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Bolko: dalla Croce d'Oro sul fronte orientale ai servizi segreti della Germania Ovest

Von der Heyde, membro dell'aristocrazia militare prussiana, compagno di accademia di von Stauffenberg sarà protagonista della campagna di Russia salvando un'intera divisione corazzata. Dopo Montecassino e le Ardenne verrà fatto prigioniero e tornato in Germania entrerà nel Bundesnachrichtendienst per riorganizzare l'apparato militare

Immagini dal fronte orientale scattate dallo stesso Bolko
Di Luca Pianesi - 01 settembre 2016 - 01:35

TENNO."Operazione Valchiria era nata male. Mio padre era tra quelli che, pur essendo a conoscenza dell'iniziativa di von Stauffenberg, hanno deciso di non partecipare alla congiura per paura delle conseguenze sulla popolazione. Il rischio era la guerra civile come successe un anno prima in Italia, dopo il 25 luglio". Bolko von der Heyde ha spiegato con queste parole a suo figlio Michael e alla sua famiglia la presa di posizione netta e decisa contro il tentativo di golpe messo in atto da politici e alcuni alti ufficiali della Wehrmacht, il 20 luglio 1944. Di più: così ha spiegato quel colpo di pistola sparato contro il protagonista dell'attentato ad Hitler, contro colui che portò nella Tana del Lupo la bomba che avrebbe dovuto uccidere il Führer, contro quello che era stato il suo compagno di scrivania quattro anni prima durante la pianificazione dell'Operazione Barbarossa (l'invasione dell'Unione Sovietica): il colonnello Claus Schenk von Stauffenberg.

 

"La nostra era una famiglia appartenente all'aristocrazia militare prussiana – racconta Michael von der Heyde – avevamo la nostra casa a Königsberg, nella Prussia orientale, territorio che poi, dopo la guerra, è passato all'Urss e ancora oggi, pur essendo tra Polonia e Lituania è un'enclave russa (si chiama Kalingrad). Ad Allenstein avevamo il castello, con la tenuta e i cavalli. Mio padre, come i maschi delle cinque generazioni che lo avevano preceduto e anche quella a lui successiva (Michael e il fratello erano entrambi nell'aeronautica ndr) entrò nell'esercito. In Germania fino agli anni della contestazione, fino al '68, ha sempre funzionato così. Chi apparteneva all'aristocrazia militare doveva quasi per forza fare carriera nell'esercito. Bolko e il conte von Stauffenberg provenivano dagli stessi ambienti e fu così che si incontrarono in accademia. Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale i due finirono, poi, per ritrovarsi ancora insieme, entrambi ufficiali nel Comando supremo di Berlino (si veda "Stauffenberg" di Peter Hoffmann: “Stauffenberg e il capitano Bolko von der Heyde, che era seduto di fronte a lui nella scrivania, lavorarono al progetto di potenziamento di 180 divisioni e di invasione dell'Unione sovietica, l'Operazione Barbarossa" ndr). Frequentavano gli stessi posti, gli stessi locali per alti ufficiali, i pranzi di gala e le feste di rappresentanza. Insomma si conoscevano bene".

 

Con il via all'Operazione Barbarossa von der Heyde venne mandato con la 192esima armata sul fronte orientale e il 9 ottobre 1942 viene insignito con la Croce d'Oro. "Era al comando di una 'panzer division', un battaglione corazzato – prosegue suo figlio Michael – ed era rimasto con i suoi oltre 100 carri bloccato in una sacca, impantanati nel fango, circondati dai russi, senza nafta, tagliati fuori dalla linea rifornimenti e con i cannoni ormai a secco di munizioni. Lui ha fatto schierare i panzer su due file e sopra i blindati ha fatto posizionare le MG42 (mitragliatrici ambivalenti perché da leggere potevano trasformarsi in armi pesanti) dando così l'illusione al nemico che i carri fossero ancora armati e in numero molto maggiore rispetto alla realtà. I russi, per questo, hanno evitato di affondare il colpo, il battaglione di mio padre ha guadagnato tempo fin quando sono giunti i rifornimenti e ha potuto ordinare la ritirata. In tutta la battaglia era riuscito a perdere solo 2 carri salvando l'intero battaglione".

