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L'orsetto salvato ''nel momento sbagliato'' resterà in cattività per tutta la vita: ''Poteva essere liberato al 100% ma la Provincia ha deciso di tenerlo in gabbia''

Il piccolo M89 venne salvato a ridosso della vicenda Papi mentre Fugatti prometteva di eliminare almeno 70 orsi. Lo hanno curato e cresciuto per alcune settimana l'ex forestale Stoffella e un veterinario stando ben attenti a non trasmettergli alcun imprinting. Poi è stato trasferito a Spormaggiore al ''Belpark'' dal quale confermano: ''Non verrà reintrodotto in natura. La Provincia non ha dato parere favorevole. Ora sta bene, pesa 30 chili ed è in buona salute''

Di D. L. - 30 agosto 2023 - 15:42

TRENTO. ''M89 non verrà reintrodotto in natura: dalla Provincia non è arrivato il parere favorevole (e sarebbe stato difficile con un presidente che ha promesso di eliminarne 70 e al momento si ritroverebbe a doverne ri-immetterne uno in natura ndr) e, intanto, ce ne prendiamo cura sino a quando non arriveranno comunicazioni definitive riguardo il suo futuro. Nel giro di pochi giorni lo sposteremo dall’attuale zona in cui è ospitato in un’area più vasta che stiamo provvedendo ad attrezzare. Non sarà, ovviamente, ancora visibile al pubblico. L’esemplare ad oggi pesa più di 30 chili, è in buona salute e, considerato che resterà in cattività, sono aumentati anche i contatti con gli esseri umani, nella fattispecie con il personale specializzato che opera all’interno del parco”.

 

A parlare è Andrea Marcolla, presidente del parco faunistico “Belpark” di Spormaggiore, la struttura nella quale M89 è attualmente custodito dopo essere stato recuperato (o per meglio dire salvato) in Val d’Algone la scorsa primavera. La sua storia l'aveva raccontata il Dolomiti a ridosso dei fatti. M89, così ribattezzato successivamente, era scivolato in un fosso e la madre, che viaggiava assieme ad un altro cucciolo, non era riuscita a ricongiungersi con lui. I forestali, allertati da alcune segnalazioni (l’orsetto era in un luogo vicino ad un sentiero sul quale transitavano abituale le persone), dopo aver monitorato la situazione per qualche giorno e, asserito che non avrebbe potuto essere recuperato dall’orsa madre, hanno deciso d’intervenire. Le ferite che aveva riportato nella caduta erano molto gravi, l’orsetto era deperito, ma non tali da indurre i veterinari a praticare l’eutanasia.

 

M89 è stato curato prima all’interno di una clinica veterinaria e, successivamente, portato a Spormaggiore per quello che, nelle iniziali intenzioni di chi lo aveva salvato, avrebbe dovuto essere un periodo di recupero (una sorta di quarantena) prima del reinserimento in natura. Invece il suo destino sarà quello di restare per sempre nella struttura nonesa o in un’altra località “protetta” individuata dalla Pat.

 

“Noi abbiamo dato la nostra disponibilità per questo periodo - conclude Marcolla -, poi attendiamo comunicazioni dalla Pat riguardo a quello che sarà il futuro dell’animale. Attualmente all’interno del “Belpark” ospitiamo altre due orse anziane (Cleo e Cora, nate entrambe a San Romedio, dunque da sempre in cattività, ndr) e l’eventuale inserimento di un terzo orso non sarebbe un problema, ma richiederebbe certamente un percorso di un certo tipo”.

 

Tra i volontari che avevano operato per salvare M89 vi è anche Alberto Stoffella, ex guardia forestale che per oltre 30 anni si è occupato del monitoraggio e dello studio degli orsi, facendo anche parte della squadra di emergenza e cattura dei plantigradi. Stoffella è fondatore e presidente dell’Associazione Rase, “non un’associazione animalista - specifica - ma ci occupiamo di recupero e ricerca sulla fauna selvatica”. Ebbene lui si chiama fuori definitivamente dalla vicenda, non senza polemica.

 

Io non mi occupo di animali che vengono tenuti in gabbia - spiega - e allora dal 3 agosto scorso non seguo più la vicenda di M89. Sul suo rilascio è stato posto il veto da parte della Provincia Autonoma di Trento e, dunque, l’esemplare è destinato ad un’intera esistenza in cattività quando, invece, avrebbe potuto essere rilasciato. Al 100%, aggiungo, trattandosi di un orsetto dal carattere schivo e indipendente, che aveva seguito un percorso di recupero svolto osservando il protocollo adottato a livello internazionale. In passato abbiamo provveduto a recuperare e rilasciare due giovani orsi che, successivamente, non hanno mai dato nessun tipo di problema”.

 

Impossibile pensare ad un cambio di “vision”, non solamente da parte di chi è deputato ad assumere tali decisioni, ma anche per un elementare e naturale decorso del tempo: adesso non vi sarebbero più i tempi utili per pensare ad un suo reinserimento in condizioni di sicurezza. “Assolutamente - conclude Stoffella - perché passato un certo lasso di tempo non è più possibile reintrodurre in natura un cucciolo, che non aveva ricevuto alcun imprinting, sino a quando ce ne siamo occupati direttamente. Curare non significa renderlo un animale domestico e il protocollo applicato, sviluppato in collaborazione con l’americano Lynn Rogers, tra i massimi esperti a livello mondiale in fatto di plantigradi, non prevede alcun contatto umano, niente coccole, amicizia. Ribadisco: M89 poteva essere liberato.  Invece vive in un piccolissimo spazio e, da quando si è deciso che avrebbe dovuto vivere in cattività, sono arrivati i contatti gli esseri umani. Se avessimo disposto di un'area isolata e grande dove liberarlo, come avviene in Romania dove addirittura il cibo viene portato ai plantigradi tramite teleferica, avremmo potuto completare il percorso di reinserimento senza problemi”.

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