Il cuore trentino ad Amatrice, "uno shock anche per noi soccorritori"
Il racconto di Cavaliere, Vigile del Fuoco di Trento che ha prestato i primi soccorsi nel giorno del terremoto ed è tornato ad Amatrice un mese dopo: "Frammenti di vita che non sarà più la stessa"

TRENTO. “Sventurata la terra che ha bisogno di eroi”. Lo scriveva Bertold Brecht nell'opera “Vita di Galileo”. E sono tanti gli eroi silenziosi che si mettono all'opera nel quotidiano. Fra questi Claudio Cavaliere, funzionario del corpo permanente dei Vigili del Fuoco di Trento, fra i tanti trentini che hanno prestato soccorso nelle prime ore del terremoto del Centro Italia e che continuano a impegnarsi per portare aiuto nelle zone colpite dal sisma.
Si potrebbe dire che è una storia come tante, ma non per questo meno speciale e rappresenta quella spinta solidaristica che contraddistingue il Trentino quando conta e quando si parla di emergenza e capacità di mettersi in gioco e a disposizione tramite generosità, professionalità e aiuti materiali.
Claudio, il 24 agosto eri già sul campo ad Amatrice. Quali emozioni hai vissuto?
"Ci siamo recati subito sul luogo e la prima volta ci siamo fermati quattro giorni. Quando si arriva su un evento di questa portata per danni causati, anche i soccorritori vivono uno shock importante".
E' la tua terza esperienza di intervento post-sisma, come cambia la consapevolezza rispetto a queste situazioni?
"Non ci si abitua mai. Certe scene sono costanti, come le case distrutte e gli effetti personali. Sembra di vedere una fotografia e attimi di vita impressi fra le macerie. Le stanze dove le persone dormivano oppure cenavano, ma anche gli abiti appesi agli appendini. Uno spaccato di vita che da quel momento dovrà riprendere in maniera diversa. Molte persone non sono sopravvissute per questo da un lato ci sono i morti e dall'altro il dover ricominciare partendo dal calvario e dal dolore. Sono ricordi indelebili di un momento grave e si spera irripetibile".
Sei ritornato ad Amatrice recentemente, dal 20 al 27 settembre. Come è cambiato nel frattempo lo stato d'animo delle popolazioni colpite?
"Un mese è un lasso di tempo notevole in questi casi. La situazione e lo stato d'animo che ho vissuto con i colleghi sono chiaramente profondamente diversi. L'immediatezza del terremoto e lo shock iniziale lascia spazio alla consapevolezza di ciò che è accaduto".
Una consapevolezza che riporta a ricostruire la propria vita.
"Certo, si riprende la vita quotidiana nel limite del perimetro concesso dall'evento e si creano dei nuovi punti di riferimento. Prima magari si andava alla bottega a fare la spesa, quel negozio ora non esiste più e allora si cerca di riordinare il pensiero e si stabiliscono nuove coordinate per ritrovare il proprio spazio e ripartire".
Una ricostruzione fisica e mentale quindi.
"I locali sono inagibili oppure fisicamente non esistono più e allora consapevoli di aver perso tutto, si ricreano un'attività e partendo dal lavoro ricaricano una nuova vita".