 

 

Dal fronte orientale al Trentino: storia di Bolko von der Heyde
Bolko von der Heyde (a destra) durante una partita a scacchi
Bolko in Russia nel 1941
La tenuta di Allenstein della famiglia von der Heyde
Uno dei quadri della casa di Pranzo
Il figlio di Bolko, MIchael von der Heyde
Michael è stato a sua volta nell'esercito, nell'aviazione
Altri quadri dei tempi della guerra
Von der Heyde durante la campagna orientale
Bolko von der Heyde (al centro) con membri dell'Fdp e del Governo

Nel '43 tornò, quindi, a Berlino con il grado di tenente colonnello (Oberstleutnant secondo "History of the German Resistance" di Peter Hoffman, da altre parti abbiamo trovato che era già Oberst, colonnello) nel quartier generale dell'esercito, il Bendlerblock. E ancora una volta il suo destino finì per incrociarsi con quello del colonnello von Stauffenberg (tornato anche lui a Berlino dopo aver preso parte alla campagna di Russia e poi a quella d'Africa durante la quale in Tunisia era rimasto gravemente ferito da un attacco aereo della Raf al seguito del quale aveva perso la mano destra, due dita della sinistra e l'occhio sinistro). Gli uffici dei due ufficiali si trovavano solo a poche decine di metri di distanza.

 

Ma mentre "nasceva" l'Operazione Valchiria Bolko venne dislocato sul fronte italiano. "Venne mandato a Montecassino – continua Michael – a dare indicazioni su come difendere l'abazia e la collina. Infatti, se la posizione era ottima per avvistare il nemico era al tempo stesso pessima per utilizzare l'artiglieria. Comunque poi non partecipò ai combattimenti perché venne richiamato, prima in Germania". Rientrato, farà parte a suo modo dell'Operazione Valchiria (le metterà fine) conclusa il 20 luglio 1944. "Poi mio padre andò sul fronte occidentale a combattere durante l'offensiva tedesca nelle Ardenne (noi lo abbiamo ritrovato su una pagina di wikipedia come Oberst del primo corpo di armata dall'1 aprile all'1 maggio del '45 ma qui ci rifacciamo alla versione della famiglia) dove, dopo alcune importanti vittorie della Whermacht, venne fatto prigioniero. Trascorse tre anni in Inghilterra nei campi di reclusione e poi nel '48 tornò in Germania. Si rimboccò le maniche e ci mantenne facendo il muratore, il manovale, fece qualsiasi tipo di fatica. Poi venne chiamato nel Bundesnachrichtendienst, i servizi segreti della Germania dell'Ovest. Il piano era, dopo la vergogna del nazismo, di ricostruire l'esercito su basi più umane. Fino a fine anni '60, infatti, si adottavano i sistemi di addestramento introdotti proprio durante il nazismo e sperimentati con le Ss di annullamento delle emozioni del soldato. Io stesso sono stato addestrato così. Erano dei veri percorsi dove ti insegnavano ad ubbidire e ad essere pronto ad agire e a reagire in ogni circostanza sempre razionalmente e mai con le emozioni. Mio padre era un liberale (fu il capo dell'ufficio dell'Fdp, il partito democratico liberale tedesco, di Bielefeld) e un militare che conosceva ogni tecnica di addestramento anche quelle da evitare. Negli anni l'esercito tedesco è cambiato tantissimo. E anche tutta la Germania".

 

 

E del nazismo? La domanda è d'obbligo: cosa ne pensa oggi il figlio di Bolko von der Heyde? "Il nazismo, anche per mio padre, è stato una cosa terribile soprattutto quando poi si sono scoperti i campi di sterminio. Ma lui più volte mi ha ripetuto che davvero in Germania la gente non sapeva. Vedevano che c'erano i campi, che c'erano i treni, che c'era la prigionia. Ma il fatto che tutto fosse organizzato alla perfezione, che il sistema fosse preciso, puntuale, razionale, al tedesco medio bastava. C'era lo Stato che se ne occupava e se ne occupava alla tedesca, con ordine e disciplina. Non si immaginava che lo Stato potesse arrivare a tanto".

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