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In teatro basta la parola? Anche no. Anzi no di sicuro

Andrea Saitta guida tre magnifici attori in un cartone animato in carne, ossa ed equilibrismo che gli fa conquistare il Premio Fantasio 2017 alla fine di una due giorni di mini spettacoli- studio sulla Locandiera di grande impatto, inventiva e curiosità. Goldoni? Ritmo, gesto e sincronia che convincono due giurie su tre. A Villazzano il concorso si conferma un'idea vincente per formula e percorso. Chi deve intendere....

Di Carmine Ragozzino - 25 novembre 2017 - 14:28

TRENTO. Una mitica pubblicità lassativa diceva “Basta la parola”. Diventando lessico comune. A teatro la parola è spesso il tutto. Eppure se ne può fare a meno. Si può limitarla, centellinarla.  Sorprendentemente, a volte è meglio. Sul palco può parlare il corpo. Sul palco il gesto – studiato, allenato -  non è mai indigesto.

 

Sul palco si dialoga anche da muti. O quasi. Sul palco il ritmo può dettare i tempi di una musica senza strumenti che suona meglio di un’orchestra. Sul palco si può scherzare che più seriamente non si può. E si può scherzare anche con Goldoni, un pilastro nel passaggio dalla commedia dell’arte all’arte della commedia -  senza correre nemmeno per un attimo il rischio di prenderlo in giro.

 

“La locandiera” secondo Andrea Saitta – lo scorcio, lo studio d’opera presentato venerdì a Villazzano - ci ha messo un nulla a far capire chi avrebbe vinto il Premio Fantasio 2017. Il curioso, virtuoso, premio alla regia teatrale che si misura in otto versioni su uno stesso testo. La giuria, anzi le giurie, hanno avuto gioco facile nel compiere -(due su tre almeno) - una scelta coerente con il fragore di un applauso pieno di godimento e di meraviglia alla fine di quindici minuti troppo corti per quanta simpatia hanno saputo liberare.

 

“Esprit de pom de terre” si chiama il flash. Spirito di patata? Macché,  ironia genialoide che ha preso le forme di un caos  organizzato con precisione maniacale. Tre attori di indubbia bravura e di  impressionante sincronia, lo hanno trasformato in una prosa ginnica. Prosa tutta d’un fiato. Prosa senza posa e senza riposo per la frequenza dei “colpi di scena”. Prosa a scomparsa. Prosa a caduta, (finta ma vera). Prosa di striscio. Prosa a strascico. Prosa a salto. Eppure prosa.

 

Anche un cartone animato, (ma in carne, ossa ed equilibrio non solo fisico) può animare il teatro classico. O meglio, lo può rianimare tuffandolo in un presente teatrale esce da ogni schema senza sfuggire né alla storia né al copione.

 

Mirandolina, i due aspiranti amanti, i personaggi di contorno. Confusi sì, ma riconoscibilissimi. Frenetici sì, ma alla fine intensi. E mutanti. Il passaggio dal maschile al femminile? Un guanto rosso e un divertente cambio di voce: la ricchezza della povertà e dell’essenzialità scenica. Nel teatro si può andare di trucco, (spesso pure di inganno) ma senza energia non si va da nessuna parte.

 

Il “corto” di Andrea Saitta vede lungo. Il resta-regista ha lavorato – come tutti gli altri sette colleghi di gara – con tre attori “sorteggiati”. Non è dato sapere se Saitta gioca a lotterie o ai gratta e vinci. Ma certo è un regista amante dell’azzardo teatrale. E se è vero che la fortuna aiuta gli audaci è normale che con Roberta Lionetti, Norman Quaglierini e Giuseppe Palagiano nel sorteggio del Fantasio lui abbia pescato un triplo jolly.

 

I tre attori sono  un unico, dirompente, movimento. Vanno di concerto semplificando la complicanza di un teatro che non sta mai fermo. Il loro concerto – sì perché questo sembra la loro Locandiera - non prevede assoli e acuti. E’ sintonia di silenzi, sguardi, risate, smorfie. Quanto mimo, quanto clown. Quanta contemporaneità. Quanta capacità di togliere a Fantasio una vocale per cambiarla: da Fantasio a Fantasia.

