Al centro di una spy story, Trento aveva deciso di estradarlo: la Cassazione salva il "dissidente" dell'anticorruzione ucraino
In patria lo accusavano di aver consegnato una "mazzetta" per le forniture di sacchi a pelo destinate all'esercito sul fronte Est. La Corte d'Appello di Trento aveva deciso di rimandarlo a casa ma l'avvocato Ghezzer e Sarzana non hanno mollato e oggi l'uomo è stato liberato dopo 6 mesi di carcere a Spini

TRENTO. E' stato scarcerato oggi e potrà, finalmente, dopo oltre sei mesi di reclusione a Spini di Gardolo, riabbracciare la moglie e la bimba nata da soli 18 giorni. Oleksii Sigal ce l'ha fatta. Grazie all'avvocato di Trento Giuseppe Ghezzer e a quello di Roma Fulvio Sarzana, la Corte di Cassazione ha infatti annullato l'ordine di estradizione emesso dalla Corte d'Appello di Trento il 29 luglio scorso. Un ordine che, di fatto, lo avrebbe riconsegnato a una procura, quella ucraina, che per l'EUObserver "è il cardine della corruzione nel paese che non consente al sistema di funzionare in modo normale". Ma andiamo con ordine perché la vicenda ha i contorni della spy story.

Oleksii Sigal è un avvocato che è stato anche presidente del Comitato anticorruzione centrale ucraino (QUI IL SUO PROFILO COMPLETO). Molto attivo e stimato nella fase ante 2014, prima dunque della rivoluzione di febbraio, fino alla destituzione del presidente Janukovyč con il cambio di governo e il degenerare delle condizioni interne del Paese, anche la sua posizione si fa instabile. Secondo gli avvocati difensori (nel processo di Trento davanti alla Corte d'Appello oltre a Ghezzer c'era anche l'avvocato Elena Raineri), infatti, Sigal occupandosi di anticorruzione, in passato aveva "pestato molti piedi" anche di personalità di spicco dell'apparato militare. Una volta cambiato il governo, dunque, è cambiato anche il vento e Sigal viene coinvolto in un processo per corruzione. Proprio lui, viene accusato di essere l'intermediario tra un'azienda di sacchi a pelo e un generale dell'esercito ucraino. Per la procura, infatti, avrebbe portato una "mazzetta" a casa del generale, con tanto di timbro intestato dell'azienda, per far rifornire tutto il fronte est con quei sacchi a pelo. Scatta l'arresto, con tanto di privazione del sonno (non lo lasciavano addormentare) nei suoi confronti.
Si cerca di andare a processo ma la versione della procura militare non regge. E' fragile, sin dal principio. Addirittura il tribunale del distretto di Kiev di Darnytsky respinge la richiesta di applicare nei suoi confronti delle misure cautelari per carenza dei presupposti di legge e probatori. E anche il tribunale del distretto di Pecherskyi per tre volte respinge la richiesta di effettuare l'inchiesta preliminare nei suoi confronti negando anche lo stato di indagato nei suoi confronti. Lui nel frattempo se ne va in Germania, ma la procura militare non molla e al quarto tentativo ottiene l'ordine coattivo di comparizione davanti al tribunale. Essendo, ormai, fuori paese, però, l'Ucraina comunica all'Interpol che, per loro, è un ricercato internazionale.
Passa il tempo. Sigal continua a lavorare come avvocato e per il Comitato anticorruzione. Tiene un blog e continua a denunciare fenomeni di abuso e le storture che si susseguono nel suo Paese dall'estero. Compra una casa in Italia e mentre è in viaggio per tornare in Germania decide di fare tappa a Trento. Entra in albergo, consegna i documenti e il sistema elettronico di rilevazione di identità entra in funzione. Il suo nome, una volta inserito nei database dell'hotel, "accende" la spia dell'arresto, in questura. Su di lui, infatti, c'è il mandato di cattura internazionale dell'Interpol. In poco tempo la polizia si reca sul posto e arresta l'uomo che viene condotto in carcere a Spini. E' il 5 maggio di quest'anno. Il 10 il presidente della Corte d'Appello di Trento convalida l'arresto. Da quel momento in poi Sigal resta in prigione. Nel frattempo c'è il processo e la sentenza della Corte d'Appello di Trento che decide per l'estradizione. Nonostante il formale stato di guerra in cui versa parte dell'Ucraina, la documentazione prodotta volta a dimostrare che in quel Paese i diritti civili non sarebbero stati garantiti all'avvocato Sigal e che c'era stato un chiara persecuzione nei suoi confronti i giudici di Trento decidono di "restituirlo" all'Ucraina.
Ovviamente gli avvocati della difesa non si arrendono e si rivolgono alla Corte di Cassazione. In appoggio di Sigal viene presentata anche una lettera degli avvocati di Kiev e una di un parlamentare ucraino. Tutti ribadiscono quanto quell'uomo fosse stato importante per l'anticorruzione ucraina, prima del cambio di governo, e come il suo ritorno in patria lo avrebbe messo in serissimo pericolo di vita. Oggi, finalmente, la sentenza che ha annullato l'ordine di estradizione del tribunale di Trento.
Da oggi, in Italia, quell'ordine non vale più. Potrà girare liberamente nel nostro Paese. E dopo oltre sei mesi di carcere potrà riabbracciare la moglie e la bimba nata solo il 30 ottobre.