana Vukovojac, serba d’origine, ma da anni tra le Dolomiti, e Roberto Falsetti, romano, che hanno di fatto dato il la a questo ‘rock musical’.

 

Grande l’impegno di tutto il cast, dei musicisti anzitutto, ma anche dei responsabili del mixaggio sonoro (davvero splendido) della fotografia (altrettanto mirata, con un tocco di sperimentazione attuata tra gli altri da due giovani film-maker della valle, Graziano Bosin e Manuel Morandini di DolomitiTv, che hanno collaborato anche con Gabriele Carletti per 'La Scelta di Quintino', e da Laura Gasperi, veterana della videocamera ) e di un montaggio che non lascia scampo all’ozio. Urla, grida con violenza contro ogni impeto guerrafondaio.

 

Colpi di rock, duro, per spronare alla pace. Senza rispettare, stavolta, il silenzio della montagna.

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