Spazio Rivista: il magazzino creativo al numero zero
Nasce per iniziativa della realtà culturale e produttiva di via Vannetti uno strumento aperto a chiunque voglia esprimersi con racconti, poesie, hayku e immagini. "Voci oltre la scrittura e scritture che riconducono alla voce, ne preparano le tessiture", dice Elena Marino nel suo editoriale. Una bella scommessa di carta fortemente voluta da chi frequenta o gira attorno a Spazio 14. E il venerdì sarà "free": libertà di confronto

TRENTO. “Filiazione naturale, da testi detti, letti, recitati, im - provvisati, esplorati e da immagini che guidano, mesmeriche, per far ritrovare a ognuno qualcosa di sé fra le luci che evidenziano o criptano una performance. Voci oltre la scrittura, e scritture che riconducono alla voce, ne preparano le tessiture”.
Comincia così – (criptico ma nemmeno troppo. Un po’ di sforzo letterario non guasta) – l’editoriale con cui Elena Marino presenta il numero zero di “Spazio Rivista”. Spazio sta per Spazio 14, il minino vitale per chi vorrebbe campare di teatro e che da anni si prodiga tra corsi e produzioni nelle attività creative dei locali di via Vannetti. Al civico 14, appunto.
Rivista sta per rivista – carta da riempire d’anima e ragionamento – con l’ambizione di proporre una rivista che non sia già vista. “Da tempo chi bazzica Spazio 14, allievi dei corsi di teatro e aficionados di varia natura e formazione – spiega Elena Marino - ci chiedevano di azzardare anche questo strumento per stimolare confronto e dibattito non solo al nostro interno. Ci abbiamo provato”.
Sintetica e chiara la missione dichiarata dalla Marino che assieme a Silvia Furlan manda avanti – non senza difficoltà – l’impresa cultural- aggregativa di Spazio 14. Ma la scelta della carta è intrigante anche nel suo andare controcorrente. Verba volant e scripta manent? Non sempre, ma spesso sì. Specie se una “Rivista” viene immaginata – così come pare sia stato a Spazio 14 – per stabilire un moto di andata e ritorno tra parola e altre forme espressive, compresa ovviamente quella teatrale. Specie se la carta - che si sfoglia, che "resta" - diventa una confortante alternativa all'impalpabilità dei social.
Scritture, racconti, poesie, haiku urbani, immagini: questo il materiale che la Rivista si propone di raccogliere offrendo un terreno di visibilità e di promozione a chi sceglie di utilizzare quello che viene battezzato come “magazzino creativo”.
E pare che il solo passaggio dall’idea all’ipotesi pratica abbia fatto subito bingo. “Siamo stati travolti dalle proposte – scrive ancora Elena Marino nell’editoriale – e speriamo che il flusso continui inarrestabile e felice”. Un flusso “ricco” che per la prima uscita passa da un’esperienza all’altra riempiendo le pagine di spunti interessanti. Tanto privati quanto pubblici.
Anna Fabbri, nella sua “Neo-nata”, allarga gli orizzonti della poesia alla speranza: “Ovunque ci sia una finestra sul cielo, sono a casa”. Maria Tedesco mette in racconto i suoi vent’anni e non ci gira attorno: “Cosa rimarrà della giovinezza? Il suono di un muro vuoto, i versi che infiammano le guance; la giovinezza fa il suono delle pareti cave, delle monete gettate nel pozzo, dei fianchi tenuti fermi, delle scopate nei bagni della scuola, dei ragazzi con i preservativi nelle tasche. E i giorni della giovinezza sono come frutta toccata che conserva una bella buccia”.
A Jaja Capurusso serve poco, poche righe, per entrare nel “tanto” delle immagini: “Come un’onda, delusione in petto – persiane chiuse”. Gli Haiku sono così: tanto nel poco. E poi ancora racconto, come quello di Viki Keller che profuma di filosofia generazionale: “Ma se non siamo noi stessi gli artefici della forza capace di affrontare ogni evento della vita a chi altro potremmo affidare la speranza?! E tu, cosa pensi di fare?”.
Sofia Astergiano “pensa di fare” poesia, in bianco e nero. O meglio, in bianco su nero di una delle pagine dello Spazio Rivista: “E poi di nuovo acqua. Come la luna bianca Come questo maledetto cielo troppo pieno di pensieri, alcuni fieri, altri neri neri. Non si vede, non si crede. Solo cielo intorno a me. Solo buio dentro di me”. Introspezioni ma anche frammenti rielaborati in versi e distici da Sergio Frassinelli: “Una rossa segretaria cerca disperatamente di fissare le proprie ferie settembrine controllando meticolosamente le presenze giornaliere dei colleghi mentre il desiderio di disintossicarsi dalla numerosa presenza turistica estiva rende casalinghi anche i piú instancabili parlatori e battutari".
Forse proprio qui, ma non solo qui, si intuisce la scommessa di Spazio Rivista quando immagina come materializzare – magari su un palco – quello che pubblica. E al gioco – a questo gioco – potrebbe prestarsi tanto il racconto quanto la poesia.
Come la poesia “veloce” di Laura Rosa: “Brandelli di luce davanti agli occhi socchiusi. Se apri gli occhi i brandelli si uniscono”. O, ancora, come il racconto di Annalia Bellan che senza sforzo indica il canovaccio possibile di una piece fin dal prologo: “Che cosa accadrebbe se vi fosse un messia? Se la folla si trovasse davanti la tanto attesa salvezza? Sarebbe davvero felice?” Dentro Spazio Rivista un po’ di inconsueto, anche grafico, ci sta bene.
E’ l’inconsueto a scrittura sbilenca di Paolino Paperino, (Luigi Siviero): “Paperino pianse, pallido. Prese pistola, pallottole, pallettoni. Però pensò: “Polvere pirica! Potrei pappare piste pirotecniche!” Paperino, pago, pagò pegno perendo pazzerello”.
Palestra di scritture, immagini, vocalità. Spazio Rivista chiude così come aveva iniziato, rivendicando e ribadendo la volontà di raccogliere più di ogni altra cosa l’eterogeneità per farne qualcosa di più. Forse teatro. Forse performance. Forse l’uno e l’altro. Si vedrà.
Ma intanto si vede già in questo numero zero quanto sia il bisogno di uscire allo scoperto da parte di chi non ha fama letteraria ma ha certamente fame di letteratura. E per questo la sfida di Spazio Rivista, la sfida di Spazio 14, appare meritoria. Allarga gli orizzonti. Offre occasioni a chi prova a sperimentare le più diverse forme di espressività. Mica è poco. Per chi lo ha ideato Spazio Rivista è già una festa. E legittimamente domani a Spazio 14 si farà festa – dalle 20- sfogliando il numero zero. Con la festa debutterà tuttavia anche un nuovo percorso, quello di Freeday. Venerdì, (Friday) che diventa free (libero). Libero di liberare ogni genere di creatività.