 

Per questo Saitta e i suoi tre compagni di sfida hanno vinto. Osando, con pieno merito. Ma il merito del vincitore di Fantasio non è demerito per gli registi in gara. Né per gli altri – tanti – attori in gara. Nelle diverse versioni del collante goldoniano s’è visto e apprezzato di tutto. Diversi approcci. Diversi sentimenti. Diversi messaggi. Ma più di tutto si confermato – nei due giorni di “corti” da finale – come la passione per il teatro – (vecchio e nuovo, antico o futuribile), permetta piccoli-grandi miracoli. Il Fantasio svela il testo su cui inventare quindici giorni prima di andare in scena.

 

Il Fantasio assegna ai registi attori a caso. Il Fantasio offre alle “mini compagnie” casuali cento euro – dicasi cento – euro per dotarsi di scenografia e oggetti all’uopo. Ne deriva che sul poco – sul niente – occorre per forza investire in creatività confidando che possa avere una resa da colpaccio in borsa.

 


 

Ne deriva il coraggio di un’equazione: meno mezzi, più idee. Una sedia, le Barbie dei cinesi che costano nulla, teli neri che ad arte disegnano paesaggi dell’anima. Eccetera. Chi più meno spende meno ha? In teatro la massima non vale. In teatro vale l’onestà.

 

E l’onestà con la quale gli otto registi hanno affrontato Goldoni ha mille forme. Ma resta sempre onestà. Come l’onestà sofferente di Azadeh Ahmadian, la giovane regista fuggita dall’Iran che vuole nascondere il mondo femminile sotto un velo. Per lei Mirandolina è libertà. Bisogno di libertà. Grido di libertà.

 

O come l’onestà inaspettata di Federica Amatuccio, che trasporta Goldoni “in via dei matti numero zero”. Una Locandiera psichiatrica? Non è solo roba intrigante. E’un’intuizione. Onestà è porsi un dilemma e lasciare al pubblico la soluzione. Come fa Alessandro Anil Biswas: Goldoni è attuale per i temi o per la struttura dei suoi testi?

 

Onestà è pure saltare nell’imprevedibile. Come la Locandiera & Dj set di Giancarlo Nicoletti che fa naufragare la borghesia goldoniana nei disastri del capitalismo dell’oggi. Onestà è la scelta di Felice Panico di trasformare Mirandolina in un’icona rock che canta Patty Smith e Janis Joplin per cantare il proprio riscatto in un mondo statico e mentecatto.

 

Onestà lungimirante, (premiata dalla giuria del pubblico) è quella di Saverio Tavano che mette l’amore al centro delle prove della sua Locandiera. Si amano le due attrici. Il resto non conta. Onestà provocatoria è infine quella di Edward Wilson: “Il rossetto sulle banane”, e potrebbe finire lì.

 

Invece non finisce. Il Fantasio continua a stupire per freschezza e originalità. Fresca la formula, originale il percorso,  esemplare l’organizzazione di Estroteatro che “a forza” di volontariato ha fatto crescere anno dopo anno il  concorso. Crescita di prestigio nazionale e internazionale. Ma anche crescita - che vale doppio o triplo - come fucina di rapporti e collaborazioni che vanno ben oltre la gara. Sucede nei 15 giorni di residenza creativa. Succede nelle prove. In teatro. Fuori dal teatro. Il Fantasio va bene così com'è. Se avesse più attenzioni da parte di chi gestisce la cultura, (i soldi della cultura) in Provincia, andrebbe ancora meglio. (Lo dice chi scrive, non chi lo organizza che tra i meriti ha anche quello di non piangersi addosso)

 

Se poi – come di solito succede col Fantasio – lo “studio” vincitore di quest’anno dovesse diventare uno spettacolo “intero” sarà utile prenotarsi un posto anche al buio. Sarà una bomba e non è detto che Goldoni non faccia sentire il suo applauso dall’aldilà.

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