L'ira modesta del pelide Andrea. Castelli rivisita Omero
Venerdì al teatro di Meano debutta "La mia Iliade". Il monologo dell'autore-attore trentino è un omaggio fatto di tanti registri diversi al poema che più ha amato da quando studiava in braghe corte. L'omaggio a personaggi e storie mitiche che hanno molto da dire anche al presente. Trattati tutti con rispetto ma con l'immancabile ironia che alterna italiano, dialetto, ma anche romanesco e veneto. Achille, il tallone e una fine ancora incomprensibile

TRENTO. Giochicchiando - con rispetto e senza offesa - il monologo l’avremmo chiamato in altro modo. Per esempio “L’ira modesta del pelide Andrea”. Dove modestia è però un superlativo. Modestia, e cioè umiltà. Sì, perché ci vuole innanzitutto umiltà nell’approcciare il mito – il mitico Omero dell’Iliade – con l’intento di metterlo in prosa. Manipolandolo senza mettersi in posa.
Andrea Castelli ci proverà da venerdì. Il debutto sarà a Meano e poi repliche in provincia. Andrea Castelli racconterà l’Iliade. A modo suo. Di qui “La mia Iliade” che tuttavia vuol essere un’Iliade per tutti. E cioè per tutti quelli che l’hanno conosciuta a scuola e magari l’hanno repentinamente dimenticata. Omero? C’è anche chi lo ha maledetto incappando nei troppi professor Aristogitone che dalla cattedra tolgono anima e cuore al poema per pretendere solo memoria e noia.
Ma c’è anche di chi – come è capitato a Castelli quando portava le braghe corte – ha avuto la fortuna rara di imbattersi in un docente capace di “trasmettere”. Trasferire quel che più di ogni altra cosa un classico può trasmettere: la lungimiranza.
Certi classici hanno la magia dell’attraversamento: passano da un’epoca all’altra e in ogni epoca hanno qualche messaggio da lasciare. Offrono qualcosa su cui fermarsi a meditare.
Il professor Antonio Clauser sembra essere stato più delizia che croce per il Castelli studente. E L’Iliade è stata più di una rilettura per il Castelli adulto. Per il Castelli professore di lettere e per il Castelli artista. L’Iliade del professor Clauser il Castelli autore, attore, se la deve essere coccolata per anni ed anni prima di decidere che era giunta l’ora di omaggiare.
L’ora di un omaggio multiplo: al suo docente, alla scuola quando ti mette la fregola di andare oltre la scuola e soprattutto ad un testo che nonostante l’età più che vetusta è utile al presente.
Ecco dunque il monologo. Ecco “la mia Iliade” . O meglio la sua Iliade. “Tanto per far capire – dice Castelli – quando andavo a casa dopo la scuola continuavo a leggerlo quel poema epico. E su quei personaggi ricamavo d’immaginazione”.

Certo i tanti che si sono massacrati gli zebedei su Iliade, Odissea, Commedia e quant’altro fa obbligo scolastico – le turbe di una scuola che raramente concede spazio alla fantasia - penseranno che Castelli sano del tutto non doveva essere. “L’Iliade per me era ed è un film, una saga, un’esplosione di personaggi che mi hanno accompagnato per una vita e che adesso ho deciso di materializzare sul palco cercando di farli diventare familiari al pubblico così come sono e mi sono familiari”.
E come si rende familiare un classico? Come si modernizza un poema? La ricetta di Andrea Castelli è semplice: rispettandolo. Ma in libertà. La libertà che Castelli s’è preso scrivendo e interpretando “La mia Iliade” è una libertà di divertimento – proprio e del pubblico – nell’accentare i caratteri degli eroi quanto quelli degli sfigati dell’Iliade. Le figure di peso e le mezze cartucce.
E poi la libertà di evidenziare non gli esametri dattilici di cui non può probabilmente fregare di meno ma quel caleidoscopio di argomenti per i quali l’Iliade potrebbe essere scrittura dell’oggi. O anche di domani. E cioè la guerra e l’amore, l’amicizia, la gelosia, il dolore, l’eroismo e la pusillanimeria e il coraggio, la saggezza e un fare fru fru che esisteva anche nella notte dei tempi.
Ovviamente l’Iliade da palco – l’Iliade da monologo - non può ridursi a lezione. E il didascalico non può stare nemmeno dietro le quinte. L’Iliade da monologo – Castelli e basta – deve vestire il poema, i suoi personaggi, di una comunicabilità che trascende e forse perfino confonde i fatti di cui sono stati storici protagonisti. Ed è allora coerente con il Castelli one man show il fatto che Achille, l’iroso e funesto, gigioneggi in romanesco. O che Agamennone abbia l’accento veneto. Ci sta anche che nell’Iliade di Castelli spunti e conquisti credito un soggetto che Omero non s’era immaginato: quello che rimasto dentro il cavallo, (di Troia). Scioccato. E l’esperienza scomoda diventa “centrale”.
L’Iliade in trentino. E l’Iliade in italiano. Nel monologo Castelli vuole nobilitare l’uno e l’altro perché si può e si deve recitare senza puzza al naso. Ma si può e si deve recitare senza che il dialetto diventi un clichè, una trappola filo-drammatica.
L’Iliade di Castelli sarà – assicura - una sintesi con diversi registri seppur con un solo registattore: il comico e il drammatico, il poetico e il picaresco, il serio ed il faceto. “Perché è la mia Iliade” – insiste Castelli. Un’Iliade di domande che Castelli s’è trascinato – pare – dall’adolescenza alla maturità (?). Domandoni tra mito e scienza: “Come cavolo è possibile che Achille ci rimetta la pelle per una freccia nel tallone?” E ritratti di personaggi bistrattati al solo fine di renderli più simpatici: “Agamennone che si confonde con i nomi delle schiave. Cassandra che nessuno se la fila mentre infila più previsioni. Giuste”.
Trattando qui una presentazione lo stop è doveroso. L’Iliade non sarà un giallo ma mica si può anticipare troppo. Piuttosto è bene ricordare chi ha prodotto il lavoro di Andrea Castelli: Trento Spettacoli. Castelli con il sodalizio di Filosi & C Castelli ha già lavorato calandosi nei panni di Cesare Battisti nella fossa dei martiri. “Ed è stata una bella esperienza e una bella soddisfazione. Così come è stato gratificante lavorare in questo nuovo spettacolo con Tessa Battisti (scene e costumi) e Claudio Zanna (luci).
Non resta che attendere “la prima”. Coinciderà – purtroppo – con il primo dei due spareggi dell’Italia a caccia di Mondiale pedatorio. Peccato. Ma anche no: in fondo è una sfida . E se l' Italia dovesse schiantarsi l'Iliade tornerà ancora più attuale. L'ira funesta sarà un'ira nazionale.