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Al Portland la stagione è sempre bella

Tredici proposte nel piccolo ma vitale teatro di Via Papiria a Piedicastello. La prosa che lancia messaggi esplorando l'intimo e il collettivo. L'analisi del sociale nel dna della realtà produttiva guidata da Brunello. Un intreccio di linguaggi e di emozioni negli spettacoli. E un "seguirà dibattito" declinato al contrario: si parlerà con esperti, attori, registi e pubblico prima di andare in scena.

Di Carmine Ragozzino - 06 ottobre 2017 - 12:06

TRENTO. Il tredici al totocalcio era una chimera fatta di speranza e improperi. Il tredici su un palcoscenico – il palco di un teatro piccolo nella dimensione ma grande nella vitalità - è una realtà. Vincente.

 Una realtà condivisibile: pubblico e attori, al Portland, non hanno quasi “grado di separazione”. E ci guadagnano tutti: attori e spettatori.

 Tredici sono gli spettacoli offerti questo ed il prossimo anno dal Portland.

 

Sono tanti per una realtà produttiva che di anno in anno s’è consolidata e radicata, (e non solo a Trento), animando lo spazio di via Papiria. Una fucina di idee e pratiche artistiche nella Trento popolare di un rione, Piedicastello, che rispetto alla città vanta credito.

 

Ma radicarsi e crescere non vuol dire navigare nell’oro. E quindi meritano un surplus di elogio l’impegno, la volontà, la tenacia di chi gestisce e promuove il Portland. Luogo di spettacolo, certo. Ma anche luogo di formazione. E, più di tutto, luogo di incontro e di scambio. La stagione del Portland si chiama “La bella stagione”. Potrebbe apparire un titolo presuntuoso perché in teatro a decretare il bello ed il brutto è il giudizio del pubblico. Ma “Bella stagione”, al Portland, probabilmente significa altro.

 

 Significa stagione bella per chi nell’organizzare – Andrea Brunello e la sua squadra – vede nelle proposte l’occasione per allargare i propri orizzonti, per tessere nuovi rapporti con la prosa di senso e ricerca di cui l’Italia è ricca, per rafforzare collaborazioni basate sulla stima, (non solo artistica), tra Portland e partner nazionali. Passi quindi il “bello” che qui vuol dire null’altro che “crederci”.

 

 E credendoci, quelli del Portland anche questa volta hanno messo in cartellone tanti frammenti importanti di un quotidiano che sul palco di via Papiria si traduce in impatto, emozione, analisi scomoda e a volte provocazione. Scorrendo i titoli, i tredici titoli, abbinati alle storie e alle caratteristiche delle compagnie protagoniste il discorso si fa chiaro. Magari non semplice perché alcuni spettacoli non rinunciano ad una sana complessità. Ma è un discorso lucido.


Un discorso, una proposta, coerente con una realtà produttiva che ha sempre scelto di puntare i fari anche sul buio, le contraddizioni, la scomodità. Il teatro civile, quello che non si nasconde e che ti sbatte in faccia limiti e problemi, rimane il dna del Portland.

 

 Ma anche quando urla l’arte, in questo caso il teatro, sa lavorare di fino.

 Forse una scenografia povera che vale molto più di danarose macchine da palco. Magari con pochi attori che miracolosamente sembrano una folla. Magari con un contatto, un’immediatezza ed un’onesta che le grandi produzioni non possono e non vogliono permettersi.

 Nella “Bella stagione” del Portland si spazia tra contesti e geografie tematiche, comprese quelle drammatiche, del presente. Il debutto del 3 novembre, “Ultimo atto” di Scenica Frammenti, è ad esempio una pubblica introspezione sul ruolo dell’attore. Chi fa teatro non può che continuare a guardarsi dentro per orientare chi guarda da fuori.

