Dalle uova bersaglio dei 'pisciavaca' di Ravina all'agnello da regalare al parroco fino alla benedizione degli occhi, ecco tutte le tradizioni della Pasqua "nostrana"
C'è la 'cocciatura' dell'uovo con la quale si vede qual è il più resistente e il tradizionale dono dell'agnello al parroco che doveva essere fatto dai genitori dell'ultimo figlio maschio nato in paese prima di Pasqua. Tradizioni e usanze del Trentino e non solo

TRENTO. Le uova che si rompono, per far nascere giusti pensieri. Con l'uovo che diventa simbolo della rinascita e della perfezione. Con qualche sorpresa. In queste ore uova e agnelli - a dir il vero anche capretti ... - sono protagonisti della vigilia.
Non a caso l'uovo è un simbolo. Lo è stato per i greci, lo è per il cristianesimo. Senza sorprese. Perché è stato uno Zar ad avere per primo l'idea di far mettere un gioiello per la sua amata all'interno di un uovo. Artificiale. Fatto fare da Fabergé, mastro gioielliere francese che di uova d'autore ne ha prodotto a centinaia, che valgono ora un patrimonio.
Per imitare lo Zar (e per non scomodare le galline) sono 'nate' poi le uova di cioccolato. Con dimensioni spesso ciclopiche, per stupire - nella forma - ancor più della sorpresa custodita, nascosta, all'interno del 'cioccovo'. A proposito di uova di gallina. Mani esperte riescono ancora a svuotare l'uovo, fresco, senza romperlo. Per poi colorarlo, abbellirlo con qualche disegno. Uova pasquali per addobbi casalinghi, gusci fragilissimi da appendere a rami fioriti, per l'albero di Pasqua. E fondamentale è il colore delle uova, una consuetudine contadina.
Colorare per gioire. Ma anche uova da 'far cocciare' - una volta cotte - l'una con l'altra. Sperando di vincere con la più cocciuta. E ancora. Uova come bersaglio, per sfide rusticane della vigilia o di Pasquetta. Consuetudine dell'Alta Val di Non, verso la Mendola, e pure della comunità di Ravina, la borgata sotto la roggia di Sardagna, chiamata dialettalmente 'pisciavaca'. Idem la sfida tra i ragazzi di Mattarello e di altri minuscoli paesi dolomitici. Dalle uova agli agnelli. Indipendentemente dalle polemiche animaliste. Un tempo ogni comunità montanara, delle vallate trentine, onorava la Pasqua con il dono dell'agnello (o capretto) alla famiglia più bisognosa. In altri comuni si usava regalare l'agnello al parroco. Dono che doveva essere fatto dai genitori dell'ultimo figlio maschio nato in paese prima di Pasqua.
Ma oggi resiste un'altra consuetudine contadina. quella delle 'glorie', la benedizione degli occhi. E' il rito dei vecchi della Valle dei Laghi. Ci si ritrova nel tardo pomeriggio - magari a Castel Toblino - per scambiarsi gli auguri, per discutere sulla stagione, magari per rievocare la pigiatura del Vino Santo che ha appena iniziato a fermentare. Buona creanza rurale, insomma. Si recita qualche preghiera, si gusta un buon bicchiere di Nosiola e - sempre con questo vino - ci si bagnano gli occhi. Reciprocamente. Per ritrovare la gioia. Auguri