Piergiorgio Cattani e Martina Caironi protagonisti di "Niente sta scritto"
Prodotto da Fondazione Fontana Onlus in collaborazione con Filmwork, non parla di disabilità. "Questa è un po' una provocazione, nel senso che questo film racconta che si può scrivere il proprio destino anche se potrebbe sembrare che il destino dei due protagonisti sia stato già scritto"

TRENTO. I protagonisti del documentario firmato da Marco Zuin sono la campionessa paralimpica Martina Caironi e Piergiorgio Cattani. "Martina ha perso una gamba in un incidente - racconta il regista - e poi si è scoperta campionessa del mondo dei 100 metri. Piergiorgio è un giornalista, uno scrittore, un filosofo, e lui convive con una malattia degenerativa da molti anni".
Ma "Niente sta scritto", questo il titolo del film prodotto da Fondazione Fontana Onlus in collaborazione con Filmwork, non parla di disabilità. "Questa è un po' una provocazione - ammette Zuin - nel senso che questo film racconta che si può scrivere il proprio destino anche se potrebbe sembrare che il destino dei due protagonisti sia stato già scritto".
Niente supereroi, quindi, "e nessuna retorica, in cui spesso, trattando questi argomenti, è facile cadere". Il regista spiega che la realizzazione della pellicola è avvenuto grazie a due consulenze importanti, "le consulenze degli stessi protagonisti che mi hanno permesso di conoscere il loro mondo".
Alla presentazione di "Niente sta scritto", oltre ai protagonisti, agli autori e ai produttori, anche l'assessora Sara Ferrari: "Sono qui a rappresentare la Giunta - afferma - ma soprattutto la comunità trentina. Ciascuno è fabbro del proprio destino, si dice, e credo che questo sia il tema di questo documentario". Un documentario "che dovrà essere diffuso soprattutto nelle scuole, un progetto in cui la Provincia ha creduto molto".
Nel breve filmato proiettato, il teaser del documentario, si raccontano due vite in parallelo, un viaggio nella quotidianità e nelle relazioni di Piergiorgio e Martina. "Quando ho incontrato Piergiorgio - confida il regista - ho capito che non sarebbe stato facile raccontarlo. Lui è esigente, puntiglioso".
Questo atteggiamento è però stato di aiuto, "perché mi ha fatto approfondire, capire di più: è stato il mio primo consulente". Con Martina si racconta il viaggio in Kenya, "dove le difficoltà per lei erano maggiori ma dove si è sperimentata, e raccontata, la relazione con gli altri ".
Luca Dalbosco, della Filmwork, ha ricordato la frase del regista cileno Patricio Guzman: 'Un paese senza un documentario è come una famiglia senza un album di fotografie'. "Quando ci è stato proposto questo progetto abbiamo accettato subito - ha spiegato - perché riusciva ad affrontare temi che solitamente, purtroppo, rimangono troppo spesso marginali".
"Io mi sono divertita - ha detto invece Martina Caironi - un'esperienza nuova, la sfida del Kenya, la mia prima volta in Africa. E il documentario: quindi un doppio divertimento". Ma non è un documentario che parla di lei e delle sue imprese sportive, "a questi sono abituata".
"In questo documentario sono raccontata in parallelo con Piergiorgio, entrambi siamo accomunati da una disabilità, ok, ma qui non si parla di disabilità, si parla di abilità. Come nello sport - spiega - dove si esalta la capacità, perché in fondo di limiti ne abbiamo tutti",
"Io credo che qui il tema sia quello della diversità - afferma l'altro protagonista, Piergiorgio Cattani - quella che accomuna tutti coloro che si sentono percepiti come diversi, siano disabili o immigrati o altro. C'è una sorta di imbarazzo nel relazionarsi con chi è diverso, anche se solo esteticamente".