Femminicidio: oggi la sentenza contro Marco Quarta. Il padre della vittima: "I miei nipoti senza futuro"
I figli di Carmela, uccisa nel marzo dell'anno scorso, "sono appesi a un filo e si sentono in colpa per l'omicidio della madre".

TRENTO. Il padre di Carmela si chiama Matteo. All'udienza di appello del processo contro l'uomo che ha ucciso sua figlia arriva in anticipo. All'ingresso saluta l'avvocato Andrea de Bertolini, che assieme a Elena Biaggioni lo rappresenta come parte civile, e si avvia verso l'aula delle assise.
La seduta non è ancora iniziata. Quando entra Marco Quarta la sorella di Carmela, anche lei presente con il padre, esce dall'aula, un fazzoletto sulla bocca e le lacrime agli occhi. Chiedo a Matteo se posso fargli qualche domanda: "Non qui, non riesco a parlare nella stessa stanza in cui c'è quell'individuo".
Quell'individuo è entrato scortato dalla polizia penitenziaria. Gli occhi sbarrati, uno sguardo stuporoso e sul viso un sorriso strano, fuori luogo. Gli occhi di tutti cercano altrove per non guardarlo, si avvicina soltanto il suo difensore, l'avvocato Luca Pontalti.
Il padre di Carmela mi raggiunge nell'atrio. Devo chiedergli di quel giorno di marzo di un anno fa quando Marco Quarta, a Zivignago in Valsugana, straziò sua figlia Carmela con quindici coltellate, finendola con una roncola. Il delitto si consumò sotto gli occhi dei figli, dei nipoti di Matteo.

Come stanno i bambini?
Sono appesi a un filo, un filo che giorno per giorno cerchiamo di fortificare affinché non si spezzi. Io e mia moglie ormai la nostra vita l'abbiamo vissuta, questo dolore è una tragedia maggiore per i miei nipoti, per quei due bambini che forse non avranno mai futuro. Sono orfani di madre, e orfani anche di padre. Se si vedono le foto di quello che è stato fatto a mia figlia è raccapricciante.
Lei le foto le ha viste.
Ma i miei nipoti hanno visto di persona la crudeltà inflitta sul copro della loro madre. Erano presenti e si porteranno dentro questa tragedia per sempre. Sa cosa mi dice il piccolo?
Cosa le dice?
Che lui non si sposerà mai. Lega la morte di sua madre al rapporto sentimentale, al matrimonio. Non si vuole sposare perché ha paura di essere ucciso. E poi si sente in colpa.
Per non aver protetto sua madre.
Si sente in colpa di essere nato. 'Se non fossi nato mio padre non avrebbe potuto essere cattivo con me e quindi la mamma non avrebbe dovuto denunciarlo. E ora sarebbe viva'. (Carmela aveva infatti sporto denuncia nei confronti del marito per violenza domestica l'estate precedente all'omicidio, ndr)
Il processo si concluderà nel pomeriggio, la sentenza arriverà in serata. Forse. Perché è possibile che i giudici decidano di sottoporre l'imputato a una nuova perizia psichiatrica, questo su pressione della difesa. L'unica perizia ad oggi agli atti è quella di parte eseguita dal dottor Enzo Bincoletto che in qualche modo "giustifica" le azioni dell'imputato facendole derivare da una turba psichica infantile causata dai metodi educativi eccessivamente duri del padre di Quarta. Una valutazione rigettata in primo grado e contro la quale si sono scagliate le parti civili che non vogliono sentir parlare di una diminuzione della capacità psichica dell'imputato nel momento del delitto. Come non vogliono sentir parlare di una diminuzione della condanna di primo grado.
In primo grado Marco Quarta è stato condannato a 30 anni. Le parti civili vogliono sia confermata la sentenza.