 

 E la storia dell’ultimo atto è, appunto, una storia che vale chissà quante storie: la storia di un attrice in scena fino ad ottant’anni. La vita arriva sempre al termine. Se ci arriva recitando – recitando la vita – non è una vita qualunque. E qualunque non deve essere nemmeno il secondo spettacolo, “Nuovo Eden”, di Chronoss3: maschere di lattice ma nessuna maschera per mettere a nudo l’imprevedibile di un uomo che torna dal coma dopo 15 anni.

I n dicembre c’è Natale, festa di bontà che in questo mondo masochista suona di beffa.

 

Al Portland si andrà in Paradiso, (Con me in Paradiso) prima di Natale. Un gruppo di rifugiati africani a recitare. Forse a recitare il loro Inferno. Ma non è detto. Il teatro del Portland si è sempre inchinato all’imprevedibile. La compagnia Eccentrici Dadarò dell’imprevedibile, e della sorpresa, ha sempre fatto arte coinvolgente.

 

 Sarà probabilmente così anche nello spettacolo “ Montagne Russe”. Con le montagne – quelle interiori – racchiuse dentro un appartamento. Dentro una coppia.

Nell’anno nuovo al Portland è “Sempre domenica"della Compagnia Controcanto. Un collettivo teatrale pluridecorato nei concorsi. Sei sedie, sei attori e un microscopio, (che non c’è). Ma il meglio ed il peggio dell’animo umano si possono ingrandire anche senza vetrini.

 La “bella stagione” è lunga. Tutto non si può presentare. Troppa sintesi farebbe torto a chi recita e chi li porta a Trento per recitare. Ma di tutto si può parlare sul palco. Si può riparlare, (e mai stancarsi che finiamo male) di partigiani e di Resistenza con il “Respiro d’Anima”.

 Si può parlare di alienazione. Lo si può fare recitando un signor drammaturgo scozzese che in Amore Ricucito prova a rammendare gli strappi dell’anima e del cuore. Si può materializzare un best seller letterario, mettendo in scena il cromosoma in più (che vuol dire divertimento in più) di “Mio Fratello rincorre i dinosauri”.

 

 Portland, tuttavia, quest’anno non è solo Portland. E’ in atto – per ora felice – un’unione civile a tre: Portland, Aria Teatro ed Estroteatro/Teatro E. I teatri di Piediscastello, Meano, Villazzano e Pergine hanno una biglietteria unica, card con reciproche riduzioni e un cartellone che con circa 200 proposte crea una situazione inedita per organizzazione ma soprattutto per “peso culturale”. E' nato un "polo" dell'altro teatro. C'è di che essere soddisfatti dopo anni di vane prediche sui vantaggi delle sinergie artistiche.


Se sinergia vuol dire scambio serio, vero, è normale che il Portland traslochi a Villazzano con “Pale blue dot”, lo spettacolo “di casa” Brunello, (la compagnia Arditodesio) e “ Ahab, è breve il tempo che ci resta”. Qui si rovista nello schifo di chi rovina irrimediabilmente l’ambiente. E qui il Portland anticipa la seconda edizione di quel “Teatro della meraviglia” che anche stavolta sarà a Sanbapolis per mettere la scienza in prosa e raggiungere importanti obiettivi divulgativi senza l’angoscia dei tomi. Con Aria Teatro invece il Portland dividerà la fresca giovinezza di “Banana Split”.

Detto tutto? Più o meno. Anzi no.

 

 Va accennato al “seguirà dibattito” di cineforum memoria che il Portland decina al contrario. Con la proposta “Spettatore Accorto” il dibattito sullo spettacolo da vedere avverrà prima che si spengano le luci e di accendano i fari. Per un’ora, il venerdì, parola ad Andrea Brunello, allo studioso Enrico Piargiacomi, agli attori che collaborano con il Portland, ai registi ed agli attori ospitati. Il “Seguirà dibattito” era spesso una tortura obbligatoria.

Il dibattito anticipato potrebbe aumentare l’appetito per un teatro di scoperta.

Un teatro che non teme di andare allo scoperto esplorando l'inconsueto.

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