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Disabili e abili sullo stesso palco. Ecco l'Oasi del teatro che fa crescere

A Calavino sabato debutta il quinto spettacolo nato dal rapporto iniziato parecchi anni fa tra l'associazione di volontariato della Valle dei Laghi e la Filodrammatica San Genesio. Trenta protagonisti in "En castel en vendita", 18 attori con "difficoltà" . Un'esperienza umana, artistica e sociale che libera energie e potenzialità sconosciute. La regista e la coordinatrice: "E' la vittoria delle buone  relazioni".

Di Carmine Ragozzino - 19 ottobre 2017 - 09:14

CALAVINO. L’associazione, volontariato a tutto tondo, si chiama Oasi. In Valle dei Laghi non è per fortuna un miraggio per le famiglie che temono il deserto di molteplici solitudini quando devono affrontare i problemi della disabilità. E di una limitazione che da fisica o mentale rischia di diventare sociale

 

La filodrammatica  locale è la San Genesio. Ha sede a Calavino. E’ longeva.  Di una longevità aggregante. Un’aggregazione trasversale nell’anagrafe e nelle professioni. Associazione di volontariato e filodrammatica lavorano da tempo assieme. Da  quindici anni almeno. Fanno un gran bel lavoro: con umiltà, convinzione e passione trasformano il limite in potenzialità, l’handicap in energia.

 

Lo fanno “mettendo in prosa” un mondo di difficoltà. Quelle difficoltà fisiche o mentali  che sul palco,  spesso,  spariscono. O mutano. O migliorano attraverso una battuta, un gesto, una scena. E’ un  mondo complicato quello in cui hanno deciso di muoversi insieme Oasi e San Genesio. Ma è un mondo ricco, che vale sempre più la pena di frequentare: esplorando, imparando.

 

Nascono così – e in questi anni ne sono nati cinque – gli spettacoli. Sono spettacoli dal percorso inevitabilmente tortuoso. Ma sono spettacoli che quando arrivano al traguardo lasciano sempre il segno. Gli applausi, certo. Ma più di tutto un’emozione che accomuna i protagonisti sul palco, quelli che stanno nelle quinte, chi sta in platea

 

Il segno di cui si parla è la testimonianza di un “si può fare”. Anzi,i di un “bisogna fare”. Si può e si deve – infatti – scoprire quanto il teatro – ma l’arte in genere – possa essere terapeutico per chi lo pratica: da attore, ma anche da spettatore. Il sodalizio tra Filo San Genesio ed Oasi sabato sera tornerà dunque in scena a Calavino. Debutterà con l’ultima produzione: “En castel en vendita”.

 

La storia? C’è, ma qui non conta. Contano semmai le storie dei trenta che animeranno la vicenda di una baronessa e del suo maniero. Diciotto dei trenta attori sono disabili. In scena – così come sempre è successo negli altri quattro spettacoli allestiti nel progetto – qualcuno  di loro sorprenderà per bravura e naturalezza comunicativa. In scena – come è sempre successo – tutti avranno occasione di mostrare come sul palco si cresce. E come si  può crescere assieme  - disabili e non – quando sul copione di un’esperienza prima umana e solo poi artistica ci sono scritte a caratteri cubitali le parole amicizia e stima.

 

Gigliola Brunelli e Alda Faes sono la regista e la coordinatrice – factotum degli spettacoli di questi anni.  Per la prima – la regista, autrice d testi compreso quest’ultimo – l’impegno non né solo sartoriale. Cucire una parte addosso ad un personaggio è già di suo un’impresa non facile. Ma scrivere una parte per i protagonisti degli spettacoli del sodalizio Oasi/San Genesio è ancora più arduo.

 

E’ possibile solo se c’è conoscenza profonda, affetto solido, stima per gli attori/non attori. Per gli attori disabili e per le loro caratteristiche estremamente diverse tra loro. C’è chi lega senza problemi con gli altri nelle prove e in scena. C’è il contrario, ed è dura per chi recita e per chi dirige. C’è chi memorizza senza patemi. C’è chi oltre una battuta non può andare. C’è chi va oltre ogni battuta: chi accentua, chi fa del copione una sua personalissima e imprevedibile versione. C’è chi sa concentrarsi e chi deconcentra se stesso e gli altri. Insomma: il teatro, questo teatro di coraggio e di missione, è un rebus. Una scommessa.

 

Ma val la pena di ripetersi: una gran bella scommessa. “Una scommessa – dice Alda Faes misurando un legittimo entusiasmo – che crediamo di aver fin qui vinto. Credo che la passione e l’impegno che tutti mettono in questo progetto si respiri davvero quando siamo in teatro ma anche quando non siamo in scena. Nelle prove che sono spesso spettacolo nello spettacolo. Nei viaggi dei volontari per andare a prendere i disabili nelle loro case, portarli alle prove e riportarli nelle loro frazioni.  Nel fatto che in prova e sul palco quando finalmente si recita davanti al pubblico non si distingue più tra volontari della nostra associazione, attori amatoriali della San Genesio e disabili.

 

Questa è la vittoria più grande che ci sentiamo di rivendicare”. E’ la vittoria delle relazioni quella a cui questa esperienza ha mirato fin dall’inizio. Relazioni tra diversità – i disabili che partecipano vanno dall’adolescenza a oltre 60 anni - che imparano grazie al teatro a fondersi senza confondersi. Relazioni tra diverse abilità in un teatro che diventa, anno dopo anno, una sempre più produttiva palestra di solidarietà.

 

Relazioni tra chi è coinvolto nel progetto e il territorio al quale viene offerta una proposta di cultura sì, ma di cultura sociale.  Tanto utile quanto da valorizzare e sostenere. E’ un teatro al quale approcciarsi senza “puzza sotto il naso”, sicuramente acerbo e ingenuo dal punto di vista tecnico e interpretativo.

 

Ma è un teatro di umanità. E di verità. Soprattutto è un teatro che “serve”. Serve ai chi ha meno abilità per misurarsi e liberare forza a volte inimmaginabile. Serve a chi è “abile” per dimensionare alla realtà le proprie fisime e l’esagerazione dei propri problemi. Serve al pubblico per capire – divertendosi, facendosi coinvolgere  e dunque riflettendo – quanto l’espressività artistica possa essere un fattore centrale di sviluppo e crescita di una comunità.

 

Esperienze come quella della Valle dei Laghi non sono “uniche”. Altri stanno percorrendo questa strada con dedizione e successo. Basti pensare come l’ultimo spettacolo prodotto da “La Rete” – il D/Espresso di Michele Comite e Alessandra Carraro – abbia conquistato alla poesia messa in scena dalla vulcanica attrice disabile e all’attore/regista, prestigiosi  consensi nazionali.

 

A chi nelle istituzioni, (Provincia in testa),  investe meritoriamente in assistenza è consigliabile una frequentazione un po’ più assidua di questo teatro. Investire “anche” lì costerebbe poco. Ma renderebbe molto. Moltissimo.

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