Dallo sbarco all'ingresso nelle strutture
Andrea Cagol "L'obiettivo è cercare di andare oltre la mera accoglienza aiutando la persona a costruirsi una prima rete sociale ma anche promuovendo tirocini e percorsi di inserimenti lavorativo"

I cancelli vengono aperti nelle prime ore della mattina e chiusi alle 23 in punto. Chi si trova all'esterno dopo quell'orta viene “sanzionato” o addirittura, nei casi più gravi, espulso dal progetto. Le regole sono messe in chiaro subito all'arrivo presso la Residenza Fersina, uno dei principali punti di accoglienza dei profughi in Trentino che funge anche da punto di smistamento. Qui si trova la pronta accoglienza, il primo contatto con i migranti che arrivano dopo essere sbarcati sulle coste del Mediterraneo.
“Oggi – ci spiega Elena Rinaldi, responsabile della pronta accoglienza della Residenza Fersina – i migranti che sbarcano arrivano in poche ora sul territorio dove ci sono le strutture di accoglienza. Difficilmente si fermano in Sicilia o altre regioni del sud anche perché quelle zone sono già sature”. Tutti i migranti che arrivano sul territorio sono controllati. Recuperati in mare dalle navi di soccorso vengono immediatamente sottoposti ad una prima valutazione medico per poi successivamente passare a cure più urgenti, nel caso sia necessario, nel momento in cui si raggiunge la terraferma.
Vi è poi la fase del fotosegnalamento che da un anno circa è su base europea. Ad ogni migrante vengono richieste le generalità, le impronte digitali e vengono fatte delle foto. Nel giro di pochissime ore avviene poi lo smistamento sul territorio. Nel caso in cui gli sbarchi siano elevati, il fotosegnalamento può avvenire presso le questure sul territorio dove sono trasferiti i migranti.
“Non c'è nessun criterio nella dislocazione – ci spiegano i responsabili di Residenza Fersina – anche se ad inizio anno la Provincia di Trento ha richiesto principalmente nuclei famigliari, donne e bambini che vengono ospitati a Rovereto e alle Viote. Queste richieste, però, non possono per ovvi motivi essere sempre accontentate”.
L'arrivo di nuovi migranti sul territorio avviene con un avviso di un giorno o pochissime ore. L'hub di arrivo è Residenza Fersina dove sono stati predisposti, all'interno di alcuni container, 50 posti, distribuiti in stanze da due con aria condizionata, in alcuni casi bagni interni e docce.
“Questi sono i luoghi di pronta accoglienza dove le persone si fermano lo stretto necessario. Se arrivano alla mattina – spiegano i responsabili – già nel pomeriggio riusciamo a trasferirli nei centri sul territorio. Se arrivano in tarda serata o durante la notte, dopo aver riposato e mangiato vengono trasferiti. Nell'arco delle 24 – 48 ore le persone hanno una seconda visita con un medico dell'Azienda sanitaria e il personale della Croce Rossa”.
La permanenza negli alloggi di pronta accoglienza può variare dalle poche ore alla settimana. Tutto dipende dai posti che vengono liberati nei centri di prima accoglienza che rappresentano la fase successiva. L'obiettivo di fondo del percorso di accoglienza attuato in provincia di Trento è quello di arrivare il prima possibile e con il maggior numero di persone alla seconda accoglienza con la distribuzione in piccoli gruppi sul territorio provinciale.
I tempi di accoglienza variano dai 18 ai 23 mesi e i motivi che portano all'uscita dal percorso sono vari, dall'aver trovato un posto di lavoro (che i migranti possono cercare dopo 60 giorni dalla compilazione del modello C3 per la richiesta di protezione internazionale) e quindi l'uscita dalla situazione di indigenza oppure la risposta definitiva negativa sulla richiesta di protezione internazionale. In quest'ultimo caso il migrante può rimanere nell'accoglienza per altri
4 mesi non prorogabili salvo particolari vulnerabilità. Ha poi l'obbligo di andarsene dall'Italia ma molte volte, invece, cade in una situazione di clandestinità e marginalizzazione.
In caso di risposta positiva da parte della Commissione per la richiesta di protezione internazionale, la persona inserita all'interno di un progetto di accoglienza può rimanerci per altri sei mesi, non prorogabile, e poi deve “camminare con le proprie gambe”. “Il progetto che stiamo portando avanti – ha spiegato Andrea Cagol, responsabile comunicazione di Cinformi – proprio per questo motivo tra i vari obiettivi cerca di andare oltre la mera accoglienza aiutando la persona a costruirsi una prima rete sociale ma anche promuovendo tirocini e percorsi di inserimenti lavorativo”.